Grace Jones: Bloodlight and Bami – recensione

Sophie Fiennes racconta la vita, la musica e la personalità dirompente di Grace Jones, la cantante e attrice giamaicana.

L’eclettica artista Grace Jones, di una femminilità provocante e predominante, attraverso questo documentario svela la sua storia, l’ispirazione della sua musica. Icona degli anni ’80 e ’90 riesce con una pronuncia elegante e un tono di voce profondo a creare momenti di intimità commoventi e momenti di euforia da festa, da disco, nello stesso brano.

La regista Sophie Fiennes ci porta in un viaggio fisico e metaforico, seguendo infatti Grace Jones nella sua terra d’origine e nelle sue tappe del tour, permettendoci di entrare nella sua vita e quindi nella sua concezione artistica. La sua voce profonda accompagnata da suoni leggeri e frizzanti ricordano la Giamaica: verde dove la natura è libera e le persone sanno accogliere e ridere sempre, anche davanti il male e il dolore.

Il documentario è un ritratto veritiero e fiero di una donna che appartiene ai luoghi in cui ha vissuto

La seguiamo in Giamaica, dove vive ancora la sua famiglia, dove sono i posti che frequentava da bambina e i ricordi che la accompagnano ancora.

Grace Jones a Sligoville, in Giamaica

La sua forza è stata nel legame con i fratelli, con cui divideva le botte e le urla di un patrigno estremamente cattolica e violento: esisteva solo una morale, la sua. Non tutto il male viene però per nuocere, perché questa persona le è servita per costruire il suo volto maschile. Racconta che quando assume quel fare duro e spaventoso imita lui e questo lo ha fatto notare a lei il suo insegnante di recitazione.

Grace Jones ha lavorato molto su se stessa ed è emersa grazie all’arte, che le ha dato la possibilità di sfogarsi, ma anche di creare un suo stile. Inizialmente modella, poi attrice e cantante è un’artista a tutto tondo che comunicata attraverso i testi la sua storia e con il corpo la sua forza di lottare e il suo amore per la vita. Euforica, appariscente, con un fisico sensuale e un volto truccato o mascherato, trasforma i concerti in spettacoli. Non si ferma mai e per di più è su tacchi di almeno 13 cm.

Può succedere qualsiasi cosa, ma quando è sul palco non conta più niente.

Grace Jones sul palco

Questo lo capiamo vedendo il dietro le quinte, come in un concerto in Francia dove viene circondata da ballerine in lingerie. Si lamenta della composizione coreografica, in cui lei sembra la matriarca del bordello, lanciando un messaggio opposto alla sua etica artistica e all’idea del ruolo della donna. La macchina da presa la osserva da una distanza che la fa sentire a suo agio, permettendole di svelarsi attraverso gli incontri con i familiari in Giamaica, con il figlio e l’ex marito in Francia e con le persone con cui lavora. Una documentazione paziente, che ha saputo cucire insieme momenti di vissuto quotidiano alle confidenze del passato. Non solo la sua infanzia, ma anche l’amore con l’ex marito.

Grace Jones foto di Andrea Klarin

La narrazione non è solo per parole, sono importanti le immagini, le riprese delle vedute, delle case e dei laghi della sua terra nativa. Ma anche la Parigi metropolitana che non è più quella chiassosa di una volta, quando la viveva Grace.

Queste immagini vengono agganciate ai suoi concerti e in questo incontro si crea una ciclicità. La sua storia, ciò che ha vissuto e dove è cresciuta l’hanno resa la donna che è, che si mostra sul palco. Il trucco spesso e i suoi costumi appariscenti non nascondono, ma rivelano insieme alla sua voce e alle parole che scrive dal cuore e che hanno fatto innamorare il pubblico che la aspetta alla fine per un autografo o semplicemente per dirle “grazie”.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Sonoro - 5
Emozione - 4

3.7