TSFF 2021 – Flashback: recensione del film con Dylan O’Brien

La recensione del fanta-thriller diretto dal canadese Christopher MacBride, presentato al 21° Trieste Science + Fiction Festival.   

Ci sono temi con i quali è complicatissimo misurarsi e il rischio di farsi male per un regista è davvero elevato. Se poi lo si affronta all’interno di un’architettura narrativa e drammaturgica altrettanto complessa sul piano strutturale e cronologicamente non lineare, allora il pericolo si fa ancora più concreto. È il caso di Flashback (conosciuto anche come The Education of Fredrick Fitzell), l’opera seconda di Christopher MacBride, che il pubblico nostrano ha potuto vedere nel corso del 21° Trieste Science + Fiction Festival. Un film, quello scritto e diretto dal cineasta canadese già autore dell’interessante The Conspiracy, che a conti fatti ha pagato sulla propria pelle il tentativo coraggioso e al contempo troppo ambizioso di lavorare su un terreno minato come quello del libero arbitrio e del paradosso temporale. Il titolo in tal senso è una chiara lettera d’intenti rispetto a ciò che vedremo nella novantina di minuti circa a disposizione del racconto.

Flashback è un fanta-thriller allucinogeno nel quale passato, presente e futuro si confondono

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MacBride scherza con il fuoco e finisce con lo scottarsi portando sullo schermo un thriller allucinogeno nel quale passato, presente e futuro si confondono quel tanto da perdere e far perdere la bussola al fruitore di turno. Il protagonista, qui interpretato da Dylan O’Brien (il Thomas della saga di Maze Runner), un uomo che dopo un casuale incontro con un vecchio amico piomba fisicamente e celebralmente in una serie di terrificanti flashback che chiamano in causa una ragazza scomparsa, una droga chiamata Mercury e una terrificante creatura che lo ha sempre accompagnato, è la prima vittima di questo modus operandi.

La narrazione a scatole cinesi compone un’impalcatura che nel suo dipanarsi si accartoccia su se stessa

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La narrazione a scatole cinesi che fa della frammentazione spazio-temporale, dei loop e dei déjà-vu, le fondamenta sulle quali viene eretta un’impalcatura che nel suo dipanarsi si accartoccia su se stessa. L’autore mescola continuamente le carte per cercare di rendere la linea mistery più intrigante e coinvolgente possibile, ma a furia di intrecciare, sovrapporre o alternare i piani temporali, il caos prende il sopravvento e il cammino che porta alla scoperta della verità diventa un autentico ginepraio con risultati che prendono il meglio e il peggio di progetti della stessa impronta come The Butterfly Effect o Synchronic.

La buona confezione tecnica non colma le mancanze strutturali provocate dalla scrittura

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Peccato che le cose non siano andate come previsto, con la trasposizione audiovisiva che si trascina dietro le mancanze strutturali e i limiti di una scrittura che punta in troppo in alto rispetto alle reali potenzialità del plot. Tutto ciò finisce con il mettere in secondo piano quanto di buono la componente tecnica di Flashback aveva a sua disposizione, a cominciare dalla magnetica colonna sonora firmata da Anthony Scott Burns, in arte Pilotpriest, per finire con il ritmo incalzante del montaggio di Matt Lyon e l’efficacissimo sound design di Rob Bertola. Dunque la forma e la confezione non riescono a colmare le mancanze provocate da una scrittura che perde pezzi mentre tesse la tela. Una tela nella quale finiscono impigliati gli eventi, i personaggi e persino le loro one-lines, vittime sacrificali di un thriller del quale si fa fatica a ritrovare il bandolo della matassa.

Regia - 3
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 4
Emozione - 1

2.6