Il clan dei ricciai: recensione del documentario di Pietro Mereu

Il docufilm girato nel cuore della Sardegna dall’ogliastrino Pietro Mereu ci regala una storia di riscatto attraverso gli sguardi e il vissuto di alcuni ex detenuti alle prese col proprio percorso di rinascita.

Dopo aver ricevuto nel 2018 il premio come miglior documentario al Nòt Film Festival e il Premio Ucca – l’Italia che non si vede al Biografilm Festival, Il clan dei ricciai debutta su Sky Arte (canali 120 e 400 di Sky) domenica 9 agosto alle 21.15.

Scritto e diretto dal regista Pietro Mereu, già autore di alcuni imperdibili documentari ambientati in terra sarda, il film offre al suo pubblico un’inedita panoramica sulle vite di Andrea Venturi, Massimo Senis, Simone Mattana e Bruno Banchero, ex detenuti ai quali la pesca dei ricci, divenuta tradizione nella città di Cagliari, ha offerto una seconda possibilità.

Uomini in rinascita, ricondotti a nuova vita grazie all’ambizioso progetto di Gesuino Banchero, 58 anni, 38 dei quali trascorsi a fare il ricciaio, che definisce la propria attività “l’ultima spiaggia per chi ha avuto problemi con la legge”. Anch’egli ex detenuto e figlio di un’infanzia violenta, Banchero sceglie ex detenuti come collaboratori e dà loro un impiego nella sua cooperativa di pescatori portando a termine una vera e propria missione: offrire una possibilità di riscatto a chi lotta faticosamente per ricostruire il proprio posto all’interno della società.

Il racconto dettagliato del mestiere dei ricciai si alterna sapientemente al ricordo degli anni trascorsi in carcere. Gli ex galeotti, mostrando al pubblico fragilità, riti del penitenziario e corpi tatuati, ci svelano una a una le loro storie. Andrea, autolesionista, ci fa vedere come nascondere in bocca una lametta. Ha perso la patria podestà e convive col desiderio di poter riabbracciare i suoi figli. Massimo invece, scafista e trasportatore di armi, al sogno di entrare nell’Arma ha dovuto rinunciare fin da giovane per i precedenti penali dei suoi genitori.

Secondo quanto spiegato dal regista, ottenere la fiducia dei protagonisti del suo documentario non è stato affatto facile. “Mi hanno dato delle regole precise: non entri a casa nostra e non parli con le nostre donne, le nostre famiglie. E poi ti diamo dieci giorni di tempo per fare tutto. Se vuoi girare il film queste sono le condizioni”.

Prodotto nel 2016 dalla Drive Production Company di Nicolas Vaporidis, Matteo Branciamore, Primo Reggiani ed Eros Galbiati, il docufilm è stato realizzato con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission e del Comune di Cagliari – Fondo Filming Cagliari. Riconosciuto di interesse culturale dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – MiBACT Direzione generale cinema, Il clan dei ricciai ci regala una fotografia inedita di una Cagliari sconosciuta ai più. La Cagliari di San Michele, S. Elia e Is Mirrionis, quartieri difficili vissuti e raccontati con sincerità disarmante dagli ex galeotti, oggi pescatori di ricci desiderosi di ricostruire da zero la propria esistenza.

Il clan dei ricciai: il ruolo irrinunciabile della musica di Joe Perrino

Il clan dei ricciai Cinematographe.it

Accomunati da un mestiere antico, faticoso e ricco di fascino, ma anche dall’esperienza della detenzione e dall’appartenenza alla “vecchia malavita cagliaritana”, i ricciai raccontano il loro passato fatto di violenza e difficoltà in una serie di toccanti interviste montate con una naturalezza che travalica i confini (e i limiti) del linguaggio documentaristico per abbracciare una forma-racconto che, complice il gergo del carcere cagliaritano “su casanzino”, si accosta alla magia del mito e della leggenda.

Preziosa testimonianza e film di denuncia, il documentario di Mereu è costituito da un susseguirsi mai stanco di immagini potenti e ricche di significato capaci di narrare la sofferenza, il disagio e il forte desiderio di riscatto vissuto dai protagonisti. Caratterizzato da una narrazione per immagini di rara sensibilità e schiettezza, il film deve il suo successo a una sceneggiatura sincera, sostenuta dalla bellissima fotografia di Matteo De Martini e da una colonna sonora che esce prepotentemente dallo sfondo, facendosi protagonista.

Non è un ricciaio, né un ex detenuto Joe Perrino, personaggio del film e musicista al quale è stata affidata la colonna sonora. Il cantautore, famoso in tutta la Sardegna, presta la sua voce alle storie di questo clan fuori dagli schemi e regala agli spettatori il fotogramma nitido di una Cagliari nascosta che custodisce le sue storie tra i viottoli del quartiere Castello, i banchi del mercato e l’ex carcere del Buon Cammino. “I miei pezzi sono un racconto romantico della malavita”, spiega Joe che con le sue “Canzoni di malavita” dà voce agli ultimi e alle loro speranze regalandoci una colonna sonora irrinunciabile.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 5

4.3