Caccia Al Tesoro: recensione del film dei fratelli Vanzina

Recuperando un teatro di maschere tipici della commedia dell'arte, Caccia Al Tesoro omaggia la città di Napoli con una commedia triste e poco divertente. Il film è al cinema dal 23 novembre.

Aiutati, che il ciel ti aiuta, dice il proverbio. E quando Domenico (Vincenzo Salemme, Non Si Ruba In casa Dei Ladri, Il Contagio) crede di ricevere il benestare di San Gennaro per rubare la sua mitra non perde tempo e mette insieme una scalcagnata banda di ladri che lo aiutino a portare a termine il compito. Questo equivoco è alla base di Caccia Al Tesoro, l’ultimo film dei fratelli Vanzina (Miami Beach, Torno Indietro e Cambio Vita) pronto a debuttare al cinema giusto in tempo per le feste natalizie, portando avanti la tradizione del “cinepanettone“, la commedia italiana che ogni anno accompagna l’ultimo mese dell’anno.

Rifacendosi al classico di Dino Risi Operazione San Gennaro, che serve solo come mera ispirazione senza offrire alcuno spunto nello svolgimento della trama, completamente originale, i fratelli Vanzina scrivono e dirigono un inno alla città di Napoli e alla spensieratezza dei suoi abitanti, capaci di affrontare crisi, problemi e disgrazie sempre con un’idea in testa e un sorriso sulle labbra. Peccato che questo sia tutto quello che manca al film, che risulta noioso e forzato, con battute insipide e ripetitive. Soprattutto, Caccia Al Tesoro ha un difetto capitale per cui non può essere difeso: non fa ridere.

Caccia al Tesoro: maschere di Napoli nel film dei fratelli Vanzina

Caccia Al Tesoro si rifà ai personaggi e ai luoghi comuni della commedia dell’arte per mettere in scena un racconto popolare di riscatto e seconde possibilità interpretato da un cast corale che svolge egregiamente la sua funzione di denotare ambienti umani di volta in volta diversi. Napoli e Torino prendono vita nelle parole e nelle caratterizzazioni delle persone che abitano le due città, con i dialetti a musicare i dialoghi come un’aggiunta alla colonna sonora che diventa, in questo modo, ancora più ricca di significato.

Caccia Al tesoro

Ferdinando (Carlo Buccirosso) in una scena del film

L’uso del dialetto, oltre ad aggiungere sapore a una sceneggiatura in generale poco ispirata, si sposa felicemente con il carattere popolare del film, in cui si muovono attori falliti, ladruncoli da quattro soldi e disoccupati cialtroni con figli a carico. Un’umanità quotidiana, con pochi mezzi e ancora meno prospettive, che proprio per questo motivo riesce ad accattivarsi la simpatia del pubblico in cerca di un catartico senso di rivalsa degli ultimi contro il destino che li ha voluti poveri, sfortunati e privi del talento necessario per ottenere il successo. I personaggi sono sempre osservati con un affetto tutto particolare, che indulge con condiscendenza sui loro vizi e idiosincrasie e si concede di assolverli ogni volta che, per necessità o per contingenze favorevoli, si trovano a infrangere la legge. Non viene mai imposto un giudizio sui personaggi o sulle loro azioni, lasciando questo compito, qualora desiderino farlo, agli spettatori; quello che Caccia Al Tesoro si limita a fare è presentare i suo protagonisti con carezzevole dolcezza e osservarli districarsi da una trama sempre più improbabile.

