RomaFF12 – Dreams by the sea: recensione

Dreams by the sea, recensione del film di Sakaris Stórá presentato ad Alice nella Città 2017, durante la 12ma Festa del Cinema di Roma.

Il meraviglioso paesaggio della Danimarca utilizzato come sfondo di un film a dispetto del luogo di appartenenza quanto mai meno affascinante, un percorso di maturazione chiaro e costruttivo di due diverse ragazze che devono scoprire la loro maniera di stare al mondo, ma totalmente incolore nei suoi inconsistenti contorni, privi di appiglio e di efficacia. Dreams by the sea è il film del regista di Winter Morning e Surman’tt, il nordico Sakaris Stórá, intento ad esplorare l’espressione dell’interiorità di un’amicizia che insieme saprà far maturare, senza temere di spiegare le ali per poter cominciare a volare da soli.

Un’empatia immediata scatta tra la religiosa Ester (Juliette Nattestad) e la tosta Ragna (Helena Heðinsdóttir), ragazze adolescenti di un minuscolo paese agli antipodi per caratteri e stili di vita. Dedita alla fede assieme alla sua intera famiglia la prima, costretta a prendersi cura di una madre depressa e di un piccolo fratellino la seconda, le giovani donne sapranno imparare l’una dall’altra uscendo dalla loro bolla di insicurezza, facendosi man mano spazio a vicenda per trascorrere unite atti di pura gioia o immenso dolore, sostenendosi con sentimento e flebili, ma importanti risate.

Dreams by the sea – Personaggi definiti per una sceneggiatura sfocata

dreams by the sea

Universi diversi che vanno ad incontrarsi su un terreno comune, quelli di Ester e Ragna, protagoniste di Dreams by the sea, piccolo film tra sviluppo e ribellione, transitorietà e soglia della vita adulta. Con brave attrici, la pellicola riesce a cogliere distintamente i caratteri e le differenze che vanno a definire le personalità e le anime agitate dei personaggi femminili, ben delineati e inseriti con criterio nella storia, la quale però manca di tensione giovanile e coinvolgimento emotivo.

Se i modi di essere di Ester e Ragna vengono inquadrati con precisione nella storia sceneggiata da Marjun Syderbø Kjelnæs, il rapporto delle due ragazze è però segnato da un’alta ambiguità che si pone costantemente altalenante, un legame mal designato in una consequenzialità che vede susseguirsi momenti di imbarazzo tramutato successivamente in affetto, diventando poi ancora una volta timido e impacciato.

Dreams by the sea – Una lentezza che incide sul film e sul cuore

dreams by the sea

A modellare la deludente costituzione dell’opera non è solo lo sfocato contorno dell’unione tra le protagoniste; la pellicola infatti sembra non riuscire mai a contrassegnare un decisivo stampo su cui ergersi e da questo poi ampliarsi, mantenendo un legiferante stato di torpore, che non manca di attanagliarsi direttamente sulle percezioni dello spettatore. I silenzi che dovrebbero urlare, che dovrebbero comunicare ciò che le protagoniste non sanno dire, non contengono la forza necessaria per esprimersi senza l’uso delle parole, aumentando in tal modo il distacco verso l’opera, che così rischia di essere tediosa in maniera quasi opprimente.

In un mondo dalla quale vorrebbero uscire, che troppo poco sembra offrire in quel paesello immerso in un accogliente verde, le ragazze osservano, scrutano, catturano con il proprio sguardo gesti e movimenti, posture e camminate, curiose di scoprire dove trovare il coraggio di evolvere il loro essere, comprendendo che diventare grandi a volte significa anche voltare le spalle a quel passato che ci ha formati. E purtroppo anche la parte più intima, in continuo tumulto, viene danneggiata nel film di Sakaris Stórá da una pesantezza di toni che incide sul dilatarsi di una lentezza che procede piano, indisturbata, ma incide gravosamente sulla pellicola e sul suo cuore pulsante.

I sogni delle protagoniste di Dreams by the sea si omologano così all’andamento della pellicola stessa, rimanendo inermi ai confini del mare.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

2.1