Fleabag: recensione in anteprima della serie Amazon Prime Video

Come si combatte la solitudine, la poco fiducia in se stessi, l’assenza quasi totale di speranze e scenari ideali per il futuro? Con l’ironia. Caustica, sarcastica, inarrestabile. Ce lo insegna Phoebe Waller-Bridge (Broadchurch) in Fleabag, la serie di Amazon Prime Video che debutterà il 10 febbraio.

Scritta e interpretata dalla Waller-Bridge, Fleabag è una finestra esilarante e commovente nella mente di una donna fin troppo comune: non particolarmente acuta, arrabbiata, piena di dolore e dalla vita sessuale frenetica. Insieme a lei viviamo le sue avventure quotidiane. L’unico obiettivo è sopravvivere alla frenesia londinese e alle continue delusioni sentimentali, personali, emotive che le vengono imposte o nelle quali, goffamente, si imbatte. La serie si basa su Fleabag, l’opera teatrale di Waller-Bridge, che vinse un Premio Edinburgh Fringe First, il Critics’ Circle e l’Off-West End Award come il drammaturgo più promettente e una menzione speciale del Susan Smith Blackburn Prize.

Nel cast troviamo anche Brett Gelman (Twin Peaks), Olivia ColmanBill Paterson (Outlander), Hugh DennisHugh SkinnerJamie DemetriouJenny Rainsford, e Sian Clifford. La serie è diretta da Harry Bradbeer, e prodotta da Harry Williams e Jack Williams (The Missing).

Fleabag

Non serve addentrarsi molto nella serie Amazon per capire quale sarà il tono con il quale la protagonista – che identifichiamo proprio con il solo nome di Fleabag, letteralmente “sacco di pulci” – ci racconterà la sua storia.

Se la prima impressione è quella che conta, siamo a cavallo: Fleabag aspetta, con mille dubbi e mille pentimenti, l’arrivo dell’uomo con cui avrà un’avventura fatta di cliché e sesso anale – perché insomma, è un po’ ubriaca e lui ha fatto tanta strada per andare da lei – il tutto raccontato dai suoi sarcastici sguardi verso la macchina da presa, accompagnati da caustici commenti sinceri, che più sinceri non si può. Fleabag – scopriamo pian piano, ma nemmeno con troppa cautela – è una trentenne con una carriera che punta verso il nulla, una vita privata borderline che si districa attraverso l’ossessione per il sesso con uomini sbagliati (di ogni tipo) e una famiglia distante fisicamente ed emotivamente.

Fleabag

La perla della serie, però, sembra essere proprio questo tono sardonico, cinico e crudo con il quale Fleabag ci racconta la sua vita che, ogni giorno, sembra andare sempre più a rotoli.

Ci racconta – portando all’ennesima potenza la natura voyeuristica dello spettatore, come se fossimo uno strano diario segreto, composto da occhi indiscreti – la sua vita sessuale frenetica, imbarazzante, tristemente abbandonata ai bisogni, più che ai sentimenti suoi e degli uomini che usa e dai quali si fa usare. Fleabag si cala completamente nei panni di oggetto sessuale, non tanto per gli altri, ma per se stessa, per riempire quel vuoto che, al momento, viene occupato da un uomo diverso ogni sera.
“Odio la mia vita”, dice. Frequenta seminari femministi, ma scambierebbe cinque anni della sua esistenza per ottenere il cosiddetto corpo perfetto: “Siamo pessime femministe”.

Fleabag

I drammi di Fleabag – quei problemi familiari e lavorativi irrisolti – non intoppano la linea ironica, agile e spensierata con la quale ci vengono raccontati. Il dolore non viene sbandierato, ci cade addosso per sbaglio, seguito dal tentativo di esorcizzazione immediata della protagonista. Che, ironizzando su se stessa, cerca di distogliere la nostra – ma in fondo anche la sua – attenzione da quello che non va. È impossibile non affezionarsi a Fleabag. È impossibile non desiderare di aiutarla, di esserle amica. È un mondo di tristezze, insicurezze e squallori quello dipinto dalla protagonista in balia della vita, ma l’unico desiderio è quello di proseguire, di scoprire di più, di continuare a sorridere di sbieco davanti alle sue goffe disavventure.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 5

4.1