Blade Runner: recensione del film diretto da Ridley Scott

Ci è da poco giunta la notizia che, in una data vicina all’estate del 2016, inizieranno le riprese di Blade Runner 2, sequel del film diretto da Ridley Scott per la Warner Bros, nel 1982. Nell’attesa, possiamo provare a immaginare quale sarà la trama che, dal punto di vista temporale, partirà proprio alcuni decenni dopo la conclusione della pellicola del 1982, e sperare che il sequel sia all’altezza delle aspettative e soprattutto degno del film originale, vero e proprio cult movie del genere fantascientifico.

La sceneggiatura di Blade Runner, scritta da Hampton Fancher e David Webb Peoples, è ispirata al romanzo Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?) di Philip K. Dick. Quest’ultimo morì proprio nel 1982, non riuscendo quindi a vedere il film ultimato e ad assistere all’enorme successo che riscosse la pellicola nel corso del tempo.

Il film di Scott si colloca in un periodo, gli anni ottanta, in cui, in particolare nel cinema americano, si registra una tendenza a presentare una visione fantasmagorica del mondo contemporaneo, la quale palesa il nostro tempo come un’epoca dominata dall’immagine e dallo spettacolo generalizzato. Questo perché, soprattutto a partire dall’introduzione del sistema industriale nella società, la metropoli si è andata via via configurando sempre di più come uno spazio di merci, trasformandosi in merce essa stessa. Proprio attraverso due film del 1982, Blade Runner di Scott e Un sogno lungo un giorno di Coppola possiamo riflettere sulla logica del desiderio e della merce, nodi concettuali fondamentali del pensiero di W. Benjamin, all’interno dell’artificialità del mondo metropolitano contemporaneo.

Blade Runner

Los Angeles nel 2019

Nel film di Coppola è mostrato in modo evidentissimo e particolare il processo secondo cui l’esibizione di qualcosa porta allo stimolo di un desiderio di possesso. In Blade Runner l’oggetto di tale desiderio non è una cosa, materiale ed acquistabile, ma diventa la possibilità di esistere e di affermarsi come esseri umani dotati di una vita vera. Questo brama incontrollabile di realizzarsi, in quanto soggetti, è attribuibile, nel film di Scott, ai replicanti, realizzati con tecniche di ingegneria genetica dalla Tyrell Corporation. Queste creature, simili nell’aspetto agli umani, sono superiori all’uomo per forza e agilità, ma dispongono di un numero limitato di anni di vita e, solo in teoria, dovrebbero non essere in grado di provare sentimenti. Il replicante è un prodotto della società, così come questa si struttura in una pellicola ambientata in un futuristico 2019, che non vuole essere tale. L’uomo rappresenta il desiderio frustato del replicante che vuole affermarsi come essere, ma non può realizzarsi ed è costretto ad accettare il proprio destino perché la logica del desiderio ruota intorno all’inganno e all’impossibilità, come osserva P. Bertetto in Microfilosofia del cinema.

Ecco l’incipit del film:

All’inizio del 21 secolo, la TYRELL CORPORATION portò avanti l’evoluzione dei robot alla fase NEXUS, un essere virtualmente identico ad un umano, noto come Replicante. I Replicanti NEXUS 6 erano superiori in forza e in agilità, ed inoltre erano uguali in intelligenza, rispetto agli ingegneri genetici che li crearono. I Replicanti erano usati nelle colonie Extra-Mondo come schiavi, nelle esplorazione azzardate e nella colonizzazione di altri pianeti. Dopo un sanguinoso ammutinamento di una squadra di combattimento di NEXUS 6 in una colonia Extra-Mondo, i Replicanti furono dichiarati illegali sulla Terra, sotto pena di morte. Squadre speciali di polizia, BLADE RUNNER UNITS, hanno l’ordine di uccidere, appena scoperti, ogni Replicante fuggito. Tutto ciò non viene chiamato esecuzione. Viene chiamato pensionamento.

Fin da subito, veniamo a sapere che sei replicanti, appartenenti alla serie Nexus 6, sono fuggiti dalle colonie extramondo e, arrivati in una Los Angeles piovosa e buia, hanno cercato di introdursi nella Tyrell Corporation dove erano stati creati. Leon (Brion James), uno di questi, viene sottoposto al test che permette di distinguere l’uomo dal replicante, ma riesce a scappare sparando all’agente Holden.

Successivamente, Bryant, il capitano dell’unità speciale Blade Runner, richiama in servizio il poliziotto Rick Deckard,  interpretato da Harrison Ford, per trovare e uccidere i replicanti rimasti in giro per Los Angeles. Deckard, allora, si reca nell’ufficio del fondatore della Tyrell e sottopone al test proprio la segretaria di quest’ultimo, Rachael (Sean Young). Il test, con sorpresa, rileva che anche la donna non è umana. Altri replicanti, invece, Pris (Daryl Hannah) e Roy Batty (Rutger Hauer), conquistano la fiducia di J. F. Sebastian (William Sanderson), anche questo implicato nella creazione delle creature semi-umane e amico del dott. Tyrell. Quando i due riusciranno finalmente ad incontrare Tyrell, questo risponderà loro che non è possibile aumentare la durata della loro vita e…

Blade Runner

Harrison Ford e Sean Young

In una sequenza molto toccante, Deckard viene raggiunto a casa da Rachael, che vuole avere la conferma se è una replicante o un’umana. La donna inizia a parlare dei propri ricordi, per dimostrare all’uomo che non può non essere un’umana, ma Deckard le rivela la verità, dimostrandole che in realtà i ricordi di cui parla non sono altro che innesti mentali.

