Il drago dei desideri: recensione del film d’animazione Netflix

Traendo spunto dalla favola di Aladino e malgrado la modesta straordinarietà del racconto, il film d’animazione Il drago dei desideri tiene costante un buon ritmo, intriso da un’irresistibile soavità nel disegno animato. Dall’11 giugno su Netflix.

Una volta era il genio della lampada a realizzare i tre desideri. Oggi invece può esserlo anche un drago, figura mitologica dai connotati serpentini, sinuosa e fiammante, portatrice di sventure o di grazia a seconda del lato nel mondo dal quale la si guarda. Nella cultura orientale non a caso, il dragone incarna da millenni la sapienza custodita dagli antichi e di rimando, la magia e la sacralità dei tesori del passato, esorcizzati sulla terra per diffondersi, tra scaramanzia e credenze popolari, un po’ anche nell’odierno presente.

Ecco allora che il drago a Shangai come a Pechino è preferito al genio, e con esso la teiera in porcellana è anteposta al souvenir à Le Mille e una Notte; ma le fiabe d’infanzia rimangono sempre le stesse e la capacità d’incantare i più piccoli si nutre delle stesse componenti – qualunque sia la cultura, a chiunque appartengano gli occhi e le orecchie.

Il drago dei desideri: un moderno Aladino nella contemporanea Shangai popolana

drago dei desideri cinematographe.it

Il drago dei desideri dunque, fa delle tradizioni dell’est solo l’astuta mossa folcloristica per narrare di un Aladino moderno della Shangai del 2020, cresciuto nei quartieri periferici, tra macerie e crepe di edifici decadenti schiacciati fra i grattacieli metropolitani e le insegne al led a riverberare slogan di lussuosi brand. Figlio di una madre austera quanto necessariamente pragmatica viste le condizioni, Din a nove anni crea un legame auspicabilmente eterno con la coetanea Li Na, figlia a sua volta di un padre ambizioso e disposto a fare il trasognato balzo di classe e lasciare quei quartieri per un futuro più roseo.

Dieci anni dopo, Li Na, per il neo-universitario e delivery boy Din, è più di un ricordo: deciso a mettere da parte il denaro guadagnato con le consegne per presentarsi all’esclusiva festa dei diciannove anni dell’amica, il nostro eroe si vede costretto, dal fato penserà lui, a dover esprimere solo tre desideri dopo aver ricevuto in dono una misteriosa teiera verde dalla quale è appena fuoriuscito un drago viola invisibile a tutti tranne che a lui.

Ovviamente, come tutte le storie che prevedono un eroe, a tentare di defraudarlo dall’eccelso bottino, tre scagnozzi sguinzagliati da un potente uomo misterioso metteranno Din alla prova; ma dopo aver casualmente espresso il desiderio di saper combattere, grazie all’aiuto della secolare arte del kung fu, difendere il prezioso oggetto non sarà poi troppo difficile. Più oneroso sarà invece il conflitto e la decisione di scegliere con cura quali desideri far realizzare, perché quando si può ottenere tutto, bisogna pensare a ciò che in fondo conta davvero.

Proletariato valoroso e lezioni borghesi

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Cinto da cromatismi violacei e avvolgenti luci rosee e lilla, il lavoro diretto da Chris Appelhans per Netflix e Sony Pictures Animation, cura con ripagante attenzione spettatoriale il complesso apparato tecnico e digitale per armonizzare al meglio l’espressività soave dei personaggi a cui va a dar vita, in una storia forse non particolarmente originale, eppure sviluppata con ritmo non banale. Di classi sociali e differenze economiche il film d’animazione si prefigge la morale, anzi insegnamento integerrimo, delle scelte e dei valori altruisti in opposizione alla bramosia delle velleità e del lusso fine a sé stesso. Una riflessione che non arriva come puramente risolutiva per il giovane protagonista, deciso fin dall’inizio a riagganciare il legame amicale con l’altra metà (non ancora) amorosa, quanto piuttosto nel cinismo sbrigativo del drago Long (doppiato dalla star di Searching John Cho), una volta essere umano come non lo è più, maledetto alla sua dipartita ormai millenaria per non aver saputo cogliere il senso della vita (e dunque i valori oltre il possesso).

Effetti speciali e frizioni umane nel film Netflix Il drago dei desideri

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Costretto alle porte del paradiso a tornare in terra nelle tramutate vesti di un drago, sarà Long ironicamente a trarre il monito più dirompente, e con esso un film tridimensionale non solamente inteso nel senso del formato digitalizzato e ultra moderno, necessario alla quasi tattilità del manto viola della bestia mitologica, quanto nell’aver scavato con concreta armonia nei rapporti materni e paterni; nel sempiterno valore dell’amicizia e del vicinato; nell’esaltazione della condivisione frugale e della fondamentalità dello scontro per estrarne crescita personale.

Se potessimo allora esprimere anche solo un desiderio, perché allora non sperare di continuare a vedere prodotti d’animazione così curati come questo, per perdurare a trarne giovamento anche dopo la frammentaria adolescenza, anche nelle pareti ristrette delle tv domestiche.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3

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