Dieci Minuti: recensione del film di Maria Sole Tognazzi

Barbara Ronchi, Margherita Buy e Fotinì Peluso sono le protagoniste di Dieci Minuti, il nuovo film di Maria Sole Tognazzi. Storia di crisi e rinascita, dal romanzo di Chiara Gamberale, nelle sale italiane il 25 gennaio 2024.

Liberamente tratto dal romanzo di Chiara Gamberale “Per dieci minuti” – edito da Feltrinelli nel 2013 – Dieci Minuti, il nuovo film di Maria Sole Tognazzi, scritto insieme a Francesca Archibugi e interpretato da Barbara Ronchi, Margherita Buy, Fotinì Peluso, Alessandro Tedeschi e non solo, arriva nelle sale italiane il 25 gennaio 2024 per Vision Distribution. Storia di crisi e rinascita, di coraggio e inclinazioni fuori dagli schemi. Visti i nomi si parlerà, è inevitabile se ci si concentra solo sulla superficie delle cose, di operazione al femminile. Vale come amo di marketing – è discutibile anche questo – ma per il resto è uno stereotipo che non fa bene al film e al suo sguardo. Perché qui si parla di perdita, abbandono, curiosità e rinascita, tenendo conto dei bisogni e delle aspirazioni di tutti i personaggi. Ed è al pubblico che si rivolge, il film, non a questo o a quel segmento.

Dieci Minuti: una terapia fuori dagli schemi

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La crisi esistenziale di Bianca (Barbara Ronchi) comincia con la fine brutale, perché improvvisa, perché davvero non si era accorta di nulla, del suo matrimonio con Niccolo’ (Alessandro Tedeschi). Il problema è che Bianca viveva in simbiosi con il compagno. Il problema è che Bianca – fa la giornalista, con tanto di rubrica e un mucchio di ambizioni letterarie fin qui inespresse perché il talento c’è ma manca la curiosità – nega la realtà. Troppo presa dai suoi problemi per notare le cose che le accadono intorno, incapace di affrontare la vita senza il filtro di visioni preconcette e bugie consolatorie. Riconoscere il principio di realtà è il primo passo per rinascere alla vita, sottolinea la dottoressa Brabanti (Margherita Buy).

La dottoressa Brabanti è la terapeuta che la prende in cura dopo l’ultimo episodio, quello che la spinge sull’orlo dell’abisso. Ha un carattere particolare, non è come uno se la aspetta, è brusca, non conformista, molto creativa. Sistema di fronte alla scrivania una sedia difettosa ed è proprio da lì, dal modo in cui si comporta il paziente in relazione alla sedia, che lei inevitabilmente comincia con il suo lavoro. Bianca non si accorge dell’imperfezione, si siede inconsapevole. Sia la sedia la spia del suo disagio, o una malcelata condanna del suo egoismo (talmente presa dai suoi problemi da non preoccuparsene), la dottoressa Brabanti, superato il primo colloquio, propone una terapia insolita, del tutto intonata al suo gusto di professionista avvezza a cose fuori dagli schemi. La terapia dei dieci minuti.

Dieci minuti della giornata – un’abitudine da coltivare con estrema cura – da consacrare a esperienze nuove, diverse, folli, coraggiose. Si tratti di partecipare al funerale di uno sconosciuto, o rubare un vestito, quello che conta è che Bianca impari ad aprirsi alla novità e cominci ad allontanarsi da sé, dai suoi legittimi bisogni ma anche dalle trappole di uno sguardo chiuso, autoreferenziale. Per ripartire occorre ascoltare e lottare per essere ascoltati. Ma Dieci Minuti non è solo il percorso di Bianca. C’è una rete di protezione intorno, che la accoglie e la protegge; il film è anche questa storia. La regia di Maria Sole Tognazzi cerca di dare il buon esempio adottando diligentemente lo sguardo largo, inseguendo verità e integrità nel carattere e nelle motivazioni di ognuno. Vale per Nic come per Jasmine (Fotinì Peluso), la coraggiosa e tenace sorella che Bianca conosce nel momento giusto della sua vita.

Un film coraggioso nella definizione dei caratteri, meno nei toni

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Foto Luisa Carcavale.

Nella deliberata ambiguità della formula, “liberamente tratto da”, c’è, se non tutto, sarebbe presuntuoso, comunque molto. Dieci Minuti mantiene, nelle intenzioni di Maria Sole Tognazzi e Francesca Archibugi, un rapporto deferente con la fonte, il romanzo venato d’autobiografia di Chiara Gamberale, non alterandone l’impianto narrativo o la filosofia. Si concede le sue libertà, audacemente lavorando sui toni, portando storia e personaggi lontani dal perimetro originale, che per la scrittrice romana era questione di commedia e leggerezza. Il film è molto più incline ad assecondare una malinconia puntellata da sprazzi di umorismo, levità e brutale sincerità, espressi per lo più dalla coppia Fotinì Peluso e, soprattutto, Margherita Buy.

Che si diverte, molto, con la sua dottoressa dal brusco carattere e dal portamento anticonvenzionale. Lateralmente, Dieci Minuti fa l’elogio dei bravi maestri e delle brave maestre; si può insegnare solo se si ha il coraggio di essere veri e fuori dagli schemi. Vale a maggior ragione per l’approccio per niente istituzionale della sorella ritrovata Fotinì Peluso, che maschera le sue fragilità dietro una disinvoltura senza fronzoli, proprio quello che serve a Bianca per uscire dal guscio. Barbara Ronchi regala alla protagonista una dignità dolce e un approccio misurato, lavorando sul sottile equilibrio tra pudore ed esteriorità del dolore, per evitare accenti melodrammatici e morbosità compiaciute. Le sta accanto Alessandro Tedeschi, il compagno a tre dimensioni. Il film ha tempo e modo di indagarne l’intimo e le motivazioni. Non si lascia indietro nessuno.

Questa è la forza di Dieci Minuti, lo sguardo largo di Maria Sole Tognazzi e Francesca Archibugi, a superare i limiti delle pigre etichette e delle visoni preconcette. Oltre lo stereotipo del film al femminile – se ha valore e difficilmente ne ha, solo dal punto di vista dell’operazione produttiva – la storia concede a ciascuno “la tragedia delle sue ragioni” (copyright Jean Renoir). E se parla di forza e debolezza, cercando di scavare nel senso delle parole per trovare una verità più ostica e niente affatto conciliante, la sua debolezza è proprio nei toni. I dieci minuti sono questione e prova di coraggio, follia, rigore, disciplina spirituale. Il film si concentra sulla crisi esistenziale di Bianca, sulle sue lacrime, sul suo coraggio, ma non cerca mai di affondare i denti sulla rabbia, l’umorismo involontario, la creatività del percorso. A Dieci Minuti manca l’anticonformismo della dottoressa Brabanti. Si ritrae, forse per eccesso di pudore. In ogni caso, un’occasione mancata.

Dieci Minuti: valutazione e conclusione

Dieci Minuti ha i contorni del giallo esistenziale. Maria Sole Tognazzi e Francesca Archibugi scompongono il tempo della storia muovendosi continuamente avanti e indietro, tra un presente di rinascita e un passato di stasi esistenziale. Il mistero di Bianca, di tutti i personaggi, è restituito da uno sguardo benevolo e largo, largo il più possibile, perché si tratta di concedere a ognuna(o) il beneficio del dubbio. Il film è coraggioso nelle caratterizzazioni, meno nei toni. Con un pizzico di audacia in più, il mix di dramma e commedia e l’umorismo malinconico e timidamente disperato avrebbero regalato alla storia più coerenza e un respiro grande.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.6