Eric Clapton: Life in 12 bars – recensione

Un racconto sfaccettato e profondo su Eric Clapton: un'esistenza tormentata fatta di sogni e delusioni in cui la musica si palesa sempre e comunque come un porto sicuro

Arriverà nelle sale italiane il 26,27 e 28 febbraio Eric Clapton: Life in 12 Bars, il documentario diretto dal Premio Oscar Lili Fini Zanuck, omaggio lungo, complesso e sfaccettato al più grande chitarrista di ogni tempo, l’unico ad aver vinto 18 Grammy Awards e vero e proprio Dio della musica.

Life in 12 Bars guida in modo unico lo spettatore dentro la vita tormentata e furiosa di un vero e proprio genio della musica, capace di cambiare, mutare, stravolgersi, perdersi e ritrovarsi lungo tutta la sua esistenza e carriera, sempre vissute a braccio con il blues.
Il documentario della Zanuck si fregia dell’inedita possibilità di utilizzare immagini di repertorio mai viste prima, filmati provenienti dal vastissimo archivio privato di Clapton, con le sue esibizioni, i suoi concerti certo, ma anche con i backstage, i momenti privati, i ricordi dell’infanzia.

E proprio dall’infanzia comincia Eric Clapton: Life in 12 bars, mostrandoci le due facce della medaglia della prima parte della vita di Clapton, con l’amore riversato verso di lui dai nonni e l’indifferenza odiosa e avvilente della madre biologica, che lo rendono sempre più rabbioso, diffidente e timido. Da questo terribile trauma, che lo segnerà per tutta la vita, parte il nostro viaggio dentro la sua vita, il suo capire che grazie alla musica può aggirare, trasformare il suo dolore, la sua rabbia e farle viaggiare sulle corde di una chitarra per trovare il suo posto nel mondo.

Eric Clapton: Life in 12 bars – l’uomo e l’artista in una abbraccio inestricabile nel film di Lili Fini Zanuck

Eric Clapton: Life in 12 bars cinematographe

I suoi incontri con gli allora ancora sconosciuti Stones, con Jimi Hendrix, il suo lanciarsi dentro gli Yardbirds per poi passare con i Bluesbreakers, ai Cream, le sue amicizie con George Harrison, B.B.King e John Mayall, tutto questo vive nell’alternarsi mai banale del bianco e nero coi colori accesi tipici della beat generation che fu, del blues che si faceva spazio tra i giovani, degli anni della sperimentazione.
Il tutto seguendo la linee tracciate da un montaggio perfetto ed estasiante di Chris King, così come l’alternare in modo sapiente e discreto le note di Clapton con la colonna sonora sviluppata da Gustavo Santaolalla.

Per gli amanti del rock Life in 12 Bars sarà sicuramente qualcosa di incredibile, per chi invece non ha mai conosciuto molto di Clapton, l’occasione di comprendere meglio la tormentata esistenza di un uomo che ebbe nel suo carattere timido, viscerale e inquieto la sua arma più formidabile e il suo tallone d’Achille.

Zanuck non sceglie di raccontare più l’uomo rispetto all’artista (come nel comunque riuscito Principe Libero su De André) ma riesce a far comprendere l’inestricabile legame tra i due elementi, a fonderli, a farci capire in modo perfetto la profonda connessione tra i drammi e le gioie esistenziali e la produzione musicale di questo inglese di Surrey molto sui generis.

Eric Clapton e le sue donne per capirlo al meglio

Eric Clapton: Life in 12 bars cinematographe

Charlotte Martin, Pattie Boyd, Lory Del Santo… la vita di Clapton è strettamente legata alla donne, ad una ricerca costante di quel qualcosa, di quel fidarsi, di quel trovare la compagna che riempisse quel vuoto dovuto all’abbandono che fin dai 9 anni di vita lo tormentava.
Il documentario usa le loro voci, le loro immagini, per farci meglio comprendere cosa lo rese felicemente realizzato, cosa tormentato e cosa lo fece arrivare ad un passo dall’autodistruzione.

Le droghe (pesante e mai dimentica eredità di quella cultura musicale anni ’60 e ’70 così importante e celebrata), l’alcool, la depressione, sono rivelate nella loro riluttante e brutale efficacia, nell’averlo quasi affondato, reso il pallido ricordo di sé stesso. Gli amici, i nemici, le donne della sua vita, il tormento della sua anima… tutto questo è reso comprensibile e trasparente da Zanuck.

A conti fatti, ciò che Eric Clapton: Life in 12 bars fa comprendere è che Eric Clapton abbia creduto solo ed esclusivamente nella musica e che le abbia affidato prima ogni speranza, poi ogni scelta esistenziale ed infine quanto ci si sia aggrappato nel ritrovare un senso della vita dopo l’orrenda perdita del figlioletto Conor, di soli 4 anni.

Eric Clapton: Life in 12 bars cinematographe

In Clapton ogni cosa diventa musica, ogni emozione, seguendo le stagioni della vita e il corso di essa, descrivendo il suo diventare uomo troppo fretta o troppo tardi, a seconda del punto di vista, ma sempre con quelle corde a rivelare ciò che parole e gesti non potevano né volevano. Tears in Heaven, Cocaine, Hello Old Friend, Blues Power, Over Under Sideways Down, Sunshine of Your Love… tutto il percorso artistico di Clapton attraversa Life in 12 Bars guidato dalle voci di Clatpon, di chi lo ha conosciuto, di chi vi suonò assieme e ne condivise i momenti più importanti e significativi.

La Zanuck con questo Life in 12 Bars ha creato qualcosa di paragonabile per struttura, grandezza ed efficacia a quel Facing Alì che ancora oggi è un simbolo per chi si approccia a questo genere, e sopratutto alla volontà di narrare una vita complessa, piena e vivida.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8