Due donne al di là della legge: recensione del film di Raffaele Schettino

Due donne al di là della legge, il film di Raffaele Schettino è un triangolo amoroso fra tradimenti e magia.

Mette in scena un triangolo amoroso d’ispirazione francese (alla Jules e Jim) con una triade inseparabile di protagonisti e gli “effetti collaterali” della Grande Guerra Due donne al di là della legge, il lungometraggio diretto da Raffaele Schettino, con lo stesso Schettino nel ruolo del personaggio principale e con Mara Calcagni e Sonja Birgit Berg come coprotagoniste, che interpretano due donne legate da qualcosa che va oltre un’amicizia spirituale fatta di complicità e letture, che è anche pratica dal momento che arrivano a dividersi un uomo nella pellicola indipendente realizzata in chiave tragicomica. Due donne al di là della legge affronta il tema dell’emancipazione femminile ripercorrendo liberamente una storia realmente accaduta nell’Italia del Sud all’inizio del secolo scorso. Raffaele Schettino è produttore, regista, cosceneggiatore (con Domenico del Mastro) e interprete del film distribuito da Groucho Cinema srl la cui uscita nelle sale italiane è fissata per il 19 maggio 2022.

Due donne al di là della legge: una straniera arrivata a sconvolgere la morale dei paesani

La vita in Italia tra le due guerre del Novecento è stata segnata da mutamenti sociali, scioperi, occupazione delle terre, ma anche dal cambiamento di valori, delle convizioni, in una società che iniziava a trasformarsi (donne lavoratrici/suffragio universale). Il film è ambientato nel 1919 ad Anditri (Irpinia). Marisa (Sonja Birgit Berg) è cresciuta in parte in Corsica, in parte in Sardegna; è la giovane figlia di un francese che viene ucciso da un’esplosione nella cava dove lavora come spaccapietre. La donna è istruita e trova la sua costante ispirazione nelle righe appassionanti e nelle parole vulcaniche di Sibilla Aleramo. Dopo la morte del padre viene provvidenzialmente assunta da Anna per tenere la contabilità della sua fattoria, così inizia a redigere le scritture contabili per la famiglia De Martino e ha finalmente la possibilità di sentirsi indipendente. Soprattutto non è più costretta a tornare con sua madre in Sardegna. Donato De Martino (Raffaele Schettino) e Anna (Mara Calcagni) formano una coppia serena che gestisce la fattoria sottratta ai latifondisti in cui ora lavora Marisa. La coppia aspetta con ansia un figlio che tarda ad arrivare.

Com’era prevedibile, l’uomo si innamora della bella Marisa e la giovane di lui e quando Anna scopre il tradimento si dispera. Ma il turning point fondamentale è l’arrivo di un figlio: ad aspettare un bambino da Donato non è sua moglie Anna, ma è l’amante Marisa.  A questo punto si accende il fantasticare del regista insieme al suo personaggio. Donato immagina la reazione delle donne dinanzi a una possibile sua scelta che escluda l’altra dalla propria vita. Potrebbe allontanare Marisa di cui è innamorato o, siccome la poligamia è reato, ripudiare Anna perché non riesce a dargli una discendenza. Intanto però Marisa sottrae Anna dall’ignoranza e le insegna a leggere; Anna cambierà il suo modo di vedere il mondo e il destino inizia a prender nota di una complicità inaspettata fra le due donne. Nasce un legame familiare singolare che riuscirà a soddisfare i desideri di tutti e tre i personaggi coinvolti che inevitabilmente attireranno le chiacchiere, i giudizi, gli sguardi torvi dei paesani e di tutti i paladini dei valori tradizionali…

Un triangolo amoroso fra tradimenti e magia

Tante cose non sono giuste. Quando è la relazione a cambiare, può capitare che ci si sforzi di cambiare. “Siamo solo comparse in questa natura, forse, è proprio così, è tutto un gioco”. Il regista affida, non a caso, al personaggio di Anna – una donna compassionevole che “cambia pelle” per amore – la forza di puntellare il cambiamento in atto. Nonostante lo spessore del tema affrontato, Schettino ha voluto che il film, di cui si apprezza nel complesso l’impulso di sperimentare, avesse una certa leggerezza che si coglie negli intenti genuini, nello script, nella gradevole colonna sonora di Francesco Schettino che segue al pianoforte i toni cangianti, negli stimoli visivi (con la presenza di una sorta di monaciello locale con cui si prova ad aggiungere un po’ di magia) e nello stesso temperamento giocoso del protagonista. Una leggerezza di concetto che finisce ineluttabilmente a scontrarsi con un ambiente non ancora pronto a riconoscere la diversità, non ancora pronto a tener conto dell’anima. Peccato però che una recitazione innaturale dei principali attori non ci risparmia la noia iniziale e che quanto si veda non aggiunga nulla di nuovo al già visto sull’illimitatezza del pensiero, l’importanza della conoscenza, il cianciare delle comari, ma continueremo a tenere sott’occhio questo regista le cui tecniche di ripresa fanno ben sperare come il finale del film che suggerisce provocatoriamente che non tutti i triangoli amorosi finiscono male!

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.4