El abrazo de la serpiente: recensione del film di Ciro Guerra

Da una terra da sempre avvolta in un’aura di mistero e magia come la Colombia arriva il sorprendente El abrazo de la serpiente, film di Ciro Guerra candidato all’Oscar 2016 come miglior film straniero e già vincitore del premio Art Cinéma della sezione Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2015.

Girando in un ammaliante bianco e nero, Ciro Guerra si prefigge l’obbiettivo di raccontarci una parte di mondo ancora in larga parte inesplorata come l’Amazzonia, mostrandocela dal punto di vista degli indigeni e concentrandosi sui riti, le credenze e le leggende delle persone che abitano questi posti magnifici e incontaminati. Il risultato è un’esperienza visiva e interiore di raro fascino, che non può lasciare indifferenti.

El abrazo de la serpiente

El abrazo de la serpiente racconta la storia dello sciamano Karamakate (Nilbio TorresAntonio Bolivar), ultimo discendente della sua tribù, che incontra i due scienziati ed esploratori Theodor Koch-GrunbergRichard Evans Schultes (sui diari dei quali è basato il film) a distanza di circa 40 anni l’uno dall’altro, instaurando con loro un rapporto profondo e controverso. I due scienziati, interpretati rispettivamente da Jan BijvoetBrionne Davis, si recano in Amazzonia in periodi diversi, ma accomunati dallo stesso obbiettivo, ovvero quello di cercare la yakruna, una pianta sacra e dai potentissimi poteri. Quello che per i due studiosi era cominciato come un viaggio di lavoro dagli scopi prettamente scientifici, diventerà ben presto l’esplorazione di una cultura pressoché sconosciuta e la ricongiunzione con la loro essenza più primordiale.

El abrazo de la serpiente

El abrazo de la serpiente: un omaggio sincero e visionario all’Amazzonia e alla sua popolazione

Il cinema ci ha spesso mostrato l’Amazzonia e i suoi abitanti nei loro lato più estremi e brutali, per esempio nel caso dei cannibal movie come Cannibal Holocaust o del più recente The Green Inferno. Il regista Ciro Guerra compie un’operazione diversa, avvicinandosi negli intenti e nei metodi a operazioni come quelle compiute da Werner Herzog nei suoi capolavori Aguirre, furore di Dio e FitzcarraldoEl abrazo de la serpiente ci immerge in un viaggio esistenziale e sensoriale, che ci mostra una cultura a noi così lontana nel modo più onesto e asciutto possibile, creando al tempo stesso un ideale ponte con la nostra civiltà. I due scienziati coprotagonisti della pellicola rappresentano i tanti vizi e difetti che la civiltà occidentale ha sempre avuto nei confronti di questi popoli e in generale verso ciò che non conosce: diffidenza, mancanza di rispetto e inaffidabilità. L’indigeno Karamakate diventa così una guida fisica e spirituale per i due esploratori, accompagnandoli in una serie di incontri inquietanti e rischiosi in mezzo alla natura incontaminata (emblematico a tal proposito l’incontro con un uomo dichiaratosi la reincarnazione di Gesù Cristo con conseguente clash culturale con gli indigeni) e pretendendo da loro la massima disponibilità a intraprendere un viaggio interiore ancora prima che fisico.

Buone le prove dei due attori professionisti Jan Bijvoet e Brionne Davis, perfettamente calati nella parte di persone spesso dubbiose e incredule verso ciò a cui stanno per assistere, e altrettanto valide quelle degli attori indigeni, che conferiscono credibilità e realismo alla pellicola. Dal punto di vista registico, l’elegante bianco e nero scelto da Ciro Guerra e curato da David Gallego è il perfetto accompagnamento per un viaggio senza tempo attraverso la bellezza di questi luoghi, che vengono immortalati da alcune splendide panoramiche ed enfatizzati dalle buone musiche di Nascuy Linares. Non mancano alcuni virtuosismi registici, che trovano una naturale collocazione nelle sequenze oniriche e in uno splendido trip psichedelico nella parte finale della pellicola, che fa tornare alla mente l’analoga e celeberrima sequenza di 2001: Odissea nello spazio. Cercando un difetto, l’intreccio fra i vari piani temporali è a volte un po’ caotico e confusionario, ma questo contribuisce all’alone di mistero e magia che circonda questa pregevole pellicola.

El abrazo de la serpiente di Ciro Guerra, candidato all'Oscar 2016 al miglior film straniero

El abrazo de la serpiente è un omaggio rispettoso e approfondito a un luogo, a un popolo e alla loro storia, spesso fatta di sangue, soprusi e sopraffazione. Un film dai ritmi lenti e compassati, sempre in bilico fra realtà e sogno e su più piani temporali, quindi potenzialmente indigesto a molti. Nella notte del 28 febbraio questa piccolo grande film si giocherà quello che sarebbe un meritato Oscar al miglior film straniero. Le possibilità di vittoria non sono molto alte, anche per la presenza fra i candidati del favorito e altrettanto valido Il figlio di Saul, ma il fatto che i giurati dell’Academy abbiano avuto il coraggio di nominare una pellicola di questo tipo li riabilita per tante altre scelte più popolari e basate quasi esclusivamente sull’incasso al botteghino.

Per concludere questa recensione, non ci sono parole migliori di quelle ritrovate nel vero diario di uno dei due esploratori, Theodor Koch-Grunberg:
“Non mi è dato sapere in questo momento, caro lettore, se già la sterminata foresta abbia iniziato anche in me quel processo che già in tanti altri, tra coloro che si sono avventurati fin qui, ha condotto alla completa e irrevocabile pazzia. Se questo è il caso, non mi resta altro che scusarmi e invocare la tua comprensione, giacché la varietà di cose a cui ho assistito durante queste ore fantastiche è stata tale che mi sembra impossibile descriverla con parole che facciano capire agli altri tanta bellezza e splendore; so soltanto che, come tutti coloro che hanno visto squarciarsi il pesante velo che li accecava, quando ritornai in me, ero diventato un altro uomo.”

El abrazo de la serpiente sarà presentato al Bergamo Film Meeting, e arriverà poi nelle sale italiane, distribuito da Movies Inspired.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.8