Encanto: recensione del film d’animazione Disney

La famiglia Madrigal è, come si dice, tanta roba. Encanto, il nuovo film di animazione targato Walt Disney Animation Studios, arriverà nelle sale italiane il 24 novembre del 2021 con il suo carnevale di colori, fascino esotico delle location (colombiane) e più di una spolveratina di magia. E, appunto, la trascinante carica vitale della famiglia Madrigal. Regia di Jared Bush e Byron Howard, co-regia di Charise Castro Smith.

Ma chi sono questi Madrigal? Il clan fracassone vive nascosto tra le montagne della Colombia, in una casa magica, in una città vivace, in un luogo meraviglioso e incantato chiamato appunto Encanto. Per effetto di uno strano arzigogolo magico, ogni abitante del clan ha ricevuto in dono un po’ di magia, quel tanto che basta per migliorare la vita propria e quella di chi gli sta intorno. Queste cose ce le racconta Mirabel, la protagonista, nel corso di una turbolenta presentazione musicale delle virtù della famiglia in cui la ragazza cerca, vanamente, di nascondere un particolare niente affatto trascurabile che la riguarda e di cui non va troppo fiera. Chissà perché, di tutta la famiglia Madrigal Mirabel è l’unica senza neanche uno straccio di potere. Neanche uno. Davvero imbarazzante.

Encanto: la musica di Lin-Manuel Miranda e il realismo magico di Gabriel García Márquez per la storia di una famiglia in pericolo

Encanto

Possiede più di un punto di forza, Encanto. Viene in mente la colonna sonora originale composta da Germaine Franco su un tappeto di canzoni originali più che latineggianti di Lin-Manuel Miranda (Hamilton), che con Jared Smith aveva già collaborato nel successo del 2016 Oceania. Ma c’è anche la pacatezza con cui tiene in equilibrio il colore, il divertimento e qualche accenno che va più in profondità.

Il film disegna con la più sobria naturalezza una società nettamente matriarcale, perché il suo impegno rosa va anche oltre il focus sulla giovane protagonista. Allude a certe storture della storia che difficilmente fanno capolino nel discorso Disney standard, indaga sul peso del talento. Racconta l’influenza che una percezione falsata dalle aspettative esercita sull’equilibrio interiore di una persona. Lo sfondo letterario è imponente, perché l’atmosfera di realismo magico che permea la storia attinge al senso peculiare della vita e delle cose di Gabriel García Márquez.

Su questa tela si dipana il percorso di Mirabel, unica fra tutti a intuire il pericolo che incombe minaccioso. La fine della magia per il clan Madrigal, la città in rovina, game over per il prestigio che l’Abuela (la nonna) ha regalato alla famiglia ricamando sulla magia. Mirabel è ordinaria, che brutta parola, secondo i parametri della comunità. Il suo coraggio, la forza silenziosa del suo esserci sempre quando gli altri, i supereroi, hanno bisogno di lei, tuttavia suggerisce il contrario. Mirabel cercherà l’aiuto dello zio Bruno, della famiglia è la pecora nera perché il suo potere non piace, chi vuole sentirsi raccontare il futuro, per cercare di invertire la rotta e resuscitare il dono. Encanto è furbo, elogia gli eroi con la testa sulle spalle, ma li circonda di magia.

Un film in equilibrio tra divertimento e qualche idea interessante

Encanto cinematographe.it

Le voci della versione italiana sono quelle di Alvaro Soler, Luca Zingaretti, Diana Del Bufalo. Il mix è quello consueto di umorismo, ritmi indiavolati e qualche lacrimuccia sul finale quando la morale della favola, ovviamente pro-famiglia, prende il sopravvento. Sul fondo, si è già detto, si agitano certi fantasmi non proprio disneyani. Il racconto cerca esplicitamente l’attrito tra i due piani, consueto e inconsueto, per trovare la scintilla di vita e di calore che gli è necessaria a scatenare il suo personalissimo incantesimo.

A conti fatti Encanto è un prodotto gradevole e ben tarato sulle oscillazioni dell’altalena generazionale. Ammicca al bambino ma non si scorda dell’adulto, offrendo a entrambi una soddisfazione multicolore, divertita per il primo, dolcemente malinconica per il secondo. Ovviamente c’è sempre qualcosa che si potrebbe far meglio. Il ritratto di famiglia pende dalla parte protagonista, non tutti i membri sono serviti a dovere. Con qualche eccezione, come per esempio le giovani Isabela e Luisa. La storia di queste due giovani donne, alle prese con un mondo che le vuole imprigionare in un ideale di perfezione raccapricciante, ha la sua forza.

Tenere a bada la complessità delle idee in favore di un’esplosione di puro divertimento può essere interpretato come un compromesso al ribasso, ma Encanto sceglie questa via perché non ha vergogna della sua vocazione intrinsecamente commerciale. E sa dosare gli ingredienti con lucidità. Come nel caso dell’omaggio offerto dal film ai suoni, ai colori, ai sapori dello scenario colombiano e del suo multiforme universo culturale. Molto moderno nel portare il pubblico verso voci e sfondi nuovi, Encanto non è per nulla moderno nella naturalezza con cui disegna i contorni della sua offerta. Questo è un bene.

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