Rachael: Mi credi un replicante, vero?…(Rachael mostra delle foto a Rick) guarda sono io con mia madre!

Deckard: Si?… Ricordi all’età di sei anni tu e tuo fratello entraste in un edificio vuoto per la finestra della cantina e giocavate ai dottori, lui ti mostrò il suo e quando toccava a te ti spaventasti e fuggisti?  Te lo ricordi? Lo hai mai raccontato a nessuno? A tua madre? A Tyrell? A nessuno? Ricordi il ragno in quel cespuglio davanti alla tua finestra? Il corpo arancione? Le zampe verdi? Lo guardasti farela rete tutta l’estate e un giorno ci vedesti un grosso uovo. L’uovo si schiuse…

Rachael: L’uovo si schiuse..

Deckard: e..

Rachael: e centinaia di ragnetti ne uscirono e lo divorarono!

Deckard: Ehm..innesti! Non sono ricordi tuoi, sono di qualcun altro […]

Blade Runner: cosa accadrebbe se scoprissimo di essere una sorta di esperimento genetico, con l’aspetto e i desideri degli uomini, ma senza alcuna prospettiva di vita?

A Rachel vive nell’illusione di appartenere agli esseri umani, proprio perché le sono stati assegnati dei ricordi finti, ingannevoli. Cosa proveremmo se scoprissimo di essere una sorta di esperimento genetico, con l’aspetto e i desideri degli uomini, ma senza alcuna prospettiva di vita?

Niente è peggiore di avere una vita che non è vita – dice Leon, durante il combattimento corpo a corpo tra lui e Deckard. L’amore, la paura della morte e il desiderio di vivere più a lungo possibile appartiene all’uomo e , a quanto pare, anche al replicante. Rachael, Pris e Roy Batty rappresentano, attraverso i loro comportamenti, possibili reazioni diverse al naturale desiderio di vita, quando questa viene negata, d’affermazione come persona, soggetto. Rachel, profondamente delusa, pare cadere nella rassegnazione. In Pris e Roy Batty, invece, matura quella cattiveria e crudeltà che li porta anche ad uccidere, fino al momento in cui capiscono che l’unica possibilità consiste nell’accettare il proprio destino.

Blade Runner

Daryl Hannah e Rutger Hauer

Il film ci porta a riflettere su chi siamo e per quali ragioni siamo definibili esseri umani. L’immagine complessiva che viene fornita dell’uomo è quella di un essere aggressivo, che disprezza e schiavizza il replicante, la macchina insensibile che invece mostra più volte, all’interno del tessuto filmico, di essere in grado di provare sentimenti e pensare.

La psicoanalista Louise J. Kaplan, in un intervista di Adolfo Fattori, cosi si pronuncia riguardo al film di Scoot:

[…] il film dimostra come le tendenze erotiche aggressive e violente negli umani sono spesso giustificate in nome della legge e dell’ordine. Nel romanzo e nel film, la legge della Terra incoraggia la violenza e la rabbia delle persone, che hanno perso la propria umanità essenziale poiché vivono in un mondo vuoto che è stato privato dei principi morali.[…]

Blade Runner

Una scena del film

Non possiamo fare a meno di parlare anche degli altri film che, mentre guardiamo Blade Runner, ci vengono in mente. Senza alcun dubbio, pensiamo a Il quinto elemento, del 1997, diretto da Luc Besson. Il confronto tra l’altro e l’uomo, l’ambientazione futuristica, la storia d’amore tra il protagonista, Bruce Willis nel caso della pellicola del 1997,  e l’alieno ed altri dettagli, sempre all’interno del paesaggio filmico, come le macchine che scorrono sospese nell’atmosfera, le icone della globalizzazione americana ben esposte in entrambe le pellicole (il McDonald’s ne Il quinto elemento e la Coca-Cola in Blade Runner) possono farci ipotizzare che il film di Besson sia intessuto di riferimenti e citazioni riconducibili proprio alla pellicola di Scott.

Un altro film che può venirci in mente è 2001: Odissea nello spazio (1968) di Kubrick. L’elemento che ricorre in entrambe le pellicole e che, primo fra tutti, ci fa pensare a un loro possibile legame è quello dell’occhio.

Con 2001: Odissea nello spazio probabilmente Blade Runner costituisce il più celebre esempio di cinema di fantascienza: fin dalla sua uscita ha riscosso un grande successo internazionale ed è divenuto ben presto un cult movie per i cinefili di tutte le età. (Paolo Boschi)

Voto Cinematographe

Regia - 5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.2
Sonoro - 4.5
Emozione - 4.2

4.5

Voto Finale