Cotton Queen: recensione del film da Venezia 82

Il primo lungometraggio di Suzannah Mirghani, fra realismo poetico e sguardo anticolonialista

Cotton Queen di Suzannah Mirghani, in concorso alla Settimana Internazionale della Critica, porta all’ottantaduesima edizione del Festival del Cinema di Venezia, un coming of age, ambientato in Sudan, che si muove fra realismo poetico e sguardo anticolonialista.

Cotton Queen Cinematographe.it

In un campo di coltivatori di cotone, in Sudan, la giovane Nafisa affronta il passaggio all’età adulta, mentre il figlio di un imprenditore agricolo inglese tenta di vendere al villaggio dei semi di cotone geneticamente modificati, che dovrebbero portare un maggior sviluppo, ma rischiano di rendere l’intera economia del luogo dipendente dall’azienda dell’uomo. I genitori della ragazza vedono di buon occhio il cambiamento, mentre la nonna Al-Sit, ricordata come un’eroina della lotta contro i colonizzatori britannici, vorrebbe rimanere legata ai tradizionali metodi di coltura.

Cotton Queen. Il corpo femminile come campo di battaglia

Mirghani, oltre a essere una regista è anche una ricercatrice universitaria e infatti in questo suo primo lungometraggio si può notare un piglio socio-antropologico di matrice accademica. Il fulcro tematico del film è il rapporto fra un corpo femminile che rischia sempre di essere sottoposto al dominio di varie forze esterne e una terra che, ancorché decolonizzata, rischia sempre di finire sotto il giogo dei vecchi colonizzatori, attraverso le nuove armi offerte dal capitalismo biotecnologico. Lungo questa direttrice si scontrano così diverse forme di potere, che di volta in volta tentano la protagonista, in cerca di una libertà autodeterminante. In particolare, a riguardo, è interessante come la Mirghani delinei il rapporto fra la ragazza e l’anziana Al-Sit, che da un lato funge da specchio per la costruzione identitaria di Nafisa e dall’altro, con il suo legame a una tradizione spesso opprimente, finisce per offrire alla giovane una libertà priva di reale autodeterminazione.

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É come se la regista volesse raccontare, per associazione, la storia di una terra combattuta da due diverse tensioni. Da un lato quella volta a riscoprire e vivere secondo un pensiero magico antiscientifico e naturalista, affascinante ma non privo di una dimensione opprimente e fatalista, soprattutto per le donne. Dall’altro vi è invece la sirena del progresso occidentale, che potrebbe portare a un miglioramento delle condizioni di vita, al prezzo di una libertà tutto sommato riconquistata solo di recente. La soluzione della questione non è facile, né scontata.

Cotton Queen. Valutazione e conclusioni

Da un punto di vista tecnico la messa in scena si presenta ben studiata e improntata a dei ritmi rarefatti. L’autrice si prende il lusso di raccontare piccoli momenti privati della protagonista, di mostrare usanze e costumi della società sudanese. Ma soprattutto attraverso un’attenta costruzione dello spazio scenico, la Mirghani racconta, con stupore e gusto, una natura invasa dalla luce e dal rigoglio vegetale. Il ritmo della storia si fa sempre più contemplativo man mano che il film procede e il montaggio spesso alterna, senza soluzione di continuità, scene reali a scene oniriche, in cui immaginario tribale e spunti fantastici cinefili si amalgamano in quadri dal forte impatto visivo. La povertà è presente, ma passa in secondo piano, nel momento in cui i vari personaggi vengono riassorbiti da quadri invasi dai riverberi del sole e dal fruscio delle fronde. I dettagli insistiti del cotone ci rimandano al concetto di purezza, che a sua volta si lega al tema del corpo femminile, inteso come campo di battaglia ideologico per una forma di libertà, sia individuale che collettiva.

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In definitiva si può sostenere che Cotton Queen sia un ottimo film d’esordio, che si inserisce alla perfezione nella recente ondata di film di giovani autori africani – la Mirghani è russa-sudanese – in grado di rielaborare la tradizione del cinema africano – come quello di Moustapha Diop o di Adama Drapo – alla luce delle più moderne tendenze autoriali occidentali, per raccontare il lento, complesso e difficile processo di decolonizzazione e di recupero della propria identità messo in atto da parte dei popoli africani.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3