Il colore viola: recensione del film di Blitz Bazawule

La seconda trasposizione cinematografica de Il colore viola, in formato musical, è disponibile al cinema a partire dall'8 febbraio

Bisognerebbe partire dal 1985, da Steven Spielberg e dell’omonimo romanzo di Alice Walker per spiegare cosa Il colore viola abbia rappresentato per il mondo del cinema; l’ennesimo contribuito di valore all’industria, da parte di uno dei più grandi cineasti di sempre, alle prese con uno dei suoi progetti più drammatici e toccanti, che approfondisce temi delicati, quali la violenza, l’abuso e il razzismo. A circa 40 anni di distanza da questo incontestabile capolavoro, il regista ghanese Blitz Bazawule rielabora il progetto sotto l’egida produttiva dello stesso Spielberg e di Quincy Jones, già produttori esecutivi del film dell’85, a cui si affiancano l’interprete dello stesso, Oprah Winfrey, e Scott Sanders, che a loro volta avevano prodotto il musical di Broadway. Bazawule, musicista oltre che amante della cinepresa, riadatta in musica la fonte, mantiene attinenza con l’originale e ne rispetta la solennità ma opta per rivoluzionarne il tono e l’approccio, nell’incontro cineastico tra il musical più propriamente detto ed il suo originale da celluloide. La pellicola, prodotta da Warner Bros., Amblin Entertainment, e The Guber-Peters Company e in arrivo nelle sale italiane l’8 febbraio, vanta la commistione di attori da palcoscenico (basti pensare alla protagonista, Fantasia Barrino, al suo debutto cinematografico e a Danielle Brooks, candidata ai prossimi Premi Oscar), cantanti del calibro di Ciara e H.E.R. e celebri interpreti hollywoodiani, come Taraji P. Henson, Halle Bailey, Corey Hawkins e Colman Domingo.

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Il colore viola: diverse sfumature della resistenza

Il colore viola cinematographe.it

Nella Georgia dei primi del ‘900, le sorelle Celie (Phylicia Mpasi – Fantasia Barrino) e Nettie (Halle Bailey – Akosua Busia) condividono tutto, gioie e dolori, sfruttando la forza della propria unione come principale arma per resistere agli abusi di un padre violento e schiavo dell’alcolismo, Alfonso (Deon Cole). Dopo aver privato Nettie del secondogenito nato dai loro rapporti incestuosi, l’uomo costringe la figlia ad unirsi in matrimonio con un burbero contadino del luogo, detto Mister (Colman Domingo), ugualmente violento e prevaricante nei confronti dell’inerme adolescente. La forzata e drammatica separazione tra le due sorelle, fa sprofondare Nettie nella disperazione di una feroce ed abitudinaria realtà, rendendola incapace di emanciparsi, sotto la stretta morsa di una tossica e dispotica mascolinità, ma l’illusoria attesa di un messaggio da parte della sorella, ormai lontana e tenuta ancor più a distanza dalle soffocanti minacce di Mister Albert, rappresenta per Nettie quell’unico barlume di speranza capace di rendere apparentemente meno passiva la propria resistenza.

È l’approdo all’età adulta a dare alla protagonista l’opportunità di una svolta, di scoprirsi libera ed indipendente, grazie all’incontro con due donne che stravolgono la sua vita, ribaltandone ogni convinzione; da una parte Sofia (Danielle Brooks), moglie del figliastro Harpo (Corey Hawkins), e dall’altra Shug Avery (Taraji P. Henson), cantante di successo e oggetto del desiderio di Albert, mostrano a Nettie una via alternativa, la possibilità di svincolarsi dalla presa autoritaria del marito e di difendere con orgoglio la propria femminilità e il proprio diritto alla felicità. Veicolata dalla musica, la controffensiva dei soppressi passa da una prova di forza garantita dalle dimostrazioni di coraggio delle due figure femmine più determinate e reazionarie dell’intera pellicola che, nel pubblico e nel privato, educano Nettie alla vita e all’emancipazione, permettendole di slegarsi dalle nocive costrizioni che l’avevano relegata ad una vita di sottomissione.

Un remake rispettoso

Blitz Bazawule cinematographe.it

Nella nuova versione de Il colore viola, la forza prorompente della black music sfuma la colorazione violacea dei lividi che irradiavano la pellicola originale. Il soggetto viene decostruito della sua componente più drammatica e alleggerito nel tono, ma rielabora il modello con estrema attenzione e rispetto, ricalcandone i passaggi emotivamente più efficaci e attribuendovi, in alcuni frangenti, una maggior incisività, garantita dall’energetica natura delle melodie utilizzate. Il dolore non viene cancellato ma la sua risposta non si limita più ad un moto d’orgoglio rispecchiante l’atrocità, ma piuttosto si oppone in maniera ossimorica, trainata da una ritmica frenetica, animosa, che opera nel collettivo tanto quanto nell’intimo e, oltre che con il suono, in egual modo con l’immagine, mantenendo chiaro l’obbiettivo di non tradire l’originale ma di realizzarne un parallelo in grado di miscelare il contenuto della pellicola, e quindi del romanzo dal quale viene tratta, con la forma del musical, incrementando vicendevolmente la potenza del recitato con la vigoria del cantato.

Il colore viola: valutazione e conclusione

Taraji P. Henson cinematographe.it

Blitz Bazawule realizza un musical per come dev’essere fatto, garantendo un perfetto equilibrio tra il recitato e l’interpretazione canora ed evitando una sopraffazione di una componente sull’altra. Seppur sia evidente una sostanziale distanza autoriale tra il film del 1985 e quello odierno, con una direzione ed una fotografia (curata da Dan Laustsen) che alleggeriscono e depotenziano il forte impatto drammaturgico dell’originale, la controparte musicata garantisce una propria qualità nel nome di Quincy Jones e dello stesso regista, mossisi in acque per loro maggiormente confortevoli. L’emozione mantiene alta la sua carica grazie a interpretazioni che non per tutti si dimostrano all’altezza del confronto con il riferimento (difficile, ad esempio, emulare, o anche solamente avvicinarsi, alla straordinaria prova che lanciò la carriera di Whoopi Goldberg) ma che, allo stesso tempo, riemergono trainate dall’intensità e dalla smisurata forza comunicativa della propria voce, con dimostrazioni canore eccelse, spesso accompagnate dai momenti esteticamente e tecnicamente più godibili, come la scena in cui i personaggi cantano e ballano nell’ombra, quasi a richiamare quelle sfumature crepuscolari che la pellicola tenta di filtrare con uno sguardo nuovo e rischiarante.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8