Il figlio: recensione del thriller psicologico Netflix di Sebastián Schindel

Nel thriller argentino Il figlio, il pittore Lorenzo vive un rapporto conflittuale con l'iperprotettiva madre del suo bambino, anticamera di una discesa vertiginosa verso la follia...

Il figlio (titolo originale El Hijo) è un thriller psicologico originale Netflix, per la regia dell’argentino Sebastián Schindel, tratto dal racconto di Guillermo Martínez, dal titolo Una madre protettiva.  Un film che ruota attorno alla parabola discendente di un uomo negli inferi dell’instabilità psicologica, in cui viene drammaticamente messa in discussione la sua capacità di discernere realtà e fantasia.

Protagonista de Il figlio è Lorenzo (Joaquín Furriel), un brillante pittore bohémien che prende ispirazione dalla rappresentazione grafica degli esperimenti della compagna, la biologa scandinava Sigrid (Heidi Toini), per realizzare le sue opere astratte, in cui l’utilizzo del colore forgia l’emozione che accompagna l’immagine. Sigrid e Lorenzo appaiono felici e innamorati, nonostante la difficoltà dell’uomo a guadagnarsi da vivere col proprio lavoro, fino a quando la donna rimane incinta, rivelando immediatamente un’indole iper controllante, tendendo progressivamente ad escludere Lorenzo dalla condivisione della genitorialità.

Il figlio - Cinematographe.it

Sigrid pretende di gestire la gravidanza in completa autonomia, ignorando qualunque parere medico, auto somministrandosi terapie su proprie diagnosi e relegando Lorenzo al ruolo di mera comparsa, arrivando ad escluderlo anche dal momento del parto, gestito alla sola presenza di un’inquietante levatrice conterranea di Sigrid, la stessa che ha fatto nascere la donna.

Il neonato viene così cresciuto sotto chiave, fra improbabili tecniche di svezzamento e strane pratiche curative, senza mai vedere la luce del sole, fino a quando la preoccupazione per una febbre improvvisa e il parere contrario della madre a consultare un pediatra, fanno reagire d’istinto Lorenzo, che decide arbitrariamente di portare il bambino in ospedale, ferendo involontariamente Sigrid nel tentativo di scrollarsi la donna di dosso.

Il figlio - Cinematographe.it

Da qui l’accusa di violenza domestica e l’allontanamento dalla propria casa e dal figlio per 90 giorni, durante i quali l’uomo viene sostenuto da una coppia d’amici, Renato (Luciano Cáceres) e Julieta (Martina Gusman), un’avvocatessa con la quale Lorenzo aveva avuto una relazione in passato. Trascorsa la condanna, Lorenzo può rivedere suo figlio, ma il bambino che gli viene presentato al ritorno a casa sua non sembra avere le sembianze del suo piccolo…

Il figlio: il confine nebuloso fra inganno e follia

Il figlio è un avvincente thriller psicologico che metta al centro le conseguenze disastrose della manipolazione, in cui Sigrid appare vittima di un uomo che riesce a far passare per violento ma che probabilmente sta arbitrariamente distruggendo. Nonostante tale premessa sia piuttosto chiara, l’intenzione (non sempre efficace) di Sebastián Schindel è instillare fino all’ultimo il dubbio nello spettatore, confondendolo circa la natura di ciò a cui sta assistendo: fatti  concreti o una realtà filtrata dagli occhi potenzialmente ingannevoli di Lorenzo?

Perché se è vero che Lorenzo sembra avere tutte le ragioni per ribellarsi all’ingiusta pena a cui si sente sottoposto – rinunciare al proprio bambino – è anche vero che ciò che sceglie di dire e fare non passa mai per il filtro del buon senso, esponendo se stesso a progressive accuse che non fanno che complicare la situazione. I suoi stessi amici, esasperati dall’irrazionalità dell’uomo, mettono in dubbio la sua versione dei fatti, fino al sopraggiungere di un finale che cerca il colpo di scena ma di fatto non lo trova, lasciando nello spettatore dubbi diversi da quelli che il regista voleva instillare.

Un’incoerenza probabilmente favorita dal materiale di partenza ma che fa sì che Il figlio sia un thriller psicologico solo parzialmente riuscito, forte di uno spunto potenzialmente ricco di sfaccettature ma impoverito dalla stessa messa in scena, troppo proiettata verso l’epilogo e meno attenta ai dettagli dell’intero percorso.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.7

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