Bif&st 2023 – Amusia: recensione del film di Marescotti Ruspoli

Un film che parla di una delle patologie neurologiche più rare, quella dell'incomprensibilità della musica: Amusia è un film da vedere, soprattutto per la scenografia metafisica di Monica Sallustio e la fotografia magistrale di Bigazzi.

Perché guardare Amusia, l’opera prima di Marescotti Ruspoli con Carlotta GambaGiampiero De Concilio, Fanny Ardant e Maurizio Lombardi? Ve lo raccontiamo noi, in attesa dell’uscita al cinema il prossimo 27 aprile 2023, dopo un passaggio al Bif&st 2023.

Amusia, recensione
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La musica è una terapia per l’anima, eppure ci sono persone al mondo che soffrono di una patologia nota come “amusia” (mancanza di armonia), biologicamente incapaci di comprendere i suoni e le note poste in successione tra loro a formare una melodia. Sembra incredibile, eppure è vero.
In un’epoca in cui si tende – per fortuna – a normalizzare e a portare alla luce anche le più rare e sottovalutate patologie, il regista Marescotti Ruspoli firma la regia di un film, Amusia, che ha per protagonisti due ragazzi – uno che di musica vive e si nutre, un’altra che invece non può godere di alcuna composizione a causa della suddetta patologia.

Amusia è una storia d’amore che emoziona in modo sottile, senza troppi fronzoli, forse lasciando un distacco tra spettatore e narrazione che risulta a tratti eccessivamente freddo. Con un cast che include Fanny Ardant e Maurizio Lombardi, il film di Ruspoli si eleva soprattutto grazie all’abile operato del DOP Luca Bigazzi e della scenografia incantevole di Monica Sallustio.

Di cosa parla il film Amusia? Ecco la trama in breve

Livia (Carlotta Gamba) è una ragazza che soffre di una bizzarra e rara patologia neurologica, nota come amusia, che la porta a non riuscire a comprendere le melodie, ovvero la musica. Per scherzo del destino, Livia ha un padre che invece di musica vive, suonando il piano e divorando dischi dall’alba alla sera. Scappando da una casa che sente prendersi gioco di lei, Livia arriva in una piccola città in cui incontra Lucio (Adriano Chiaramida), che di mestiere fa l’addetto al desk in un love motel. Anche Lucio, come il padre di Livia, è un appassionato di musica: per lui la musica è la sola cosa che riesce a colmare il vuoto della perdita dei suoi genitori. In modo graduale e timido, scontrandosi con la chiusura di Livia, i due ragazzi impareranno a conoscersi e a diventare l’uno la musica migliore per l’altro.

Perché guardare il film Amusia, in uscita nelle sale italiane il 27 aprile? Per la scenografia alla De Chirico e una fotografia ammaliante

Amusia, recensione,
Lucio e Livia
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Marescotti Ruspoli è alla sua opera prima e si vede: d’altronde, dirige due attori protagonisti entrambi giovani e lo fa in maniera pacata, senza peccare di eccessi di forma e forse, senza osare troppo (avrebbe potuto farlo di più? Sicuramente).

Eppure, Amusia – forte anche del montaggio pulito di Gianluca Scarpa – affascina lo spettatore per tutta la durata dei suoi 90 minuti con una scenografica onirica, che sembra in tutto e per tutto un quadro di De Chirico. L’ambientazione metafisica del film rende ancora più surreale la storia di Livia, seppure più vera che mai. Le insegne al neon dei locali della piccola cittadina in cui Lucio e Livia si muovono e si innamorano sembrano emettere esse stesse una melodia d’altri tempi, che avvolge i personaggi in un’atmosfera sognante, quasi fiabesca.

La fotografia, inoltre, è l’altra punta di diamante della pellicola di Ruspoli: qui Luca Bigazzi fa un lavoro egregio, magistrale. D’altronde, Marescotti Ruspoli si avvale di un DOP di elevata esperienza (Le conseguenze dell’amore, Il Divo, L’amico di famiglia), portando il film a un risultato complessivo di livello medio-alto nel panorama del cinema italiano attuale.

Amusia: conclusione e valutazione finale

Per concludere, Amusia è un film che vale la pena di essere visto al buio della sala cinematografica? In generale, sì. Il film ci è piaciuto, presenta un’estetica di qualità che colma le lacune di una sceneggiatura un po’ troppo piatta e sommessa, che soffre di dialoghi non particolarmente coinvolgenti (come d’altronde in molte altre pellicole nazionali). La regia non osa ma nemmeno commette falli, la colonna sonora cambia diversi registri per farci entrare nella testa (o meglio, nelle orecchie) di Livia, in modo appropriato e la scenografia di Sallustio risplende nelle luci “orchestrate” da Bigazzi.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 4
Emozione - 2.5

2.6