Crimes of the Future: recensione del film di David Cronenberg

Con Crimes of the Future David Cronenberg torna a parlare di corpi, tecnologia e sessualità. Con Viggo Mortenes, Léa Seydoux e Kristen Stewart. Nelle sale italiane il 24 agosto 2022.

David Cronenberg va avanti, guardandosi indietro. Crimes of the Future, in sala in Italia il 24 agosto 2022 per Lucky Red dopo il passaggio al Festival di Cannes 2022, mette il geniale e provocatorio autore canadese ancora una volta faccia a faccia con le sue principali ossessioni, tematiche e stilistiche: una radicale politica dei corpi, il rapporto tra organico e inorganico, la celebrazione di una sensualità altra, il rifiuto delle scorciatoie e del cinema appiattito sul presente.

Crimes of the future cinematographe.it

Il cast è importante e intonato al prestigio dell’operazione. Viggo Mortensen nel più auspicabile dei ricongiugimenti, Léa Seydoux, Kristen Stewart. Degli altri si parlerà tra poco. Si torna a parlare di body horror, formula interessante ma da maneggiare con cura. L’etichetta fornisce un’indicazione di carattere generale; il modo migliore di servirsene è consumandola in fretta. Crimes of the Future, per sensibilità e preoccupazioni molto vicino ai tardi anni Novanta di Crash (1996) e di eXistenZ (1999), è un titolo che a Cronenberg deve piacere molto perché così si chiamava anche uno dei suoi primi film, 1970 o giù di lì. Le somiglianze tra i due lavori però finiscono qui.

Crimes of the Future: nuovi organi, nuovo sesso, nuovi crimini, nuovo mondo

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Nel mondo di domani, il tempo di Crimes of the Future è un futuro non si sa quanto distante ma in grado di farsi capire quando parla, un mondo plasmato dal collasso ambientale e dal degrado, qualcosa di molto interessante succede al corpo umano. Spariscono il dolore e il rischio di contrarre infezioni, questo è un bel problema, perché se non ci sono più sentinelle a misurare con precisione limiti e finitezza dell’esistenza, capire cosa significhi essere umano diventa molto più complicato. Ma non basta. La biologia impazzita, o magari soltanto pronta a fare un altro passo avanti, consente ad alcuni di realizzare l’impossibile (fino ad ora, impossibile). Una di queste persone è Saul Tenser (Viggo Mortensen).

Saul è famoso in tutto il mondo perché il suo corpo ha sviluppato la capacità di produrre nuovi organi. Che si tratti di una benedizione o di una bomba tumorale da tenere sotto controllo, Saul vive una vita a scarto ridotto, assistito da prodigi della biotecnologia, letti e sedie senzienti in grado di adattarsi ai suoi parametri vitali e facilitargli le cose, per quanto è possibile. Saul è un performance artist e lavora in coppia con Caprice (Léa Seydoux), la cui traiettoria professionale è sala operatoria – Yoko Ono sola andata. Star indiscusse della chirurgia da salotto, perché in un mondo in cui non c’è più spazio per dolore e infezioni, agire sul corpo umano ha tutto un altro sapore. Caprice opera da remoto, interviene sul mistero evolutivo di Saul sezionandone e asportandone i neo-organi per offrirli all’attenzione di un pubblico adorante e interessatissimo. Il corpo cambia e con lui il pensiero che gli sta attorno. Il gesto chirurgico ne ridefinisce limiti e possibilità, lo carica di nuovo significato e si fa gesto artistico. La chirurgia è la nuova arte, ma è anche il nuovo sesso, come suggerisce lucidamente Timlin (Kristen Stewart).