I fratelli Vanzina omaggiano un cinema di maschere, nella migliore tradizione della commedia dell’arte di cui riprendono la struttura, ricca di situazioni che complicano sempre di più la vicenda, il gusto per l’improvvisazione con cui i protagonisti cercano di risolvere i propri guai e una caratterizzazione dei personaggi per tipizzazione. Domenico è, in questo senso, un perfetto Pulcinella, ironico e pieno di inventiva per ribaltare ogni situazione a suo vantaggio, un miserabile che con un sorriso immortale e una battuta sempre pronta riesce a farsi beffe della sorte e trarsi fuori dai guai grazie al proprio ingegno, conquistando nel frattempo la sua Colombina, Claudia (Christiane Filangieri, La Strada Di Casa, Il Paradiso delle Signore 2). Simbolo di una napoletanità orgogliosa e piena di gioia di vivere, Domenico non si lascia mai abbattere dalle sconfitte, ma trova sempre il modo di rimettersi in piedi anche ricorrendo ai mezzi più loschi, alle bugie e alle truffe, mai realizzate con malignità o desiderio di ferire ma con una gioiosità quasi infantile che fa del mondo il suo campo da gioco.

Caccia Al Tesoro: maschere tristi

Allo stesso modo anche la sceneggiatura presenta un’impostazione decisamente teatrale, soprattutto nella costruzione dei dialoghi, molto lunghi e articolati. Caccia Al Tesoro è un film che fonda la propria comicità sui personaggi e le battute piuttosto che sulla fisicità, e la sceneggiatura si adegua con moltissime gag ricorrenti, perfino troppe, chiedendo agli attori una recitazione incalzante, senza pause, che sembra voler trascinare lo spettatore in una montagna russa di parole tale da lasciarlo stordito. Il problema, però, sorge nel momento in cui una sceneggiatura concepita per essere la principale fonte di comicità non fa ridere.

Caccia Al Tesoro

Rosetta (Serena Rossi), Domenico (Vincenzo Salemme) e Ferdinando (carlo Buccirosso) in una scena del film

Si ride pochissimo, in Caccia Al Tesoro, e per una commedia questo è un difetto imperdonabile. Moltissime battute nascono già vecchie, stantie, recuperando tormentoni già passati e spremendone nuovamente tutto il limitato potenziale che ancora potrebbero possedere, come i continui riferimenti a Higuain, un caso di cronaca sportiva passato da diverso tempo e già quasi dimenticato. I lazzi e la frizzantezza delle interpretazioni non riescono a nascondere il fatto di star recitando un copione che non presenta alcun momento di reale ispirazione, sia comica che drammatica e dove tutto sembra già visto, tutto sembra già sentito.

Allo stesso tempo, la sceneggiatura fa suo lo stile teatrale con lunghe battute espositive che, soprattutto nelle prime scene, raccontano tutti gli antefatti per filo e per segno. In questo caso il cinema rinuncia alla sua privilegiata prerogativa di poter mostrare per raccontare una storia o descrivere un personaggi, preferendo mettere in bocca ai propri protagonisti lunghi momenti di spiegazione che finiscono inevitabilmente per suonare artificiosi e forzati. L’altalenante qualità del cast, infine, non fa che esasperare la sensazione di disagio generata dal copione, con una recitazione talvolta fin troppo caricata e caricaturale. Sebbene possa trattarsi nuovamente di uno spunto ripreso dalla tradizione della commedia teatrale italiana, bisognerebbe tuttavia tenere presente che il cinema è un mezzo espressivo con le sue regole, così come il teatro, e che non sempre i due linguaggi si prestano a ibridarsi a vicenda in modo proficuo, una lezione di cui Caccia Al Tesoro è un esempio lampante.

Caccia Al tesoro

Claudia (Christiane Filangieri) e Cesare (Max Tortora) in una scena del film

Lodevole negli intenti ma pasticciato e approssimativo nella realizzazione, Caccia Al Tesoro si rivela ben presto un film noioso e improbabile, che dimostra di avere molto da dire ma di non possedere i mezzi necessari per farlo in maniera soddisfacente. L’interpretazione talvolta imbarazzante, i luoghi comuni esasperanti e la trama che procede con inesorabile banalità come un racconto svolto da un bambino che cerca di renderlo interessante ogni volta che sembra capire di star perdendo la nostra attenzione fanno sì che l’ultimo film dei fratelli Vanzina possa essere considerato un’opera decisamente dimenticabile e destinata probabilmente, e meritatamente, a perdurare nel ricordo collettivo solo per il breve volgere delle festività natalizie.

 

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 1

2