Dracula – L’amore perduto: recensione del film di Luc Besson

Presentato alla Mostra del Cinema di Roma 2025, il nuovo adattamento del racconto dedicato al celebre vampiro - qui interpretato da Caleb Landry Jones - sarà distribuito da Lucky Red a partire dal 29 ottobre

L’amore e la perdita, la resilienza, la determinazione, la reincarnazione dei sentimenti; Dracula – L’amore perduto è l’ennesima riproposizione di un mito immortale, questa volta riadattato in chiave smaccatamente romantica, concentrata sull’aspetto più sentimentale e idealizzato della vicenda del celebre vampiro. Dopo che il personaggio è stato impresso indelebilmente nella memoria collettiva da registi come Friedrich Wilhelm Murnau (1922), Terence Fisher (1958), Werner Herzog (1979) Francis Ford Coppola (1992) e Robert Eggers, che ha così aperto il 2025, Luc Besson tenta oggi di restituirgli un volto nuovo, umano e malinconico. Il film, scritto e diretto dal cineasta francese, segna il suo ritorno al cinema dopo Dogman (e il più recente, ma finora poco chiacchierato, June and John) e rappresenta una sorta di esperimento gotico-romantico che si muove fra horror e melodramma. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2025, nella sezione Grand Public, il film è una produzione franco-britannica distribuita in Italia da Lucky Red. Protagonista assoluto è Caleb Landry Jones – che conferma e rinnova il rapporto stretto con il regista, dopo lo stesso Dogman – affiancato da Zoë Bleu Sidel nel doppio ruolo di Elisabeta e Mina, Matilda De Angelis nei panni della vampira Maria e Christoph Waltz in quello del prete, figura simbolica che sostituisce il tradizionale Van Helsing (Anthony Hopkins nella versione di Coppola). Le musiche di Danny Elfman e la fotografia di Thierry Arbogast completano un impianto visivo fortemente teatrale, in cui Besson volge la leggenda di Bram Stoker in un racconto di amore eterno e condanna spirituale.

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L’eternità di un’amore perduto

Dracula - L'amore perduto cinematographe.it

Nel XV secolo, il principe Vladimir (Caleb Landry Jones) assiste impotente alla morte della moglie Elisabeta (Zoë Bleu Sidel), assassinata durante un assedio in Transilvania. Disperato, rinnega Dio e accetta la maledizione che lo condanna all’immortalità, divenendo l’essere che il mondo conoscerà come Dracula. La prima parte del film si concentra su questa genesi tragica, sull’uomo che diventa mostro e sull’ira che lo separa dal divino. Secoli dopo, in una Parigi fin de siècle intrisa di nebbia e decadenza, Vlad si imbatte in Mina, giovane donna che porta il volto della sua amata perduta. È davvero lei, o soltanto un’illusione nata dall’eternità e dal rimorso? Da qui si dipana un intreccio che alterna visioni, sogni e risvegli, in un continuo gioco di specchi fra passato e presente. L’incontro tra i due riaccende nel vampiro la speranza e insieme la condanna: l’amore come redenzione e come trappola, un legame che attraversa il tempo ma non trova mai pace. Senza svelare oltre, la narrazione di Besson si muove tra il misticismo e il romanticismo, sostituendo la paura con la malinconia e l’orrore con il desiderio di eternità.

Dracula – L’amore perduto: la romanticizzazione dell’orrorifico

Dracula - A Love Tale Cinematographe.it

Besson, come Guillermo del Toro nel suo recente Frankenstein, si misura con la figura del “mostro” per umanizzarla. Dracula – L’amore perduto non è un film dell’orrore, ma un dramma romantico travestito da gotico, in cui il sangue diventa metafora dell’amore che consuma e che non si estingue. La vicenda parla di perdita, attesa, eternità e del conflitto fra il divino e il demoniaco, che qui non si escludono ma coesistono, confondendosi nell’atemporalità. L’amore sfida la morte, ma anche la logica, e dilata il tempo fino a renderlo prigione. Se Coppola aveva già intravisto questa dimensione passionale, Besson la esaspera, scegliendo la via del sogno e del simbolo. Il film si popola di figure oniriche e grottesche — gargoyle, visioni infernali, profumi magici — che evocano un immaginario più fantastico che orrorifico, sostenuto da una messa in scena ricca e barocca. Il regista impiega tutta la sua esperienza tecnica per costruire un’opera visivamente potente, ma talvolta autoreferenziale. La bellezza formale, le scenografie maestose e l’uso della luce dominano il racconto, spesso a discapito della tensione emotiva e della coerenza narrativa.

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Dracula – L’amore perduto: valutazione e conclusione

Dracula Christoph Waltz cinematographe.it

Dracula – L’amore perduto è un film affascinante ma irrisolto. Besson cerca un nuovo punto di vista, ma non riesce del tutto a liberarsi dal peso dei suoi predecessori: ogni scena sembra dialogare con le versioni di Coppola, Herzog o Murnau, senza però offrire una vera rivelazione. L’opera convince più sul piano estetico che su quello emotivo: la CGI, le scenografie e la colonna sonora sostengono un immaginario potente ma, nel complesso, un po’ incoerente. Caleb Landry Jones regge magnificamente il ruolo del vampiro, alternando follia e struggimento, mentre Matilda De Angelis offre una delle prove più convincenti della pellicola, incarnando una vampira fragile e disturbata, quasi affetta da doppia personalità. Meno incisivi gli altri: Christoph Waltz è elegante ma sprecato, Zoë Bleu non affonda e rischia di perdersi invece che nel suo doppio, in un anonimato difficile anche da concettualizzare. Il problema principale è forse la mancanza di un’autentica novità: Besson racconta bene una storia che conosciamo già, ma non la rinnova davvero. La sua scelta di allontanarsi dal consueto impianto dark, in favore del fantastico e del melodrammatico è coerente con la chiave romantica, ma finisce per contraddirsi sul piano tematico. Resta un film visivamente e tecnicamente convincente ma che, come il suo protagonista, sembra vivere in un limbo tra passione e morte, tra cinema e sogno, tra ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere.

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Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2