Timlin lavora con Wippet (Don McKellar) nella National Organ Registry, agenzia governativa incaricata di tracciare i mutamenti evolutivi e catalogare i nuovi organi. Caprice ci porta Saul a “brevettarsi”. Timlin, nervosa e abbastanza inquietante, rimane soggiogata dalla provocazione artistica della coppia e non può fare a meno di notare come tutto questo gioco di corpi e di contatto, di mani affondate nella carne, esprima un’incredibile tensione erotica. Crimes of the Future è in effetti storia di un mondo nuovo. Nuovo sesso, nuova biologia, nuova arte, nuova chirurgia, nuova Buoncostume, come quella di cui fa parte il detective Cope (Welket Bungué). Il potere costituito guarda con sospetto i cambiamenti. Questa è la ragione per cui Cope contatta Saul, per convincerlo a infiltrarsi in una cellula di evoluzionisti. Il suo leader, Lang Dotrice (Scott Speedman), ha trovato il modo di convertire il proprio apparato digerente adattandolo a materiali plastici. Quello che in Lang era sforzo e manipolazione artificiale, per il figlio, Brecken (Sozos Sotiris), appare invece conseguenza di una sbalorditiva legge di natura. La cosa è tanto sconcertante che sua madre (Lihi Kornowski), inorridita dal vederlo mangiare un cestino dei rifiuti con la stessa disinvoltura con cui l’uomo medio si avventerebbe su un panino, lo uccide, perché non vede umanità in lui. La morte di Brecken e il mistero della sua biologia sono il cuore tematico di Crimes of the Future. Nuovo mondo, nuovi crimini.

Crimes of the Future usa i corpi per parlare di molte altre cose

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Come cambia il corpo e quanto gusto ha David Cronenberg a raccontarcelo. Crimes of the Future è in realtà un film meno nostalgico di quanto non suggeriscano le sue ambiziose premesse. Perché, certo, il focus insistito sul rapporto tra corpo e tecnologia e l’esplorazione di parentesi di sessualità inedite e molto creative riportano a precedenti tappe del percorso autoriale del nostro eroe. Altrettanto vero è che il film cerca di armonizzare le preoccupazioni stilistiche e tematiche di ieri con il tono più cerebrale e controllato degli ultimi film. L’incontro tra la fisicità nervosa e dolente di Viggo Mortensen, l’inquietudine non proprio calibratissima di una Kristen Stewart contemporaneamente al centro della scena e fuori l’eleganza sofisticata di una sempre bravissima Léa Seydoux fa da cartina tornasole per l’intreccio di piani di lettura della storia.

La maggior parte delle (tante) cose che ha premura di raccontarci, Crimes of the Future le contrabbanda ai margini dell’inquadratura. Il corpo che cambia e manda in soffitta conquiste millenarie dell’evoluzione è il geniale e diabolico passepartout di cui il film si serve per mettere in discussione il concetto stesso di umanità. Se le dimensioni standard della vita così come la conosciamo assumono forme nuove, fino a che punto possiamo spingerci per parlare di umano/non umano? Soprattutto, cosa è umano e cosa no? Film evoluzionista e divertito di esserlo, Crimes of the Future riflette sul ruolo dell’arte nella società, sull’idea e il senso stesso di performance. Senza nominarle direttamente, allude a società e fragilità ambientali, al senso di precarietà che condiziona l’esistenza generale.

Lo fa evocando un’apocalisse non del tutto rassegnata. D’altronde, all’interno della silenziosa guerra civile orchestrata dal film tra chi alza barricate e chi invece accetta il cambiamento – a modo loro anche Saul e Caprice, rivestendo di contenuto artistico la rimozione dei “tumori”, dimostrano di aver trovato una maniera per venire a patti con la novità – la bilancia di David Cronenberg sembra pendere leggermente verso chi si lascia cullare dalla fluidità dell’esperienza. Il matrimonio tra natura e plastica è oscuro e complesso, possibile solo al prezzo della perdita di una purezza (ambientale) originaria, ma la morale della favola di Crimes of the Future non è scevra di un certo grado di filosofica accettazione. Il problema è che, per un film così in sintonia con il cambiamento e la radicalità di certe posizioni, Crimes of the Future tende ad appoggiarsi, a livello di struttura e di atmosfere, al già visto e già sentito. Esiste anche per questo tipo di cinema un già visto e già sentito. A conti fatti, un Cronenberg interessante, anche abbastanza prevedibile ma purtroppo un po’ spento.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8