Biografilm 2023 – Apolonia, Apolonia: recensione del film

La storia della pittrice Apolonia Sokol

Il terzo documentario di Lea Glob si intitola Apolonia, Apolonia ed è presente fra i film in concorso al Biografilm 2023.

La Glob ha costruito il proprio cinema su due direttrici. La prima intende la pratica filmica come una pratica artistica in grado di riorganizzare, in grandi narrazioni, gli stralci di una sorta di diario personale fatto di immagini di varia natura. La seconda è contenutistica e riflette sull’identità femminile all’interno del sistema economico della produzione artistica. Nei precedenti Venus (2017) – co-diretto con Mette Carla Albrechtsen – e Olmo e il gabbiano (2014) – co-diretto con Petra Costa – tali direttrici venivano circoscritte e rielaborate all’interno dell’ambiente del cinema porno (nel primo) e di quello del teatro (nel secondo). In Apolonia, Apolonia invece la Glob – alla prima regia in solitaria – parte dall’ambiente bohémien di un teatro occupato, passa per quello dell’arte figurativa e getta progressivamente lo sguardo sul mondo intero.

Apolonia, Apolonia. Storia di una soggettività nomade

Apolonia Cinematographe.it

Il documentario racconta la storia della pittrice franco-danese Apolonia Sokol e registra tredici anni della sua vita (le prime riprese risalgono al 2009). Questo è possibile perché la Glob ha un rapporto di amicizia profondo con la ragazza e cominciò a filmarla ben prima che divenisse famosa. Così durante il film entriamo nella vita di Apolonia, attraverso immagini di tutti i tipi. Ci sono le registrazioni in vhs fatte dal padre, immagini del cellulare girate durante feste e momenti intimi, le immagini girate dalla regista, via via sempre più curate. Fino ad arrivare, sul finale, alle foto dei giornali che sanciscono il successo della pittrice.

Apolonia Cinematographe.it

La storia narrata è una sorta di saga moderna. Apolonia vive alternativamente con la madre e il padre, ormai separati. Il padre gestisce un teatro occupato a Parigi, dove transitano artisti e attivisti. La ragazza requenta l’École nationale supérieure des beaux-arts, fa le sue mostre, intreccia la propria vita con quella dell’attivista ucraina delle Femen, Oksana Shachko. Inizia a girare per il mondo, arriva a Los Angeles, dove viene inserita nella scuderia di artisti di un noto gallerista, che la spinge a ritmi di lavoro estenuanti. Finisce in Turchia, trova un compagno. Torna in Francia, diventa famosa.

Non bisogna essere artisti ma opere d’arte!

Apolonia Cinematographe.it

L’intera vicenda di Apolonia ha un che di avventuroso e di esemplare. La Glob ne riprende spesso il corpo con attenzione, la racconta sia quando si mette in scena davanti agli altri, quasi interpretando un personaggio, sia quando si confessa nei momenti d’intimità. La giovane donna viene traslata nell’immagine di un corpo in movimento fra realtà a volte contigue, altre volte completamente opposte. È il paradigma di una soggettività nomade, sempre alla ricerca delle proprie radici, ma incapace di rimanere in un posto troppo a lungo. Una corporeità femminile che si autodetermina, ricreandosi attraverso l’arte e la messa in scena della propria interiorità, tanto da arrivare a esser indistinguibile dalla propria opera. In uno dei passaggi più pregnanti del film viene suggerito dagli insegnanti della ragazza che forse è più interessante lei, il suo modo di essere, la sua vita, che la sua opera. Questo potrebbe abbattere qualsiasi artista, ma da un certo punto di vista invece tale affermazione risulta essere il sigillo definitivo del successo di Apolonia. Nell’odierna società dell’immagine, l’artista non vende solo la propria opera ma anche e soprattutto sé stesso. In una grottesca reinterpretazione del pensiero nietzschiano l’artista deve essere l’opera d’arte e Apolonia lo è. A tal proposito è utile notare come la Glob non idealizzi per niente questo meccanismo e ci mostri, soprattutto nella parte girata a Los Angeles, quanto questo appropriarsi dell’identità fisica e spirituale dell’artista faccia parte di un processo economico di ristrutturazione neoliberale della produzione artistica, all’interno della più amplia produzione multimediale contemporanea.

Apolonia, Apolonia: valutazione e conclusione

Il film finisce così per essere sia una traccia della capacità di una donna di autodeterminarsi in un mondo, come quello legato all’arte figurativa, per molti versi ancora fortemente patriarcale, sia la traccia di un processo di riarticolazione delle odierne coordinate culturali legate alla costruzione dell’identità. In un tempo in cui le tradizionali categorie identitarie, determinate dalla nazionalità e dall’appartenenza a culture specifiche vacillano, la nuova conformazione del capitalismo spettacolare cerca di reinglobare tali processi all’interno delle proprie strutture di potere. Che ci riesca o meno risulta, almeno nel film della Glob, poco importante, poiché la regista preferisce concentrarsi sulle potenzialità narrative della materia trattata e soprattutto sulla sua dirompente forza emotiva – dopotutto la regista oltre che una rappresentazione della sua amica/artista, sta presentando al pubblico e al mercato cinematografico anche una propria autorappresentazione di artista.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 3

3.8