Degas – Passione e perfezione: recensione del documentario di David Bickerstaff

Un documentario straordinariamente bilanciato che mai asseconda pruriti salottieri, inutili revisionismi o eccessi biografici.

Con il documentario Degas – Passione e perfezione, il regista David Bickerstaff esplora il Fitzwilliam Museum di Cambridge in occasione della mostra dedicata al genio creativo di Edgar Degas, in un viaggio colto e dall’immagine di qualità quasi plastica condotto insieme alla curatrice Jane Munro e al direttore del museo Tim Knox.

Edgar Degas – il cognome è il risultato di un’univerbazione di de Gas, da lui voluta per camuffare le origini aristocratiche – è spesso annoverato nei manuali di storia dell’arte come uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, ma la sua adesione al movimento fu parziale e problematica. Degas stesso rifiutava l’etichetta d’impressionista, non era interessato alle pitture en plein air e rimase sempre deferente nei confronti dell’Accademia, in particolare di colui che considerava il suo maestro, Jean-Auguste-Dominique Ingres.

Degas, artista ossessivo e maniacale, posseduto dal demone del perfezionismo

Per il grande pittore e scultore parigino, la formazione continua era un elemento essenziale di miglioramento e l’arte poteva essere tutto fuorché spontanea: uno dei grandi meriti di questo film-documentario è quello di mettere bene in chiaro che l’idea romantica di genio è un mito come tanti e di certo Degas non corrispondeva all’immaginario dell’artista dal tratto facile e rapinoso, dall’estro subitaneo e veloce. Alle sue opere lavorava, infatti, con un’attenzione maniacale, pungolato da un demone di perfezionismo ossessivo che non gli permetteva di intravedere mai la fine del lavoro. Oltre all’arte, Degas aveva interessi modesti e discontinui: non gli premeva fare vita sociale né intrattenere relazioni amorose e le sue, non a caso, furono sempre, oltre che poche e di breve durata, di carattere prevalentemente mercenario. È il tarlo dell’insoddisfazione ad essere il motore di una personalità sì carismatica, ma non per questo priva di spigoli e di ombre.

Se Ingres, il suo modello, lisciava e nettava la superficie dei corpi dei suoi soggetti, Degas intendeva riprodurne la sensazione tattile per permettere agli osservatori delle sue opere di percepire, insieme sensorialmente e sensualmente, i corpi rappresentati. Le sue ballerine, raffigurate non nella tensione performativa, ma nella rilassatezza malinconica del prima o del dopo, s’identificano pienamente con i loro corpi, con la materia della loro organicità prona al disfacimento: artista in questo senso anti-idillico e non astrattivo, Degas trasferì nel gesto pittorico il groviglio di pulsioni complesse e disturbate che caratterizzò la sua relazione con il femminile, ammirato e temuto in ugual misura.

La relazione difficile con le donne, insieme amate e temute

Relazione difficile, complessata quella con il mondo femminile, che paradossalmente fu, però, il suo eterno magnete, l’interesse artistico innegabilmente prioritario: David Bickerstaff indaga le difficoltà private dell’artista, un uomo che, svestiti i panni di pittore e scultore, non riusciva a gestire il rapporto con l’altro sesso su un piano di parità e, per questo, al di là degli obblighi sociali, le sue relazioni con le donne erano quasi esclusivamente regolate dal denaro. Venivano pagate le modelle che dipingeva, le prostitute che frequentava nei bordelli – di cui era gran conoscitore – e la governante Zoe che si occupava di lui e delle sue questioni domestiche. Anche nei confronti dell’unica donna con cui interagiva senza che vi fosse la mediazione del denaro, la sua talentosa allieva Mary Stevenson Cassatt, mantenne sempre un atteggiamento di estrema, paranoica prudenza.

Ma la misoginia non fu l’unica stortura di un’indole che, col passare del tempo, non fece che inasprirsi: quando scoppiò l’affaire Dreyfus, Degas si schierò contro il militare ebreo ingiustamente accusato di tradimento e non risparmiò manifestazioni di antisemitismo e intolleranza nei confronti dei nuclei etnici non allineati al corpo sociale maggioritario. Oltre ai suoi sentimenti nazionalistici, il documentario ricorda, pur senza indugiarvici morbosamente, come l’artista chiuse la sua vita in un’inaccessibile solitudine, vittima della sua stessa ostilità nei confronti del mondo e degli altri esseri umani.

Degas – Passione e perfezione, un documentario in equilibrio tra rigore scientifico ed esigenze del racconto

Degas – Passione e perfezione Cinematographe.it

Degas – Passione e perfezione è, così, un documentario straordinariamente bilanciato che mai asseconda pruriti salottieri, inutili revisionismi o eccessi biografici, mantenendo il suo focus principale sull’opera e non sull’uomo dietro di essa: tuttavia, qualcosa manca, forse una drammatizzazione più mobile e vibrante nello story-telling, che talvolta, sconta, in termini di ritmo, la sua programmatica sobrietà. Certo è che la qualità della fotografia supporta la parola critica, l’esegesi dell’opera artistica e il racconto storico in modo sempre impeccabile e lo spessore materico dell’immagine portata in scena non tradisce, anzi evidenzia con una sottolineatura elegante, la lezione ‘carnale’ del maestro Degas.

Degas – Passione e perfezione, il film documentario prodotto da Nexo Digital, è nelle sale italiane il 28, 29 e 30 gennaio 2019.

Regia - 3
Fotografia - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.8