Il Mago del Cremlino: recensione del film con Jude Law, da Venezia 82

Il Mago del Cremlino, Jude Law interpreta Putin in un film politico che non osa abbastanza: la recensione da Venezia 82.

Basato sul romanzo di Giuliano da Empoli, Il Mago del Cremlino racconta la storia dell’uomo dietro Vladimir Putin (interpretato nel film da Jude Law): Vadim Baranov (nome fittizio, ma ispirato da una persona realmente esistita, Vladislav Surkov). Il regista Olivier Assayas presenta a Venezia 82 una storia di intrighi e poteri che spazia in trent’anni di storia russa. Tutto comincia ai giorni nostri, quando un giornalista (Jeffrey Wright, anche narratore) decide di accogliere il racconto di Vadim “Vadja” Baranov (Paul Dano), un tempo considerato “il nuovo Rasputin” per la sua abilità nel saper guidare Putin nel vasto panorama politico. La storia ci porta indietro nel tempo, fino agli anni Novanta, quando un giovane e ambizioso Vadim muoveva i primi passi nel cercare di farsi un nome nel mondo dello spettacolo. Siamo in un periodo storico in cui la Russia è un paese libero e i giovani sentono che è arrivato il loro momento. Anche Vadim sogna in grande e un giorno smette di costruire storie e inizia a inventare la realtà: da ex artista d’avanguardia nonché produttore di un reality show televisivo, Baranov diventa il braccio destro di Putin, che passa dall’essere il presidente dei servizi segreti al successore del decadente Boris Berezovsky.

Il Mago del Cremlino: una lezione di politica in un film che non osa abbastanza

Il Mago del Cremlino ci dà una profonda lezione di politica e di burocrazia, insegnandoci a distinguere il potere orizzontale da quello verticale (il comando e il potere). Quando viene eletto Presidente della Russia, il Putin di Jude Law non riesce a gestire l’ansia da palcoscenico in quanto odia i discorsi pubblici. Eppure, in quel preciso istante, pronuncia una frase che per Vadim sarà cruciale poiché in quel momento capisce di trovarsi di fronte a un uomo che sa cosa vuol dire comandare e avere il controllo della situazione. Soprattutto avere potere. Perché in Russia i soldi non proteggono da tutto, così il neo Presidente non si fa scrupoli a eliminare gli oligarchi che lo intralciano. Tra loro c’è anche Dimitry Sidorov (Tom Sturridge), ex amico di Vadim che gli rubò la fidanzata Ksenia (Alicia Vikander), unica persona che sembra sfuggire al controllo di Baranov. Assayas mette in campo tutti gli elementi del potere, dove ogni parola può essere usata come uno strumento per manipolare le masse. Così, negli anni Duemila Internet diventa un campo di battaglia per diffondere l’ideologia russa come unica verità assoluta contro i media occidentali. Il film tratteggia anche la più recente Guerra in Crimea, arrivando fino alle Olimpiadi di Sochi del 2014, che segneranno la fine della collaborazione tra Putin e Baranov.

Il Mago del Cremlino offre una lunghissima premessa sulla vita di Vadim Baranov, ed è solo dopo la prima ora che il film inizia realmente, ossia quando compare finalmente Vladimir Putin. Jude Law recita a copione; ha studiato la parte a dovere e la esegue alla lettera. Forse anche troppo. Non importa se fisicamente non è una goccia d’acqua con il vero Putin. Al regista interessa vedere il pubblico come reagisce di fronte ai suoi modi di fare e di comportarsi: è in quel momento che scorgiamo un barlume della figura presidenziale russa. Paul Dano è un attore molto sottovalutato, e forse uno dei più bravi della sua generazione, e in questo film dimostra di saper reggere da solo l’intera narrazione.

Il Mago del Cremlino: valutazione e conclusione

jude law il mago del cremlino cinematogrpahe.it

Il Mago del Cremlino è un classico “polpettone” politico: c’è poca suspense, e quella poca azione è determinata da rari momenti di leggerezza in cui un impassibile Putin fa delle battute sarcastiche. L’azione è ridotta ai minimi termini per favorire, al contrario, una storia molto verbosa, dove le parole valgono più dei gesti. E del resto, in politica, ogni piccola sillaba può fare la differenza, scatenare il terrore e manipolare l’opinione popolare. Si ha la sensazione che Assayas non osi abbastanza nell’approfondire l’ascesa al potere di una personalità complessa come quella di Vladimir Putin. E le oltre due ore di visione ne risentono: alla fine si percepisce tutto il senso di stanchezza.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.7

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