Cannes 2021 – Benedetta: recensione del film di Paul Verhoeven

Paul Verhoeven sfoggia tutto il suo repertorio ironico e goliardico per dipingere le contraddizioni che si celano dietro le istituzioni religiose, dallo stretto rapporto col denaro alla pericolosa repressione sessuale dei suoi vicari.

Il dissacrante è una ricorrente cifra stilistica per Paul Verhoeven che proprio a Cannes, solo pochi anni fa, aveva dato “scandalo” con l’azzardato quanto intelligentissimo Elle, in cui una divina Isabelle Huppert viveva una forte ambivalenza nei confronti dell’uomo che l’aveva abusata sessualmente.
Questa volta, l’eclettico regista di Basic Instinct è tornato sul red carpet della kermesse francese con una storia ispirata alle reali vicissitudini della suora e mistica lesbica del XVII secolo Benedetta Carlini, declinando gli istinti primordiali a lui tanto cari in un contesto – quello religioso – in cui l’amore passionale, tantomeno fra persone dello stesso sesso, non può per definizione essere contemplato.

Benedetta: una strada alternativa per raggiungere il divino

Benedetta, Cinematographe.it

Benedetta vede la sua omonima protagonista (interpretata da Virginie Efira) entrare in convento ancora bambina, spinta dalle possibilità economiche di una famiglia abbiente e da una spiritualità che la porta ad entrare con estrema facilità in contatto col divino (o ciò che lei crede esserlo), col solo sforzo della preghiera. Vivendo un quotidiano rapporto con la Madonna e Gesù, su cui ha costanti visioni (anche piuttosto splatter) e del quale si sente la sposa eletta, la novizia cresce sotto l’ala protettiva della Badessa (Charlotte Rampling), fin dall’inizio scettica riguardo al rapporto della giovane monaca con la sacra trinità, mentre le consorelle vivono nei suoi confronti un misto di ammirazione e inquietudine.

Gli equilibri del tranquillo convento di Pescia – piccolo comune italiano del pistoiese –  saranno destinati a cambiare per sempre con l’arrivo di un’altra novizia, fuggita da una famiglia abusante: la giovane e sensuale Bartolomea (Daphne Patakia), attraverso la quale Benedetta sperimenterà per la prima volta l’amore carnale, trasformandosi progressivamente in qualcosa di molto lontano dalla figura mite e misericordiosa che dovrebbe rappresentare.

Una donna posseduta da passioni proibite

Benedetta, Cinematographe.it

Paul Verhoeven sfoggia tutto il suo repertorio ironico e goliardico per dipingere le contraddizioni che si celano dietro le istituzioni religiose, dallo stretto rapporto col denaro alla pericolosa repressione sessuale dei suoi vicari, per i quali il corpo deve essere considerato un nemico e finisce davvero per esserlo, come nella peggiore delle profezie auto-avverantesi. Senza trascurare il concetto di punizione divina, di cui la pestilenza narrata del film sembra diretta rappresentazione inversa, risparmiando le due donne peccatrici.

Attraverso espedienti narrativi oltre il limite di ogni possibile blasfemia, il regista olandese si “limita” ad arricchire il materiale di partenza con espliciti riferimenti sessuali e rappresentazioni oniriche prossime al trash, gettando un tocco di ambiguità in più sia sulle figure religiose tout cort sia su questa figura storica in bilico fra il divino e il suo esatto contrario. Col solo limite del materiale di partenza, che non ha reso possibile per Verhoeven muoversi in modo più libero e alla ricerca di un messaggio più approfondito, lasciando in mano la pellicola più all’estetica e all’ottima recitazione dei protagonisti, fra cui emerge una Efira da premio.

Benedetta è destinato a rappresentare una delle opere più interessanti del concorso di Cannes 2021 ma soprattutto un prodotto necessario in un periodo storico in cui la censura è sempre più dietro l’angolo, a volte – purtroppo – a discapito della libertà espressiva degli artisti, di cui – con la massima attenzione a non offendere nessuno – si ha disperatamente bisogno.

Benedetta è nelle sale cinematografiche italiane dal 2 marzo 2023, distribuito da Movies Inspired; nel cast del film anche Lambert Wilson, Olivier Rabourdin,  Louise Chevillotte, Hervé Pierre e Clotilde Courau.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3