Dream: recensione del film sudcoreano Netflix

Humour, calcio e buoni sentimenti sono gli ingredienti della commedia sportiva sudcoreana diretta da Lee Byeong-hun, disponibile dal 25 luglio 2023 su Netflix.

Sport e Settima Arte hanno sempre legato alla perfezione i rispettivi DNA, anche quando gli esiti sullo schermo non sono stati dei migliori. Un’alchimia fortissima, quella che si viene a creare ogniqualvolta qualcuno da qualche parte del mondo ha deciso di mescolarli per dare vita a un prodotto audiovisivo, che è sempre andata oltre i risultati. Dal binomio e dall’incontro degli ingredienti che caratterizzano le due parti sono nate nei decenni migliaia di pellicole tutt’altro che perfette, ma capaci di conquistare per un motivo o per un altro lo spettatore di turno. Calcio e cinema nello specifico hanno intrecciato in più di un’occasione il proprio cammino, senza però, salvo rarissime occasioni come Best o Fuga per la vittoria, regalato opere indimenticabili destinate a rimanere impresse nella memoria collettiva. Tra i numerosi film a sfondo calcistico prodotti alle diverse latitudini ce n’è qualcuno che più di tutti ha conquistato le platee per il suo essere folle e fuori dagli schemi, divertente e volutamente incapace di prendersi sul serio. Per scovarli il pubblico ha dovuto setacciare nella sterminata produzione asiatica prima di andare letteralmente a sbattere prima con l’hongkonghese Shaolin Soccer poi con il sudcoreano Dream, quest’ultimo fresco di rilascio su Netflix, con la piattaforma a stelle e strisce che lo ha messo a disposizione dei propri abbonati dal 25 luglio 2023.

Dream si fa portatore sano di una strabordante follia cinetica e di un’anima comica perennemente sopra le righe

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Al di là della provenienza, le due pellicole dirette rispettivamente da Stephen Chow e Lee Byeong-hun condividono la medesima lucida e strabordante follia cinetica e un’anima comica perennemente sopra le righe che si vanno a mescolare a un immaginario che riporta la mente del fruitore diritta a Holly e Benji. Il ché dovrebbe a grandi linee lasciare intuire a cosa andranno incontro tutti coloro che decideranno di avventurarsi nella visione delle due ore e poco più dell’ultima fatica dietro la macchina da presa del cineasta sudcoreano, già autore del goliardico Twenty. In Dream, Lee Byeong-hun racconta le tragicomiche (dis)avventure dentro e fuori dal rettangolo di gioco di un calciatore dal temperamento rissoso e poco diplomatico di nome Yoon Hong-dae, che per riabilitarsi agli occhi dei tifosi e dell’opinione pubblica dopo un’aggressione a un giornalista è costretto a diventare l’allenatore della squadra nazionale che giocherà l’Homeless Football World Cup, ovvero la Coppia del Mondo dedicata ai senzatetto. Il tutto seguito dall’occhio invadente delle videocamere di una regista impegnata in un documentario chiamato contemporaneamente a raccontare l’impresa sportiva, risollevare le sorti degli ascolti della sua emittente e fare decollare la sua carriera.

Dream ripercorre, romanzando e con riferimenti a fatti e persone assolutamente casuali, gli highlights della prima partecipazione della nazionale sudcoreana all’Homeless Football World Cup

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Liberamente ispirato alla prima partecipazione della Corea del Sud nell’edizione 2010 del torneo tenutasi in quel di Budapest, il film ripercorre, romanzando e con riferimenti a fatti e persone assolutamente casuali, gli highlights tutt’altro che salienti della spedizione in terra ungherese, con la sgangherata ma combattiva squadra guidata da Yoon Hong-dae chiamata ad affrontare le diverse compagini provenienti da tutto il mondo tra cui la fortissima, nonché campionessa uscente, nazionale tedesca. Dream per segnare il goal e conquistare il cuore dello spettatore gioca letteralmente con i temi e gli stilemi del filone sportivo, disegnando sullo schermo la traiettoria sempre vincente di una commedia nella quale convergono e si fondono humour, calcio e buoni sentimenti. Ingredienti, questi, che insieme creano e alimentano una maionese impazzita di risate e spunti di riflessione. La parabola drammaturgica e narrativa del racconto ovviamente resta sempre la stessa, motivo per cui l’assenza di originalità non può che andare di pari passo con una certa prevedibilità negli sviluppi. Si assiste dunque al percorso di redenzione e cambiamento interiore dell’ennesimo campione scorbutico e cinico ma dall’indole bonaria, chiamato nel difficile compito di insegnare il calcio a una squadra inesperta e indisciplinata, ma soprattutto ad aprirsi finalmente alla vita e all’altro, che in questo caso non può che essere un variegato quanto problematico gruppo di losers e ultimi, ognuno vittima di scelte sbagliate, abbandoni, crisi familiari, isolamento e il silenzio assordante delle istituzioni.

Dream è un film che non è di certo per gli amanti del calcio champagne e delle giocate spettacolari, ma che sa intrattenere e fare riflettere

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Insomma nulla di nuovo se pensiamo a operazioni analoghe come possono essere Ted Lasso, Hardball o Stoffa da campioni per intenderci, con il tutto che ruota e si sviluppa intorno a una storia che parla con il linguaggio easy della commedia di seconde possibilità, riscatto e rinascita. La lista di sport-dramedy che presentano caratteristiche analoghe, seppur focalizzate su discipline sportive diverse dal calcio, è infinita. Di conseguenza le one-lines dei personaggi, così come il racconto nel suo complesso, non offrirà nessuna variazione sul tema, se non quella portarci per la prima volta – cinematograficamente parlando – alla scoperta di una manifestazione della quale probabilmente erano a conoscenza, vale a dire l’Homeless Football World Cup, l’unico torneo che mira dalla sua edizione inaugurale in Austria nel 2003 ad aiutare i senzatetto e cambiare la percezione che se ne ha. Dream infatti, oltre a rievocare la cronaca dell’impresa sportiva tra gag esilaranti e qualche battuta al vetriolo politicamente scorretta, allarga il proprio orizzonte narrativo svelando il retroscena di ciascun membro del team, compreso l’allenatore e la documentarista che li segue, qui interpretati da due divi di casa come Park Seo-joon e IU. Ciò permette a un film che non è di certo per gli amanti del calcio champagne e delle giocate spettacolari, al netto dei limiti su evidenziati, di raggiungere con simpatia ed empatia il suo intento, vale a dire quello di intrattenere e al contempo lanciare messaggi  di critica sociale non troppo sottile a chi sta dall’altra parte dello schermo, un po’ come era stato per il Crazy for Football di Wolfango De Biasi.

Dream: valutazione e conclusione

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Lee Byeong-hun ci porta alla scoperta dell’Homeless Football World Cup e lo fa rievocando la prima partecipazione della nazionale sudcoreana nel 2010 nel torneo dedicato ai senzatetto.  Il tutto passa attraverso la classica parabola sportiva dell’allenatore burbero e del team sgangherato, condito con dosi massicce di humour, calcio e buoni sentimenti. Una sport-dramedy divertente e a tatti commovente, inadatta agli amanti delle belle giocate e dei palati sopraffini, che regala però spunti di riflessione e risate. Tutti gli interpreti sanno stare al gioco, divertono e si divertono, compresi i divi di casa Park Seo-joon e IU. Regia, fotografia e suono non rubano l’occhio e l’orecchio dello spettatore, ma contribuiscono a loro modo alla causa di una confezione che si attesta su standard qualitativi accettabili.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.4

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