Il matrimonio di Rosa: recensione del film di Iciar Bollain

Il matrimonio di Rosa è un inno all'indipendenza femminile e alla voglia di rivalsa, nonostante le apparenze e le aspettative delle altre persone.

L’importanza che attribuiamo a noi stessi molto spesso è la chiave per capire il valore dei legami con gli altri, permettendoci di comprendere il modo in cui amare grazie all’amore verso la propria persona. Il matrimonio di Rosa è un film diretto dall’iberica Iciar Bollain in uscita il 16 settembre in sala e distribuito da Officine Ubu, con Candela Peña, Sergi López, Nathalie Poza.

Il film si concentra sulla figura di Rosa, quarantenne impiegata come sarta nell’ambito cinematografico che, stanca delle continue preoccupazioni della vita e di tutte le richieste che le persone intorno a lei le fanno costantemente, decide di abbandonare tutto, andare a vivere nella cittadina in cui è cresciuta, lontano da Valencia, e di sposarsi con se stessa.

Questa scelta, che apparentemente può sembrare dettata dalla follia e dalla disperazione, al contrario è solamente la voglia di una donna di prendersi cura di se stessa e di dimostrare agli affetti di non poter gestire tutte le richieste che le vengono fatte.

Una linearità che racconta l’autodeterminazione femminile

Il matrimonio di Rosa Cinematographe.it

La commedia ha una strutturazione lineare, non presenta particolari virtuosismi di montaggio o di trama, sembra invece un flusso abbastanza metodico di volontà personali e reazioni attive nella vita di tutti i giorni. La componente emotiva è preponderante per comprendere il disagio che Rosa affronta, e di riflesso tutta la sua famiglia. Quest’ultima, infatti, è caratterizzata da comportamenti individualisti, ognuno pensa alle proprie problematiche, ignorando quelle degli altri e non prestando attenzione a quello che dicono. La mancanza di comunicazione è una componente ricorrente, che si manifesta attraverso il continuo parlare sopra agli altri senza fargli terminare il discorso iniziato. Si crea così un turbine di incomprensione che permea tutta la narrazione fino al finale.

La componente riguardante l’autodeterminazione femminile è forse quella più forte di tutta la struttura diegetica: Rosa vuole fondamentalmente essere in grado di badare a se stessa, senza l’intervento di nessun altro che possa interferire nella sua vita. Il matrimonio con se stessa è un atto simbolico, più che celebrativo e legale, che le permetterebbe di comunicare per la prima volta nella sua vita chi è veramente, chi vorrebbe diventare e cosa fare della sua esistenza. Senza l’atto celebrativo Rosa rimarrebbe in una situazione di stallo, un limbo infinito in cui autobiasimarsi per il resto della sua vita. Una bolla in cui pensa esclusivamente agli altri e mai a se stessa.

Gli scorci marittimi iberici in Il matrimonio di Rosa

Il matrimonio di Rosa Cinematographe.it

La composizione fotografica è molto suggestiva perché si snoda inizialmente tra le costruzioni e le vie di Valencia, oscure e opprimenti, dove la protagonista Rosa si sente in gabbia; ma poi si trasformano in luminosi scorci della località marittima dove è cresciuta e dove si sente veramente se stessa. Tutto è costruito per rendere l’ambientazione emblematica e diegetica, permettendo allo spettatore di vedere con i propri occhi le emozioni e gli stati d’animo di Rosa cristallizzarsi nelle ambientazioni di contorno.

I movimenti di macchina, che non sono per nulla fantasiosi e anzi ricalcano una metodicità già vista, sono vòlti a indirizzare lo sguardo dello spettatore proprio su questo dato, l’ambientazione, ma anche verso la focalizzazione sul personaggio principale, la vera fonte di narrazione di tutto il film. Deve essere lei al centro dell’attenzione, le altre figure sono solo di contorno. Questo si denota anche da come vengano approfondite in maniera davvero scarna le storie degli altri personaggi, che godono di un’attenzione quasi nulla, andando solamente a saturare la scena senza poi essere veramente funzionali, se non nello spingere Rosa a maturare per disperazione, stressandola e opprimendo la sua vita con richieste continue. Anche i personaggi secondari subiranno infine un’evoluzione, cambiando il loro modo di vedere la vita e la protagonista, ma non in modo incisivo e radicale.

L’interpretazione non è estremamente enfatica, anche se aderente ai canoni della commedia iberica e inquadrandosi in quel contesto di comicità meditata, ma non riuscendo a raggiungere livelli di intensità in grado di coinvolgere completamente lo spettatore.

Il film è al cinema con Officine UBU da giovedì 16 settembre 2021.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.8