Earwig e la Strega: recensione del film di Goro Miyazaki

Tratta dall'opera fantasy della scrittrice Diana Wynne Jones, Earwig e la Strega è l'ultima fatica del figlio d'arte Goro Miyazaki, in sala dal 21 luglio 2021. 

Con quasi un mese di ritardo dalla programmazione originaria Earwig e la Strega, ultimo film di Goro Miyazaki e primo film in CGI dello Studio Ghibli, è previsto nelle sale italiane dal 21 luglio 2021. A placare gli entusiasmi dei fan dello studio d’animazione giapponese, in visibilio da mesi, la stroncatura della critica e gli incassi deludenti del botteghino statunitense, ribaditi dalla severa recensione del New York Times che ne ha sottolineato la bassa qualità dell’animazione e l’assenza di personaggi ispirati.

Come molti dei suoi predecessori, il nuovo titolo targato Studio Ghibli e diretto da Goro Miyazaki è tratto dal romanzo fantasy di Diana Wynne Jones (2011), scrittrice britannica famosa per Il Castello errante di Howl, di cui Hayao Miyazaki ha curato l’adattamento cinematografico.

Earwig e la Strega: la conversione “senz’anima” dello Studio Ghibli

Abbandonata in tenera età, la piccola Earwig cresce in un orfanotrofio, circondata dall’amore della direttrice, della sua insegnante e del suo migliore amico Budino. Abile manipolatrice, astuta nel piegare le persone alla propria volontà, Earwig si sforza di sembrare indesiderabile agli occhi delle possibili coppie adottive, convinta che la vita in orfanotrofio sia quanto di più vicino alla felicità. Quando all’istituto si presentano due tipi loschi e guardinghi, Earwig percepisce immediatamente l’aura magica del duo che la porta con sé in una piccola cittadina dell’Inghilterra. La bimba viene presto a conoscenza delle intenzioni della madre adottiva, la strega Bella Yaga, e dell’altro inquilino Mandragora, uno scrittore in crisi esistenziale poco incline alla socialità. La convivenza per Earwig sembra dura, finché non realizza di poter manipolare anche gli stregoni, imparando a gestire la magia con l’aiuto di un vecchio libro di incantesimi e un adorabile gatto nero.

Un incantesimo che lascia l’amaro in bocca

Tra pozioni, incantesimi stravaganti e magia a portata di mano Earwig e la Strega costruisce un’impalcatura instabile per sostenere il peso della narrazione. Le tradizionali animazioni dello Studio Ghibli vengono soppiantate da una computer grafica che tradisce le premesse dei noti capolavori a favore di un racconto lacunoso e graficamente anonimo. Le energie – e le speranze – sono riposte nella protagonista, la piccola Earwig, più matura dell’età che sembra avere e decisamente poco accattivante nonostante l’espressione corrucciata e i codini all’insù. A fallire è la mancanza di empatia con il progetto e i suoi personaggi, dovuta forse alla foga di concludere la cronaca degli eventi senza soffermarsi sul mistery background disseminato lungo l’intero corso della pellicola.

Earwig e la Strega è un film sostanzialmente incompiuto, impersonale, estraneo alla poesia degli antenati Ghibli che nel tentativo di aprire lo Studio a nuovi orizzonti ha fallito sotto il peso della veterana animazione firmata Miyazaki: Hayao Miyazaki.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.9