Across: recensione del road movie spirituale di Irene Dorigotti
Il film è stato presentato in varie occasioni, tra cui alla Mostra del Cinema di Venezia (alle Giornate degli Autori) e poi alla 16° edizione di Una Marina di Libri, nell'ambito della rassegna di avvicinamento al Sole Luna Doc Film Festival 2025.
Across, primo lungometraggio di Irene Dorigotti, rende fede al titolo che porta, palesandosi agli occhi dello spettatore come un film in grado di farsi strada, di attraversare gli anni – ce ne sono voluti otto per la sua realizzazione, terminata nel 2023 – le domande, le culture e i Paesi. Soprattutto, però, Across si fa largo nella vita di chi lo guarda con dignitosa autenticità, aprendo e ricucendo le ferite dell’umanità con grazia e naturalezza e unendo gli interrogativi personali dell’autrice a quelli universali.

Cos’è il mondo? Esiste Dio? E perché non lo chiamiamo tutti allo stesso modo? Esiste l’inferno? Difficile dare una risposta univoca, eppure Irene ci prova e lo fa realmente con tutta se stessa, intraprendendo un viaggio fisico e spirituale in cui si immola dinnanzi alla macchina da presa, come se fosse la presenza del suo corpo fosse un sacrificio necessario per tentare di comprendere il senso dell’esistenza. E lo è!
La regista, che approda al film in questione dopo essersi cimentata con diversi cortometraggi (Apnea, Ora sono diventata foresta, Herz-Jesu-Feuer, La Grand Reve), porta sul grande schermo tutto il suo vissuto, dai paesaggi attorno a Isera (Trento), in cui è cresciuta, agli studi di antropologia, senza tralasciare la sua fede scout )non a caso la vediamo in divisa).
Across è un road movie spirituale con un comparto tecnico raffinato
Se le immagini ci trascinano da Torino (tutto parte dalla Sacra Sindone) al Vietnam e poi dai templi di Angkor Vat in Cambogia, fino al Messico e alla Sardegna, la mente viaggia ancora più rapidamente, gettandosi a precipizio in un caos deliziosamente indecifrabile, in cui danzano senza sosta performance, immagini da reportage e d’archivio, riprese aeree. E la visione diviene più interessante al pensiero che molta di quest’arte fluida che cosparge lo schermo sia il frutto, spesso, di mera coincidenza: un favore chiesto a un passante, un drone messo a servizio da un gruppo di ragazzini. Ma anche scene studiate alla perfezione, come quella in cui vediamo i battitori della croce che, ammette la regista stessa, “è costata 10 mila euro”.
Le immagini e la colonna sonora sono il valore aggiunto di Across

Interessanti, all’interno di Across, le inserzioni animate di Simone Rosset che abilmente ci introiettano in un linguaggio diverso, a tratti infantile, cartaceo, rudimentale e atavico. Abbiamo la sensazione di poter allungare la mano e prendere foglio e matite, di sporcarci le mani di oro, di toccare realmente quel percorso interiore che Irene ha fatto e che probabilmente non sarebbe così evocativo senza la colonna sonora psichedelica di Enrico Ascoli che come un vortice ci avvolge nel suo campo gravitazionale e ci sconquassa.
La voce e i testi
Si perderebbe la bussola, nel film di Irene Dorigotti – perché le immagini spesso annebbiano, confondono, spingono ai limiti del sogno – se non fosse per la scelta di introdurre una voce narrante al fine di spiegare poeticamente tutto ciò che la Dorigotti ha vissuto e poi provato a elaborare in scrittura insieme al produttore Carlo Shalom Hintermann. Quella voce profonda, impastata di sacralità, che sembra provenire da un’era lontanissima, è di Fabio Bussotti.
Oltre alla sua interpretazione vocale è il caso di sottolineare la presenza di Riccardo Annoni nei panni di nonno Dorigotti, di Marco Rezoagli in quelli di Gesù, di Grazia Merlo, Chiara Dorigotti e Giorgio Dorigotti, dei performer coinvolti nel rito della crocefissione, Davide Dell’Anno e Ludovico Lanni e ancora dei “battitori della croce” Andrea Casacca, Fabrizio Zucca, Emanuele Ghironi, Luigi Pusceddu, Pierluigi Cabras, Stefano Casula, Federico Crobe, Sambiry Fofana, Omar Baldeh, Muhammed Aboubakar, Osama Bell e David Kone.
E poi c’è l’interpretazione di Irene Dorigotti, che in Across è regista, sceneggiatrice, protagonista, fotografa, deus ex machina. Il suo corpo va a combaciare con ciò che di umano c’è nel divino, in una scena di denudazione che non è volgare né sensuale ma trasuda sullo schermo come carnale, necessaria, dovuta.
Across: valutazione e conclusione
Across è un film che non può essere replicato neanche dalla sua stessa autrice poiché è uno di quegli esperimenti cinematografici in cui la documentazione si intreccia inevitabilmente alla vita (fino a prenderne il possesso e a farne qualcosa di altro, di diverso, di meglio) e agli intoppi produttivi che forse ci concedono il lusso di cristallizzare il tempo e apprezzare la tenacia di chi sa attendere nuovi fondi, al bisogno riuscire a farne a meno, ma alla fine arrivare fino in fondo, pur di darsi e dare delle risposte. Anche se per la verità Across resta esattamente lì, nella linea sospesa di quell’attraversamento che parte da una crisi e approda a un’altra. Un film che non offre risposte, ma solleva domande. E forse è proprio questo il compito del cinema: aiutarci a riflettere.