Double World: recensione del film di Teddy Chan

La recensione del fanta-action di Teddy Chan, tratto dall’omonimo videogame dello studio Giant Network. Dal 25 luglio su Netflix.

Per molti addetti ai lavori, noi compresi, il nome di Teddy Chan è una certezza quando si tratta di cinema d’azione. L’eco del successo di adrenalinici film come Kung Fu Jungle e Bodyguards and Assassins lo precedono e ne certificano la qualità. Certezze che nel caso della sua ultima fatica dietro la macchina da presa dal titolo Double World, trasposizione cinematografica dell’omonimo videogame sviluppato dallo studio Giant Network, vacillano e non poco, senza però mettere in discussione le indubbie capacità del cineasta cinese e quanto da lui fatto in passato. Questa volta Chan paga il passaggio al fantasy, decisamente non nelle sue corde, a giudicare da quello che abbiamo potuto vedere su Netflix, laddove la pellicola è approdata dal 25 luglio.

Double World: un fanta-action con dosi massicce di computer grafica e pochi guizzi marziali

È chiaro e lampante che nel DNA del cinema di Chan, la componente action prende forma e sostanza seguendo le linee guida di un modus operandi ben diverso da quello utilizzato in  Double World. Abituato da sempre a un approccio semi-realistico del genere in questione, seppur esasperato da un punto di vista spettacolare dalla messa in quadro, qui al contrario l’uso massiccio della computer grafica (si parla di quasi l’80% delle scene realizzate grazie all’ausilio di effetti speciali per un budget complessivo che potrebbe aver superato i 43 milioni di dollari) lo ha aiutato tecnicamente, ma sospettiamo che non lo abbia fatto sentire veramente a suo agio.

La riprova viene dal fatto che ogni volta che nella timeline si è palesata l’opportunità di dare libero sfogo a una componente marziale epurata dall’elemento fantasy, supportata semmai dall’uso del wirework tanto caro ai wuxiapian e ai martial arts action old style, l’asticella in qualche occasione è tornata a salire come ai bei vecchi tempi. E ci riferiamo alla resa dei conti finale, al cat fight tra le schiave nella gabbia o al primo round nell’arena con il pavimento di corde d’acciaio e le palle di pietra extralarge, in quello che per quanto ci riguarda rappresenta il meglio offerto dal film. Lì il regista cinese rispolvera il meglio del suo repertorio marziale, quello ammirato in tema di period-drama in Bodyguards and Assassins.

In Double World la minaccia non è soltanto umana, con i protagonisti che se la dovranno vedere con creature mostruose e foreste infestate

Double World cinematographe.it

Per chi non avesse dimestichezza con il videogioco che ha ispirato la pellicola, trattasi di un multiplayer online che conta oltre 300 milioni di giocatori nel mondo. La storia è ambientata nelle pianure centrali. In questo fantastico mondo, Nan Zhao Guo (Mark Cheng), un disertore che per difendersi dal sempre più potente capo delle guardie imperiali Bei Yan (Ming Hu), decide di organizzare un torneo per decretare i migliori guerrieri in circolazione. La notizia arriva anche in un remoto villaggio e un giovane decide di nome Dong YiLong (Henry Lau) di volersi mettere alla prova in questo violento combattimento.

Da qui gli sceneggiatori  Fendou Liu e Ning Wen hanno tratto il classico plot adventure-action storico, calato in una dimensione fantastica che catapulta i protagonisti in un mondo nel quale la minaccia non è solo umana, ma anche mostruosa, con foreste infestate da piante carnivore, serpenti con teste di drago e scorpioni giganti. Creature, queste, che il più delle volte appaiono posticce, poiché la resa visiva non è sempre all’altezza della situazione, come invece accade nella saga di Detective Dee di Tsui Hark.

Base narrativa sterile, personaggi bidimensionali e linea mistery esile

Double World cinematographe.it

Ciò non consente al risultato di attestarsi su quei livelli medio-alti ai quali un veterano come Teddy Chan è solito arrivare. Lo show è assicurato solo da quei guizzi tecnici citati in precedenza, peccato che si manifestino sullo schermo con il contagocce e dopo il 40° minuto. Troppo poco per risollevare le sorti di un film che anche sul versante della scrittura non brilla, offrendo allo spettatore un base narrativa e drammaturgica piuttosto sterile, animata da personaggi bidimensionali e da dinamiche machiavelliche di potere meno intricate di quelle che abitualmente alimentano storie come queste.   

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 1.5

1.9