Going West: recensione del film di Henrik Martin Dehlsbekken

La recensione di Going West il film di Henrik Martin Dehlsbekken con nel cast Benjamin Helstad e Ingar Helge Gimle

Un’avventura on the road tra padre e figlio: questo è il fulcro di Going West diretto da Henrik Martin Dehlsbekken e in uscita nelle nostre sale giovedì 24 maggio. Classe 1989, il regista norvegese sta collezionando anche con la sua ultima creazione premi e proiezioni in diversi festival (queer e non solo). Kasper (interpretato da Benjamin Helstad) è un giovane insegnante di musica si trova all’improvviso senza lavoro e, nello stesso momento, ad affrontare la perdita della madre. La donna prima della dipartita aveva espresso il desiderio che il figlio cercasse occasioni per ricucire il rapporto con il padre Georg. L’uomo (che porta i lineamenti di Ingar Helge Gimle) è un crossdresser e tra le tante battaglie che si trova davanti tutti i giorni, ci sono anche gli scontri con il figlio. Il viaggio della problematica coppia verso l’Ovest della Norvegia avviene nel segno del ricordo della madre e della sua abilità sartoriale, andando incontro a una gara di cucito di cui sarebbero fieri i più combattivi spiriti tradizionalisti.

Going west

Virilità, stereotipi e luoghi comuni sono trattati con ironia e messi a confronto con situazioni che spaziano dalla retorica più prevedibile a occasioni più originali. Le crisi personali dei due protagonisti si scontrano tra loro, portando i due a un non sempre lineare percorso di sé e dell’altro. A complicare, in qualche modo, la gestione del viaggio arrivano imprevisti, malumori e sofferenze che a turno scaldano gli animi dei due pellegrini, il cui temperamento si giustappone allo sfondo del paesaggio norvegese e della sua natura. Quasi a voler sottolineare l’importanza del dato naturale e innato di ognuno di noi, l’ambiente circostante permette di far emergere il messaggio sull’importanza del rispetto di se stessi e della propria natura prima di tutto e, di conseguenza, vivere l’altrui essenza in modo genuino e ben disposto a concepire la possibilità di convivere con le differenze, di qualsiasi tipo esse siano.

Virilità, stereotipi e luoghi comuni sono trattati con ironia e messi a confronto con varie situazioni.

Non è forse la sceneggiatura il punto di maggiore forza di Going West, che cade troppo spesso in retorica prevedibile e manca di una reale originalità sia di svolgimento di trama che di trattamento degli argomenti. Questo non impedisce ai due interpreti principali di portare a termine una performance tutto sommato convincente, anche se, per limiti al di fuori della loro portata, non riescono nell’impresa di far dimenticare i difetti del film e i suoi mezzi non eccelsi. Il risultato è dunque un’opera delicata, con tutta probabilità non dimenticabile, ma narrata con tenerezza e affetto da parte del regista, che dimostra di avere un gusto per l’ironia totalmente formato, nonostante la giovane età. Kasper e Georg diventano le icone di due identità e di due generazioni distanti tra loro, che una volta messe a confronto una di fronte all’altra dimostrano anche l’imprevedibilità delle reazioni, fino ad arrivare in alcune occasioni a quasi dei ribaltamenti di prospettive, rispetto a quello che il pubblico si sarebbe aspettato.

Come (troppo) spesso succede è il membro più anziano del cast, in questo caso della coppia, a dimostrare di saper tenere il ritmo della narrazione, anche in questo caso, dove la coppia attraversa un intero paese sia in senso fisico, percorrendone le strade, sia figurato, affrontando situazioni e realtà variegate e persino macchiettistiche, in certi casi. Tuttavia, la qualità del mix di ironia e delicatezza dimostrato da Henrik Martin Dehlsbekken, lascia presagire una buona continuazione di una filmografia destinata a crescere e affermarsi.

Regia - 3
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Recitazione - 3
Emozione - 3

2.7