Venezia 75 – Adam und Evelyn: recensione del film

Adam und Evelyn ci insegna che la perfezione non esiste, ma possono esistere momenti ed istanti perfetti nella loro imperfezione.

Tratto dall’omonimo romanzo di grande successo scritto da Ingo Schulze, Adam und Evelyn è un film diretto da Andreas Goldstein, nonché una delle più gradite sorprese di questo 75° Festival di Venezia; un film di grande intelligenza, delicatezza e ammantato da una fredda ed umanissima ironia, creata in modo assolutamente perfetto da un cast affiatato e molto ben diretto.

Ambientato nella Germania dell’Est del 1989, poco prima del crollo del Muro di Berlino, Adam und Evelyn ha come protagonista la coppia formata dal vanitoso ed eccentrico sarto Adam (Florian Teichtmeister) e dalla fidanzata, la timida e sensibile Evelyn (Anne Kanis), in procinto di partire per una vacanza. Evelyn, dopo aver sorpreso il marito con un’altra donna, decide di andare in vacanza assieme all’amica Simone (Christin Alexandrow) e al suo nuovo ragazzo Michael (Milian Zerzawy). Ma Adam non demorde e li segue, incontrando lungo il cammino Katja (Lena Lauzemis), giovane ragazza che sta cercando di attraversare il confine e rifarsi una vita al di fuori del blocco comunista.
In breve i cinque ragazzi si troveranno di fronte a continui mutamenti, dubbi, paure e bivi esistenziali, mentre il blocco sovietico va in pezzi, le frontiere si aprono ed assieme ad esse la possibilità di avere una nuova vita al di fuori. Ma esiste davvero la libertà? La felicità? O sono solo sogni e illusioni?

Adam und Evelyn: turbamenti e felicità nella Berlino del 1989

Adam und Evelyn Cinematographe.it

Creato attraverso dialoghi sintetici ma non per questo scarni o banali, il film di Goldstein si avvale degli splendidi paesaggi collinari presso l’Oder, sublimati dalla perfetta fotografia di Jakobine Krohn e da un uso del suono assolutamente perfetto da parte di Marcus Krohn, che riescono a portare lo spettatore in mezzo ai pensieri, ai movimenti e alle dinamiche dei protagonisti.
Protagonisti che Goldstein descrive in modo accurato ed efficace, aiutato certo dal materiale di partenza, un romanzo arguto e intelligente, tradotto in ben 10 lingue, ma anche da una sceneggiatura (creata assieme a Jakobin Motz) di grande qualità e da uno stile di regia che usa in modo armonioso le lunghe scene di conversazione, tenendole sempre però legate con maestria al nucleo narrativo principale.
Adam und Evelyn potrebbe quindi sembrare soprattutto un film estetico, una sorta di odissea figurativa ed esistenziale, irreale e bucolica, ma in realtà è un film perfetto nel parlarci di come la Storia, i suoi momenti catartici, cambino repentinamente la vita delle persone in modo incontrollabile e imprevedibile.

Adam und Evelyn: ciò che è in apparenza un film estetico si rivela essere una pellicola sull’influenza della grande storia nella vita dei singoli

Adam und Evelyn Cinematographe.it

Film attraversato da una malinconia e una disperata volontà di trovare l’amore e la felicità nella condivisione e nell’affetto, Adam und Evelyn vive della perfetta contrapposizione tra gli istinti, i desideri e le paure dei protagonisti, ognuno dei quali con i suoi pregi e difetti assurge a perfetto simbolo dei diversi lati del vivere umano.
Vi è il narciso sognatore, perso nel proprio talento e nel proprio sentimento (Adam), chi invece non sa cosa vuole, chi vuole, ma lo vuole adesso, subito, e mette i sentimenti davanti a tutto (Evelyn); vi è chi si accontenta di ciò che la vita gli mette di fronte al piatto o agli occhi senza farsi troppe domande (Katja), chi invece si sente molto più sicuro, pieno di certezze e speranza di quanto invece sia realmente alla prova dei fatti (Michael) e chi semplicemente sopravvaluta il valore di sé stessa e dell’orgoglio (Simone).

 

Tuttavia ciò che stupisce di più di Adam und Evelyn è la totale assenza di un giudizio morale tra persone, la pacatezza con cui descrive il mutare dei sentimenti, il loro confondere l’animo umano, il disperato bisogno d’amore e di calore reso palese in ogni minuto, equilibrato da un falso individualismo che alla fin fine si erge semplicemente a radar per trovare l’anima gemella, l’altra metà del cielo con cui condividere momenti e pensieri, i sogni e gli istanti di una vita che troppo spesso pensiamo che dipenda solo da noi.

Il mondo, pare suggerire Goldstein, è tiranno, la storia dona occasioni o condanne, all’uomo non resta che prendere ciò che può e, piuttosto che cercare l’amore, accettarlo quando ci viene donato, quando ci prende per mano. La perfezione non esiste, ma possono esistere momenti ed istanti perfetti nella loro imperfezione.
Al di là di una eccessiva lunghezza, un certo autocompiacimento diffuso soprattutto nel finale che però in fondo ben si confà al racconto, Adam und Evelyn è  un inno alla sensibilità, al perdono, all’immaterialità contro il consumismo e l’arroganza esistenziale del tempi moderni, secondo i quali fama e successo sono più importanti della felicità.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.7