American Pastoral: recensione del debutto alla regia di Ewan McGregor

Cosa sono la perfezione, la bellezza, la purezza e la passione davanti all’uragano sconvolgente del destino? A cosa può ridursi un uomo che scopre di aver fallito nell’impresa più grande, ovvero quella di educare la sua unica figlia?

Con American Pastoral (trailer), il film diretto e interpretato da Ewan McGregor con Jennifer Connelly e Dakota Fanning, tratto dall’omonimo romanzo di Philip Roth (Premio Pulitzer per la narrativa del 1998), viene messo in scena l’abisso sconquassante della paura, la screpolatura che affligge la bellezza, staccandogli di dosso l’intonaco vuoto eppure rassicurante della quotidianità.

Ambientata nell’America degli anni ’60, l’opera mette in scena le differenze e le diffidenze di padri e figli, lasciando esplodere sullo sfondo del benessere gli scontri razziali e l’infuriare della Guerra del Vietnam.

Lo spettatore viene introdotto alla storia attraverso il racconto di un tale Nathan Zuckerman (interpretato da David Strathairn) che, durante l’incontro con gli ex-alunni della sua scuola, incontra il suo vecchio amico Jerry Levov (Rupert Evans), intraprendendo con lui una discussione circa il fratello maggiore di quest’ultimo, Seymour Levov (Ewan McGregor) detto “lo Svedese” per via della sua chioma bionda e gli occhi blu.

American Pastoral

Il narratore dipinge un racconto quasi insensato dello Svedese che appare, agli occhi di chi si accinge a scoprire l’involucro di celluloide della storia, poco attraente e accattivante. Un uomo di bell’aspetto a cui la vita ha regalato la gloria sportiva ai tempi del college, una moglie bellissima (ex Miss New Jersey), una carriera splendida – il padre gli ha lasciato in eredità la sua ben avviata fabbrica di guanti, una casa immersa nel verde e una bambina graziosa quanto sensibile e intelligente.

Ciò che trasuda American Pastoral è il quadro fastidiosamente perfetto di una famiglia brava a nascondersi dietro le apparenze.

L’attrattiva esteriore mette in ombra le debolezze, ma implode con l’accrescere delle normali difficoltà e il primo campanello d’allarme sono le balbuzie della figlia Merry (Dakota Fanning). Dalle sue parole incomplete si diramano crepe psicologiche che mettono in risalto il difficile rapporto con la madre e l’amore incondizionato nei confronti del padre; debolezze che si convertono in idee politiche e col tempo portano la fanciulla a commettere un attentato nel quale muore un uomo.

Costretta a nascondersi per fuggire alla legge, la giovane Merry sarà la rovina dei suoi genitori e soprattutto del padre, che non si rassegnerà mai all’idea di averla perduta, finendo così impelagato in una serie di sotterfugi e ricatti che non faranno altro che condurlo alla tomba.

American Pastoral

Ciò che poeticamente avviene è il passaggio dalla vita bucolica e ‘pastorale’ a quella frenetica e orrorifica. Si passa dal quadro della famiglia perfetta a quello della famiglia disagiata in cui ogni membro pensa a rapportarsi con l’altro come se non ci fosse nessun legame sanguigno. A tal proposito fanno riflettere le parole della vedova del benzinaio (l’uomo rimasto ucciso durante l’attacco terroristico compiuto da Merry) ai coniugi Levov: noi sopravviveremo legandoci al ricordo, mentre voi no.

Dal punto di vista strutturale American Pastoral tralascia alcuni dettagli del romanzo da cui è tratto, presentato tra l’altro una regia ancora poco matura – come è giusto che sia, essendo McGregor al suo primo film da regista, forte in ogni caso nel focalizzarsi sui dettagli fotografici ma priva di stile.
Lo spessore psicologico dei personaggi è delineato a metà e il conflitto generazionale che ha reso grande l’opera scritta non si afferma con la stessa verve nell’opera cinematografica.

Indiscutibilmente eccellenti le performance degli attori protagonisti, affiancati anche dalla presenza di Luke Whoriskey, Valorie Curry, Uzo Aduba, Peter Riegert, Molly Parker, David Strathairn.

Sul fondo della pellicola rimane l’urlo sordo di un padre che si domanda dove ha sbagliato. Per noi spettatori l’incarnazione del sogno americano nel volto e nell’atteggiamento dello Svedese può forse non avere valore, ma certo resta impressa l’immagine deturpata di sua figlia, la freddezza della moglie e la sua vita che va letteralmente a rotoli insieme al mondo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

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