Fear Street: Prom Queen – recensione del teen horror Netflix
Nessun accenno di originalità nella sceneggiatura ma il film funziona nell'area dell'intrattenimento e riesce a coinvolgere con la sua atmosfera che rievoca in modo efficace gli anni '80.
Ci pensa la vita a dimostrare il valore di Lori Granger in Fear Street: Prom Queen, il teen horror seguitissimo su Netflix. Il quarto film della saga soprannaturale ispirato ai romanzi di RL Stine è disponibile sulla piattaforma streaming dal 23 maggio, con un’ambientazione e musiche anni ’80 e qualche stravaganza che lo rende un piacevole intrattenimento per gli amanti genere. Ci è piaciuto con il suo slang degli ’80 influenzato dalla cultura giovanile, dalla musica, dal cinema e dalle tendenze sociali. Siamo stati rapiti dai suoni e da quest’atmosfera unica e intramontabile ricreata per un giallo della mente ambientato nell’estate del 1988, quando iniziano i preparativi per l’evento principale della cittadina di Shadyside: con i liceali che si organizzano per il ballo di fine anno.
Fear Street: Prom Queen – Sei liceali sono in lizza per la corona di reginetta del liceo di Shadyside, ma durante la serata le candidate vengono uccise

La protagonista è Lori Granger (India Fowler). Molti in città credono che sua madre abbia ucciso il fidanzato, il che non l’ha resa molto amata o popolare a scuola. La giovane però è molto studiosa -esemplare – anche se porta sulle proprie spalle il peso di questa situazione e viene bullizzata nella sua classe. L’unica amica al suo fianco è una ragazza strana, una convincente nerd dell’horror che di tanto in tanto riesce a terrorizzare la classe con i suoi scherzetti spaventosi. A parte questa premessa poco plausibile, per il resto il plot e i suoi personaggi rientrano nella ricetta del classico teen slasher e nel tipico prom movie d’oltreoceano. Per dimostrare finalmente il suo valore e far cambiare le cose, Lori decide di candidarsi a reginetta della scuola, senza avere però una strategia per riuscirvi, supportata solo da un’avventata autostima scaturita dal niente. Facendolo innesca l’invidia di Tiffany Falconer (Fina Strazza), un’altra candidata alla coroncina, che all’opposto di Lori è arrogante e minaccia chiunque non la idolatri. Tiffany ha due genitori che più di lei sono ossessionati dalla corona in questione.
Nessun accenno di originalità nella sceneggiatura però il film intrattiene e coinvolge con la sua atmosfera che rievoca in modo efficace gli anni ’80

Forme, colori, suoni, luci, costumi e soprattutto mood. La saga di Fear Street, targata Netflix, funziona. Forse perché dietro i quattro film ci sono gli impulsi letterari di R.L. Stine, o forse perché l’effetto nostalgia, miscelato alle scene horror, riesce a coinvolgere gli spettatori senza mai mutare e sin dai primissimi istanti. Sei liceali in lizza per la corona di reginetta del liceo di Shadyside ma durante la serata quasi tutte le candidate vengono uccise. Le morti si fanno via via più creative e c’è qualche sprazzo di stravaganza che non guasta. Ad esempio i giochi in classe della nerd dell’horror, le esibizioni delle ragazze nelle sequenze di ballo: come quella di Tiffany (che ha pure un nome degli anni ’80) e delle sue minion sulle note di The Look dei Roxette, o ancora nel ballo super nerd sulle note di Gloria.
Fear Street: Prom Queen – valutazione e conclusione
Anche il finale (e l’ultima battuta della protagonista) è prevedibilissimo ma godevole in un film riesce a sfiorare un tema che non è proprio banale come tutto il resto: cioè l’esplorazione delle proprie emozioni. Non a caso c’è una battuta che si ripete in Fear Street: Prom Queen diretto da Matt Palmer e cioè “non valgo molto è una cosa che pensiamo tutti“. C’è qualcuno che ha fatto il suo dovere se è stata inserito in questa storia di redenzione che nel copione mette l’ingrediente della paura, un messaggio rivolto ai giovani per superare l’idea di non valere niente e capire che questo pensiero può essere solo una percezione irrazionale della realtà delle cose. Da questa prospettiva la sceneggiatura rivela che la paura è solo nella mente; riesce a prestare attenzione, a cogliere in modo autentico quello che a volte è un modo di sentire (distorto) dei più giovani. Il film ci ha travolti nel suo clima, ci ha tenuti occupati, ci ha fatto sorridere e ci ha fatto riflettere. Per queste ragioni ci ha conquistati. E quando arriva il finale e i titoli di coda scorrono, quello che resta a chi guarda non è la sensazione di aver sprecato un’ora e mezza, piuttosto di averla dedicata senza alcun rammarico a Prom Queen.