Chi è senza colpa: recensione

Chi è senza colpa? Viene spontaneo concludere la frase con un bel punto di domanda, ma nel film di Michael R. Roskam questo dettaglio grafico non è previsto.
Presentato al Festival del Cinema di Roma, The drop (titolo originale del film) è tratto dal romanzo di Dennis Lehane Chi è senza colpa, nelle sale dal 19 marzo 2015.

La telecamera apre il sipario di una prospettiva di vita bassa e nefasta, instabile quanto il mondo riflesso in uno specchio d’acqua al calar della notte e trucida come le scarpe che scorrono tra le vie della malavita. La stessa che viene narrata dal protagonista Bob Saginowski (Tom Hardy) che, senza peli sulla lingua, ci mette davanti al dato di fatto della malsana condizione in cui riversa la cittadina. Da questo momento in poi non si potrà più fare a meno di stare in tensione, anche solo per la chiusura brusca di un cassonetto.
Uno sfondo decisamente slow ma eccessivamente pesante, come se ogni personaggio fosse sottoposto a un terzo grado interiore ed esteriore, terribilmente in bilico tra l’onnipotenza umana e quella divina. Sul tragitto restano piccole briciole, che alla fine conducono esclusivamente alle stanze chiuse di un’anima in pena.

James Gandolfini in Cugino Marv

James Gandolfini in Cugino Marv

Tra sparatorie, gente scomparsa e soldi sporchi, a dare un senso alla vita di Bob non sarà cugino Marv, interpretato da James Gandolfini (titolare del bar, nonché socio e cugino di Bob) e neanche la Santa Messa alla quale si reca ogni mattina come uno scolaretto per bene, ma un cucciolo di pitbull trovato per caso in un cassonetto.
Grazie a lui incontrerà Nadia (Noomi Rapace): ragazza diffidente e dal passato tempestoso.

Noomi Rapace in Nadia

Noomi Rapace in Nadia

Prendersi cura del cucciolo è una decisione che rimane in stallo nella frazione di qualche scena, scremata da inquadrature mistiche, in cui intercorre disinvolto il collegamento con San Rocco (alla cui statua il protagonista getta uno sguardo).
D’altro canto la fedeltà di questo animale domestico è la caratteristica del santo che, dopo essere stato trattato “come un cane”, viene riscattato proprio da quest’ultimo, che lo tratta “come un uomo”. È la stessa condizione nella quale riversa Bob, tenacemente legato al suo cagnolino Rocco, che tratta come un bambino.

Bob e il suo cagnolino Bob, p.g.c. © 2014 Twentieth Century Fox

Bob e il suo cagnolino Bob © Twentieth Century Fox

Singolare è il comportamento del detective, che più che indagare sul caso sembra voler indagare sull’anima. Appare poi sullo sfondo una flebile moralità circa l’eutanasia ma, come tutto il resto, è solo una manovra di facciata: un perbenismo forzato e che non sta bene addosso a nessuno dei personaggi, tranne lui: Bob.

Taciturno, tranquillo e apparentemente innocuo. La sua riflessione sull’inferno arriva solo sul finire della pellicola e ha a che fare con tranelli tesi dal demonio e solitudine: Devi andare via lontano e devi restare solo. Tu, devi restare solo per sempre. Questo è il suo inferno e forse coincide col peggior incubo della sua vita.

Ma lui, Bob… chi l’avrebbe mai detto che andasse a finire così?

Giudizio Cinematographe

Regia - 2.7
Sceneggiatura - 2.7
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.7

Voto Finale

Tags: Tom Hardy