Billy: recensione del film diretto da Emilia Mazzacurati

Un romanzo di formazione in cui i giovani educano gli adulti. Questo è Billy, scritto e diretto da Emilia Mazzacurati, con Matteo Oscar Giuggioli, Benedetta Gris, Carla Signoris e Alessandro Gassmann nelle sale italiane il 1° giugno 2023.

Funziona, per esplicita ammissione di chi l’ha realizzato, come una sorta di romanzo di formazione al contrario. Billy, regia di Emilia Mazzacurati, arriva nelle sale italiane il 1° giugno 2023 per Parthenos, dopo il passaggio in chiusura al 41° Bellaria Film Festival. Storia di giovani con sulle spalle il peso di un passato ingombrante e di adulti che devono imparare a stare al mondo, una volta per tutte e nel modo corretto. Un cast sapientemente organizzato in modo da circondare la freschezza dei protagonisti con lo charme e il carisma di volti, freschi pure loro, ma certo più familiari al grande pubblico. Nell’ordine Matteo Oscar Giuggioli, Carla Signoris, Giuseppe Battiston, Alessandro Gassmann, Bendetta Gris, Carlotta Gamba, Roberto Citran e Sandra Ceccarelli. Lo sfondo è una periferia senza nome in un Nord/ Nord-Est volutamente ambiguo – non è chiaro dove ci troviamo – e immerso per di più in un bagno di realismo onirico. Malinconicamente umoristico: la commistione di toni e influenze qui non vale come idea di regia, è piuttosto una professione di fede.

Billy: un mondo di giovani adulti e di adulti giovani

Billy; cinematographe.it

Non è una cosa carina da dire, al povero Billy (Matteo Oscar Giuggioli), ma si fa la sua conoscenza e l’impressione è che abbia tutt’al più un grande avvenire dietro le spalle. Un bel problema per un ragazzo di soli 19 anni. La percezione che Billy ha della sua vita e, di conseguenza, il sentimento generale, è che il meglio sia passato e ora rimanga soltanto un vago senso di rimpianto e un forte straniamento. Billy scorre accompagnato dall’immutabile alternarsi delle fasi lunari; Emilia Mazzacurati se ne serve per punteggiare la narrazione e, soprattutto, per segnalare allo spettatore la graduale apertura dei personaggi a una verità più forte, intima ed esistenziale.

Il momento più scintillante nella vita del protagonista è stato più o meno intorno ai nove anni, l’epoca in cui Billy ideava e conduceva un podcast di successo dedicato a una popolarissima rockstar, Zippo (Alessandro Gassmann), sparito al culmine del successo senza che nessuno abbia mai capito il perché. Passano gli anni e Billy è soltanto un altro diciannovenne stordito. Vive con l’esuberante e instabile madre Regina (Carla Signoris) in un sobborgo a due passi dal fiume, va d’accordo soprattutto con i più piccoli, passa le serate al chiosco di Penelope (Carlotta Gamba) e si consuma d’amore per Lena (Benedetta Gris), che di lui non vuol proprio innamorarsi.

Fortuna che il destino ha in serbo un regalo incredibile. Billy ha perso il papà quando era bambino; se n’è andato e non c’è speranza che torni. Ora ha l’opportunità, se non di ricostruirsela, una figura paterna, almeno di insegnare a un padre assente a ritrovare la via. Zippo infatti, dopo anni di latitanza esistenziale, torna a casa. Non la sua, sarebbe troppo facile, ma quella di Massimo (Giuseppe Battiston), l’amico pompiere di cui Regina è follemente innamorata e che vive a due passi da Billy e famiglia. L’incontro tra i due, il giovane saggio e malinconico e la rockstar dall’animo giovane, tanto giovane che forse è troppo, è davvero provvidenziale. Tutti in Billy hanno bisogno di aiuto, di amicizia e di calore umano; la posta in gioco è rimettere in moto un motore (spirituale) ingolfato. Agli adulti, fragili, vulnerabili e teneramente persi, il soccorso serve più che ai ragazzi. Tocca a loro insegnare. La morale della favola inverte i ruoli e le responsabilità e questo è certamente l’elemento più interessante del film.

Tra malinconia e risate, tra sogno e realtà, un romanzo di formazione al contrario

Billy cinematographe.it recensione

Emilia Mazzacurati, figlia d’arte, il papà era un grande regista, Carlo Mazzacurati, ci ha lasciati qualche anno fa, ha un senso del cinema chiaro e questa è una cosa insolita per un autore o un’autrice all’inizio del viaggio. Immagina una periferia cui non si sforza di trovare un nome che è principalmente uno stato mentale, espressione di un disagio e di uno straniamento che si risolvono lavorando insieme, nell’abbandono degli egoismi e nella solidarietà tra le generazioni. Tutti i personaggi di Billy hanno un conto in sospeso con il passato, da liquidare guardandosi dentro, accettandosi e aprendosi a un nuovo inizio. Solo che in questa storia i termini dell’equazione sono rovesciati, nel senso che i giovani tracciano la via e gli adulti seguono. L’incontro decisivo è ovviamente quello tra Billy e Zippo.

Non padre e figlio, a norma di legge non lo sono l’uno per l’altro, anche se una via per diventarlo la trovano ugualmente, lì dove Billy è il padre e Zippo quello che resta. Il film è costruito tematicamente attorno all’idea della perdita, della lontananza e della separazione, fosco a monte ma a valle carico di speranza. Cosa c’è di più irrevocabile della morte, intesa come dato fisico? Nulla, ma questa non è una buona ragione per arrendersi. Il messaggio – una brutta parola che non ha nulla a che vedere con il film – Emilia Mazzacurati (scrive e dirige) lo filtra accostando in modo problematico ma vero dolore e umorismo, leggerezza e irrimediabilità del distacco. Tutto nel quadro di una fiaba pop dal ritmo un po’ incerto, non sempre capace di tenere insieme le sue ambizioni tematiche ed estetiche, coraggiosa nella misura in cui riesce a lavorare sugli ambienti, sul profilo degli interpreti, sul passo del racconto, per proporci qualcosa di diverso.

Billy: conclusione e valutazione

Billy ha la leggerezza pop e stralunata di certo cinema indipendente, l’audacia di mischiare leggerezza e malinconia e un pugno di scomode ma necessarie verità esistenziali. Non tutto fila nella direzione giusta ma Emilia Mazzacurati ha le idee sufficientemente chiare sul senso dell’operazione. Il suo è un cinema aperto a contaminazioni in termini di stile e atmosfera, molto italiano quando si tratta di disegnare la tenera fragilità dei suoi protagonisti. Interessante l’idea del coming of age ribaltato, perché se è vero che sono i giovani a guidare gli adulti, questo avviene senza moralismi e ruffianerie. Del cast di contorno, sarebbe a dire i nomi celebri, su tutti un malinconico Alessandro Gassmann e una divertente e complicata Carla Signoris.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 3

2.8