Roma FF17 – Good Morning, Tel Aviv: recensione del documentario di Giovanna Gagliardo 

Un'esperienza narrativa interessante, nonostante qualche difetto.

Prodotto dall’Istituto Luce e presentato alla Festa del Cinema di Roma, Good Morning, Tel Aviv, diretto da Giovanna Gagliardo, indaga il mistero – o il miracolo? – di Tel Aviv, “fortezza di un Paese accerchiato da problemi irrisolti”.

Il suo nome significa “collina della primavera” ed è una città “abbastanza piccola da suggerire a chi vi abita la sensazione di trovarsi sempre a casa e abbastanza grande da dare l’illusione di essere al centro dell’universo”. È nata grazie alla buona volontà di sessanta famiglie che ne hanno spianato il terreno e tracciato i lotti da distribuire a ciascun colono. Simbolo di un’operosità rilassata, Tel Aviv rappresenta agli occhi non solo di Israele ma del mondo intero un sogno di tolleranza, libertà, rispetto per i diritti civili. Capitale del baby boom, cosmopolita e inclusiva per vocazione, il Gay Pride è la sua festa ‘patronale’: a Tel Aviv nessuno è escluso e sembra esserci posto davvero per tutti. 

Good Morning, Tel Aviv ci porta alla scoperta di una città che fa dell’accoglienza il suo perno valoriale 

Il sindaco in carica Ron Huldai, ex pilota militare figlio di pionieri polacchi che, negli anni Venti, si sono insediati in città nella speranza di trovare lì la terra promessa al popolo d’Israele, è un unicum nella storia politica del Paese e non solo: eletto per la prima volta nel 1998, è stato riconfermato nel 2003, nel 2008 e poi ancora nel 2013 e nel 2018. Nel 2023 avrà governato la città per venticinque anni. Nel documentario, diretto da Giovanna Gagliardo con grande equilibrio tra esigenza narrativa e resa all’esperienza estetica affidata allo scorrimento di immagini tanto nitide, razionali nella composizione, quanto sensuali nel calore (e nel clalore) che evocano, il primo cittadino scherza sul suo posizionamento un po’ più a sinistra rispetto al governo di Israele e riflette sull’importanza di mettere i valori, non il budget, al centro del programma politico. Rivendica con orgoglio la discrepanza della sua comunità rispetto al resto del Paese: “Israele è uno Stato molto capitalista, ma noi abbiamo un’altra visione”. 

Eppure, la domanda che frastaglia il film – è Tel Aviv una bolla o un avamposto del futuro? – bordeggia le screpolature che produce senza affacciarvisi troppo: solo in alcuni passaggi, forse un po’ troppo sbrigativi, quasi abortiti, si delineano sommariamente quelle che sono le ombre sulla città. Il denaro che diventa un “veleno” che corrode tutto, la difficoltà di accedere alle abitazioni per i giovani a causa di prezzi troppo alti, gonfiati dalle speculazioni, le disuguaglianze tra ricchi e poveri, l’apartheid a Jaffa, località marittima inglobata nell’area urbana di Tel Aviv, porto molto antico già celebrato dal mito greco e dalla Bibbia, oggi abitata prevalentemente da Arabi. 

Good Morning, Tel Aviv: un’esperienza narrativa e visiva affascinante che manca, però, di problematizzare 

‘Good Morning, Tel Aviv’ è stato presentato alla stampa mercoledì 19 ottobre 2022, all’interno della Festa del Cinema di Roma.

Il regista di Valzer con Bashir Ari Folman, uno degli illustri cittadini di Tel Aviv, città nella quale vive con la moglie Anat Asulin da ormai molti anni, osserva come l’opposizione palestinese non sia più la stessa. “Si è persa la speranza di creare due Stati, uno per gli Arabi e uno per gli Ebrei”, dice, “i Palestinesi hanno rinunciato al loro Stato. Ora la loro ambizione è di mandare i propri figli in Europa”. Se Tel Aviv è una fortezza in un Paese circondato da conflitti trascinati nel tempo e mai risolti, è altrettanto vero che l’utopia che sigilla al suo interno è uno schermo che oscura, anziché riflettere, lacerazioni ben lontane dal ricomporsi, ingiustizie e fragilità diffuse su cui è calata, implacabile, la cortina della rimozione. 

Good Morning, Tel Aviv racconta, così, in modo un po’ troppo compilativo, poco problematizzante, con una solarità appena opacizzata, frenando sull’indagine degli aspetti critici, le diverse componenti di un vero e proprio idillio che, nella conservazione di un’eccezionalità virtuosa basata sulla garanzia d’accoglienza, non manca di condannarsi a un esilio da eccesso di esemplarità e, quel che è forse più controverso, dimentica di guardare al di là del proprio recinto. 

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.7