Fair Play: recensione del film Netflix con Phoebe Dynevor

Fair Play è un thriller da non perdere in cui Domont costruisce una storia contemporanea affilata, che è un intelligente rimprovero alla misoginia.

Phoebe Dynevor (l’attrice britannica che ha ottenuto l’attenzione internazionale con il ruolo di Daphne Bridgerton nell’acclamata serie Netflix) e Alden Ehrenreich (Blue Jasmine, Oppenheimer), ci regalano performance di alto livello nel lungometraggio Fair Play, che è una parabola discendente di una “power couple” formata da Emily e Luke, due ambiziosi analisti finanziari che lavorano nella stessa società e che tutti i giorni combattono con le unghie e con i denti per essere notati dai capi. Con un cast che vanta anche la presenza di Eddie Marsan, Rich Sommer e Sebastian De Souza, il film mette in luce lo scomodo abbinamento tra autoaffermazione ed egoismo. Proiettato al Sundance film festival, Fair Play è disponibile sulla piattaforma streaming dal 13 ottobre 2023.

Fair Play: un’inaspettata promozione a portfolio manager sconvolge il rapporto di una giovane coppia

Fair Play. (L to R) Alden Ehrenreich as Luke and Phoebe Dynevor as Emily in Fair Play. Cr. Courtesy of Netflix

Fair Play segna il debutto spietatamente divertente della sceneggiatrice e regista Chloe Domont, che prende una coppia straordinariamente felice e la getta in un grande caos! Domont crea un thriller intenso che ruota intorno a due innamorati, osservando le devastanti dinamiche di genere che mettono due amanti l’uno contro l’altro in un mondo che si trasforma più velocemente delle norme che lo regolano. Quando si presenta l’opportunità della tanto attesa promozione in una società finanziaria, la comunicazione prima complice e appassionata tra Emily (Phoebe Dynevor) e Luke (Alden Ehrenreich) inizia ad acquistare un sapore sempre più aspro. Nella relazione cambiano irrevocabilmente le dinamiche di potere, e la coppia deve fare i conti con i limiti snervanti dell’ambizione e con il vero prezzo del successo.

Una storia contemporanea affilata, che è un intelligente rimprovero alla misoginia

Domont costruisce una storia contemporanea affilata, che è un intelligente rimprovero alla misoginia. Riflette su come la disparità di genere nel mondo della finanza e del potere possa distruggere una relazione sentimentale. La nuova posizione di Emily nella società è una minaccia per Luke, per la sua autostima e mascolinità. Una nuova situazione che lacererà entrambi, seguendoli ogni giorno dall’ufficio alla camera da letto. Nel 1994, Disclosure postulava che “l’unica cosa più spaventosa di una donna disprezzata era una donna disprezzata che era anche il tuo capo“, dipingendo un ritratto datato e molto triste delle donne che avanzano nella carriera. Il film riesce a coinvolgere, pur rievocando molti thriller con Michael Douglas, da Attrazione fatale a Delitto perfetto (remake de Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock). La più grande minaccia in Fair Play finisce, amaramente, per essere l’ego smisurato di un uomo. La regista evita anche di smussare o sovrapporre, permettendo a entrambi i protagonisti di fare più realisticamente mosse sbagliate lungo la strada. Persino alcune delle decisioni di Emily (che in questa storia è l’uccello che deve frenare le sue ali) sono tutt’altro che ineccepibili…

Fair Play: valutazione e conclusione

Fair Play è una storia contro la violenza e contro ogni sessismo, con una suspense in crescendo che conquista e che nasce dalle piccole cose quotidiane che iniziano a diventare inevitabilmente grandi, in un equilibrio elegantemente modulato di brividi domestici e aziendali. Dopo Bridgerton, questa è probabilmente la prima vera prova per Phoebe Dynevor. Nel film anche il protagonista maschile evita notevolmente il minimo segno di eccesso istrionico, entrambi gli attori ci offrono credibili performance e portano chimica e talento anche nei momenti più “sgradevoli” condivisi dalla coppia.

Regia
Sceneggiatura
Fotografia
Recitazione
Sonoro
Emozione

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