RomaFF14 – Antigone: recensione
Riprendere il mito greco e adattarlo al contemporaneo: è quello che fa Sophie Deraspe con il suo solenne e doloroso Antigone. Ecco la recensione.
Lo sappiamo tutti bene e, leggendo il titolo Antigone, non possiamo fare altro che ripensarci: i greci avevano già esplorato ogni tipo di storia. Qualsiasi aspetto della condizione umana, dei rapporti interpersonali, dei dubbi e delle inquietudini di un mondo calpestato anni addietro dai nostri predecessori, che dell’amore, della guerra, della paura e della felicità hanno decantato per tutta la loro gloriosa era. È per questo che è così facile trovare collegamenti con la nostra contemporaneità, con la contemporaneità di qualsiasi epoca. La classicità degli scritti greci si ripropone invariata e coincidente con ogni tempo, in virtù di quell’universalità consacrata e testamentaria che ne denota la lungimiranza. Uno spettro che si estende su tutte le nostre narrazioni e quelle che ancora dovranno venire, che dall’archè primordiale trarranno la linfa per i loro racconti.
Una totalità nell’indagare situazioni e personaggi che possono a propria volta ispirare una personale rielaborazione delle vicende del mito, riadattandole ai propri giorni non solo per dimostrarne il ripetersi costante e solo apparentemente in divenire, ma per palesarne l’indicibile verità a cui nessuno vorrebbe sottostare. Quella che, nonostante l’intelletto e il progressismo che ci portiamo dietro, continua a porci sempre davanti agli stessi drammi, troppo complessi e intrinsecamente insediati nella nostra natura da poter essere mai veramente estirpati.
Antigone: dalla tragedia di Sofocle al film di Sophie Deraspe
È riadattando la tragedia di Antigone che la regista e sceneggiatrice Sophie Deraspe intercorre come narratore per collegare il dramma di Sofocle e le problematiche razziali del nostro tempo. Un film che trae il proprio titolo anche dal nome della protagonista, che ne presenta infatti la medesima ricerca di giustizia e una ragguardevole risolutezza, ma che si guarda bene dal riportare gli accadimenti seguendone pedissequamente le stesse dinamiche, utilizzando il racconto del poeta greco più come pulsione creatrice che diretta fonte di assetto per i pilastri dell’opera filmica.
Se gli avvenimenti e i caratteri vengono stravolti dalla scrittura dell’autrice, sono la legge morale e la legge degli uomini a tornare a occupare il proprio posto nelle vicende di Antigone, a conferma che nulla può essere più rilevante del fulcro del testo originale, che vedrà un cambiamento solamente nell’aspetto drammaturgico e nelle piegature di contorno della pellicola della Deraspe. L’Antigone della regista canadese è sempre una sorella e lotta ancora una volta per proteggere la dignità e la sicurezza dei propri fratelli. Se era di tradimento e di Stato che Sofocle tratteggiava le impurità, è dell’immigrazione forzata e dell’impari trattamento di diritti che la cineasta tratta. Se era un luogo in cui seppellire il fratello morto quello che cercava la protagonista della tragedia, è un luogo da poter chiamare casa quello che invece tenta di mantenere la giovane attrice. La distanza della trama, eppure le molteplici vicinanze che fanno dell’antica Antigone la rappresentante migliore per contrastare lo stato di potere attuale, che nell’integrazione cerca la propria risoluzione, ma ne sembra uscire costantemente sconfitto.
Antigone: la soavità di un film che sa coincidere tra modernità e classicità
L’occhio attento della regista e sceneggiatrice mantiene la solennità delle parole del tragediografo greco, correlandola alla modernità che amplia il processo di Antigone e sceglie di fare della contemporaneità quotidiana il proprio asso per la messinscena. Una grazia raffinata, a tratti melodrammatica anche solo per l’uso stesso della macchina cinematografica, che stempera la propria liricità con la comprensione e l’aggiunta di inserti social e mediali, parti integranti dei fenomeni sociali che la regista rende incorporati e visivi. Sia in quei contesti comunitari, che nell’intimità di sequenze che donano gran soavità nella loro composizione collettiva, la protagonista Nahéma Ricci-Sahabi è catalizzatrice di sguardi e nervo di emozioni che attraversano ogni sua singola fibra muscolare. Un viso giovane, ma una maturità che traspare da quegli occhi ghiacciati che non hanno bisogno di dire altro. Una vera rivelazione, per un’interpretazione da paladina della storia, che lascia tramortiti a ogni consecutiva inquadratura.
Quando il presente incontra il passato, quando il cinema prende dal decoro del teatro greco, quest’arte permette la nascita di un film come Antigone, di un’amenità rara e dolorosa, trovata nella coincidenza dei temi eterni dell’età ellenistica e delle atrocità di oggi che, nonostante il loro essere un potenziale distruttivo, riescono a essere espressi da Sophie Deraspe con infinita bellezza.