Forgotten: recensione del thriller coreano Netflix

A metà tra thriller e mind-twisting, con una spruzzata di melò, Forgotten è un film acerbo, per certi versi, ma con un sorprendente finale – e due incredibili protagonisti

Il cinema coreano ha una tradizione molto particolare: è un cinema lento, che sa prendersi i suoi tempi, ma è anche un cinema che sa raccontare storie, in un modo unico e sempre coinvolgente. Autori come Kim Ki-duk e Park Chan-wook ci hanno abituati a melò intensi, strazianti e silenziosi, da un lato, e a revenge movie cinici, drammatici e violenti dall’altro. Entrambi, però, con un unico grande punto in comune: la ricerca e il bisogno di una giustizia personale, oltre che sociale (comune a tante pellicole coreane).

In mezzo a loro, si nascondono autori interessanti come Bong Joon-ho (Snowpiercer, Okja) o come Jang Hang-jun, regista di Forgotten, thriller misterioso disponibile su Netflix a partire dal 21 Febbraio.

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Girato in 3 mesi, tra marzo e giugno 2017, Forgotten è un film difficile da classificare, un po’ perché il cinema coreano tende a sperimentare spesso più generi in uno (anche se a volte il melò è preponderante sugli altri), un po’ perché il film ha così tanti snodi narrativi che dopo un po’ è necessario fare una pausa, prendere appunti e focalizzare, passo dopo passo, gli elementi più importanti della storia.

Protagonisti di questo thriller in bilico tra mystery e mind twisting sono due fratelli, Jin-Seok e Yoo-Seok, che si trasferiscono in una nuova casa insieme ai loro genitori. Tutto sembra scorrere normalmente, fino a quando uno dei due fratelli, Yoo-Seok, viene rapito da un gruppo di sconosciuti. Jin-Seok assiste all’evento ma non riesce a salvare suo fratello e trascorre i giorni successivi in preda al panico e agli incubi per quanto accaduto. Fortuna vuole, però, che Yoo-Seok riesca a ritornare a casa, sano e salvo, ma c’è qualcosa di molto strano in lui. Yoo-Seok, infatti, sembra non ricordare niente dell’accaduto, come se il trauma gli avesse cancellato la memoria. Ma c’è dell’altro: i comportamenti insoliti di Yoo-Seok insospettiscono il fratello minore Jin-Seok, al punto da spingerlo a chiedersi se quello che ha fatto ritorno a casa è realmente suo fratello.

Forgotten: un film in bilico tra mystery e mind twisting

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La prima parte di Forgotten è praticamente un teen movie per adolescenti: i due protagonisti sembrano usciti da una boyband k-pop, la casa in cui la famiglia si trasferisce lascia presagire con facilità che di lì a poco si scatenerà il putiferio, i genitori sono così patinati da sembrare finti (e forse, chissà, lo sono sul serio) e nonostante la storia scorra con facilità c’è qualcosa di strano, che fa storcere un po’ il naso, che lascia quasi perplessi. Ed è qui che arriva il primo plot point (lo snodo narrativo iniziale, quello che avvia l’azione vera e propria), a circa un’ora dall’inizio del film: menomale – direte voi – e invece no, perché arriva con un ritardo tale da sembrare quasi uno spiegone.

A un certo punto, però, succede qualcosa di magico e dopo lo spiegone il film sembra quasi ricominciare daccapo, stessi personaggi ma narrazione differente: Forgotten, da semplice thriller per adolescenti, diventa un intricatissimo mind-twisting, ed è proprio qui che arriva, invece, il secondo plot point (la parte della storia in cui, solitamente, si pongono le basi per il finale) – questa volta, però, un po’ troppo in fretta.

Forgotten: un film magicamente mutevole

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Bene, dopo tutto questo saltare, manca così poco alla fine che basterà solo aspettare l’epilogo, no? E invece no, perché dopo il secondo plot point il film riparte ancora una volta, con una storia ancora diversa – e questa, forse, è la parte più bella e più intensa di tutto il film. Forgotten, da mind-twisting, si trasforma in un revenge movie a tinte melò, con un epilogo inaspettato e a tratti perfino commovente, interpretato perfettamente dai due splendidi protagonisti.

Nonostante la sceneggiatura sia, quindi, un po’ confusionaria e difficile da seguire (credo, però, che questa sia una scelta precisa del regista, che in un certo senso è anche giusto rispettare), Forgotten ha un finale così potente e drammatico da riscattare quasi completamente tutte le difficoltà iniziali, e spedisce il suo regista, Jang Hang-jun, direttamente nell’olimpo dei registi sud-coreani di cui potremmo (e vorremmo) sentire ancora parlare.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.1

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