Antebellum: recensione del thriller psicologico con Janelle Monáe

Dal 14 dicembre su Amazon Prime Video è disponibile Antebellum, thriller psicologico e dramma storico con protagonista Janelle Monáe

Sulla piattaforma Amazon Prime Video dal 14 dicembre è disponibile Antebellum, film diretto dalla coppia dagli esordienti Gerard Bush e Christopher Renz e interpretato dalla cantante e attrice Janelle Monáe (Moonlight). È difficile incasellare questo film in un unico genere, infatti la storia è divisa in due tra dramma storico e thriller psicologico ambientato ai giorni nostri. Il fulcro del film è l’orrore collegato ai crimini razziali nei confronti degli afroamericani a partire dalla guerra di secessione americana, aspetto che si declina nell’aspetto dell’importanza della memoria nella denuncia contemporanea, che per forza di cose si lega alle tensioni sociali a difesa dei diritti umani del movimento Black Lives Matter.

Antebellum: la trama

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Il film si apre con un piano sequenza tra le piantagioni di cotone in Louisiana, in una di quelle confiscate dall’esercito confederato americano, dove si consumano i più atroci crimini sulla pelle degli schiavi, trattati come bestie e torturati quando disobbediscono agli ordini o quando parlano non interpellati. Ad assistere e subire a queste violenze c’è la schiava Eden, che cova un piano per scappare da quell’inferno. Dall’incipit in costume la storia ci porta ai giorni nostri: quello a cui abbiamo appena assistito è forse solo un incubo dell’autrice di successo Veronica Henley (Janelle Monáe)? La donna è una sociologa che si batte per i diritti degli afroamericani, tenendo conferenze proprio in Louisiana per presentare il suo nuovo libro. I crimini del passato sembrano però non svanire nemmeno in un presente ancora abitato e minacciato dal suprematismo bianco, così Veronica si trova incastrata in una realtà spaventosa che la obbliga a confrontarsi con quello che è accaduto ai suoi antenati, mentre presente e futuro si mescolano assumendo una forma di un orrore imminente.

Antebellum: l’orrore si chiama schiavitù e razzismo

Già autori come Spike Lee, o Quentin Tarantino in Django Unchained, hanno sfruttato la potenza dell’arte cinematografica a sostegno della lotta contro i soprusi subiti dagli afroamericani. Più recentemente poi Jordan Peele ha declinato l’horror in versione black, usando il genere come veicolo di denuncia sociale in Scappa – Get out e successivamente in Noi. In effetti nel progetto rientra la QC Entertainment, già casa produttrice dell’esordio di Jordan Peele e BlacKkKlansman di Spike Lee. Antebellum, utilizzando una struttura che disorienta lo spettatore fino alla fine e, gettandolo nel dolore e nello sconforto di una situazione apparentemente senza via di uscita, riesce a confezionare una struttura con una buona dose di suspense, tutta in direzione di un grandissimo colpo di scena finale.

Antebellum racconta l’orrore, ma horror non è

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Strano che la classificazione di questo film appartenga al genere horror, perché a parte alcuni dettagli sanguinolenti non v’è altro elemento per definirlo come tale. Antebellum è a tutti gli effetti un thriller psicologico: il vero orrore infatti sono le torture inflitte, fisiche o psicologiche che siano, subite dai protagonisti di questa storia. Forse il film indugia eccessivamente su questo aspetto, ma è ovvio che le immagini assumono una valenza culturale collegata al contesto contemporaneo dei movimenti Black Lives Matter.

Antebellum è disponibile dal 14 dicembre su Amazon Prime Video.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.7