ZeroZeroZero: recensione della serie TV di Stefano Sollima

La recensione di ZeroZeroZero, la nuova serie Sky e Cattleya, tratta dal libro di Roberto Saviano e creata da Stefano Sollima, Leonardo Fasoli e Mauricio Katz.

Si è da poco conclusa su Sky Atlantic la messa in onda della nuova, ambiziosa, produzione Sky e Cattleya, ZeroZeroZero, la serie evento liberamente tratta dall’omonimo romanzo-inchiesta di Roberto Saviano presentata in anteprima a Venezia76.

Creata da Stefano Sollima, che ne dirige anche i primi due episodi, Leonardo Fasoli, sceneggiatore e già head writer di Gomorra – La serie, e Mauricio Katz, una delle penne del Maniac di Netflix, ZeroZeroZero è stata frutto di un sforzo eccellente di un eccellente collettivo sia davanti che dietro la macchina da presa. Oltre ai nomi già citati infatti c’è da sottolineare il contributo di Saviano stesso e Stefano Bises (altra testa presa da Gomorra e recente co-sceneggiatore di The New Pope) alla stesura del progetto, la fotografia curata da Romain Lacourbas e il veterano Paolo Carnera, vecchia conoscenza di Sollima e da qualche tempo collaboratore dei fratelli D’Innocenzo, e, in generale, l’enorme lavoro di una troupe che ha girato in 5 Paesi (Messico, Italia, Senegal, Marocco e Louisiana) per un totale di 148 giorni.

Il cast internazionale è un mix variegato di attori già affermati come l’irlandese Gabriel Byrne, l’americano Dane DeHaan, la britannica Andrea Riseborough e i nostri Adriano Chiaramida e Francesco Colella e i quasi debuttanti in produzioni più grandi come Giuseppe de Domenico e il messicano Harold Torres.

La trama di ZeroZeroZero, la serie TV Sky tratta dal romanzo di Saviano

ZeroZeroZero, cinematographe.it

Dai venditori ai compratori. Dal Messico all’Italia. Da Monterrey a Gioia Tauro. Questo è l’asse commerciale che si innesca quando Don Minu (Chiaramida), boss latitante della ‘ndrangheta calabrese, decide di comprare un enorme carico di cocaina, vitale per mantenere il controllo sulle altre famiglie, tra cui inizia a serpeggiare un sentimento di timore nei confronti della forza di un capo sempre molto potente, ma ormai avanti con gli anni. Dall’altra parte del globo il cartello dei Lyras, uno dei gruppi di narcos messicani più potenti del Paese, produttori e smerciatori alle porte di una inattesa e sottovalutata rivoluzione.

In mezzo ai due continenti ci sono i mediatori, nel caso specifico i Lynwood, nelle persone di padre Edward (Byrne) e figlia Emma (Riseborough), ricca famiglia di imprenditori di New Orleans che si occupa di trasporti navali, ma da molto tempo in affari con il boss calabrese.

Da loro parte il viaggio alla scoperta dell’impero della cocaina, cronaca del trasporto di un carico al centro non solo di una delicata e costosissima operazione commerciale, ma di altrettanti delicati giochi di potere, la cui degenerazione rischia far scoppiare una vera e propria guerra.

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Una serie tv mai vista

Dane DeHaan, cinematographe.it

Oltre al già citato maxi sforzo per dar vita ad una produzione dalla grandezza e dall’efficienza tale da coinvolgere nello stesso progetto 5 Paesi distribuiti su 3 continenti diversi, la forza di una serie come ZeroZeroZero sta in una scrittura poliedrica, in una struttura narrativa imponente e in un comparto registico solido e unito.

Partendo dall’ultimo punto: quelle di Sollima, Janus Metz (Borg McEnroe) e Pablo Trapero (Leone d’argento per la miglior regia de Il clan a Venezia72) sono delle regie ordinate, brillanti e, cosa più importante, pur se nello loro piccole libertà, completamente al servizio del progetto. Tre sguardi coordinati e rivolti verso il medesimo obiettivo. Lo stesso che coinvolge la scrittura dei personaggi e la creazione della struttura narrativa: dar vita ad un racconto minuzioso e il più completo possibile dell’impero della cocaina, riuscendo a portare i toni oltre i classici canoni della poetica di genere e raggiungere la giusta profondità nella scrittura di personaggi volutamente complessi e impegnativi. Un piano, se mi permettete, gigantesco, che riesce in buonissima parte e a cui qualche inciampo si può concedere.

Nonostante il recente lavoro di Sollima sia legato ad un visionario action, così come lo sono i lidi narrativi che si vanno a toccare nella serie, ZeroZeroZero ha il suo interno si, una buona dose di azione, ma si presenta nel complesso come un prodotto più intimo, che gioca più sui meccanismi psicologici e umani del suo vasto numero di personaggi, piuttosto che su quelli delle macrolinee delineate dalla storia in cui sono coinvolti. Le famiglie protagoniste sono descritte nel dettaglio, adattando di volta in volta i toni della scrittura e dosando gli ingredienti visivi della messa in scena. Se la famiglia La Piana è presentata come fredda, cupa, dispersa e frammentata, con una componente nascosta tra le colline dell’Aspromonte e un’altra in giro per il mondo con la missione di pugnarla alle spalle, quella dei Lynwood è unita, permeata da un’alone di dolcezza e di affetto costante e a cui basta la vicinanza reciproca per andare avanti. Sullo sfondo ci sono addirittura altre due famiglie, entrambe legate alla figura del sergente Contreras (Torres), una non unita da legami di sangue, ma dal campo di battaglia, e un’altra più tradizionale, ma che rimane solo potenziale, ognuna di loro presentata con un registro ancora diverso.

ZeroZeroZero, cinematographe.it

L’imponenza della storia esige una struttura forte e univoca e gli autori decidono di fondarla su dei meccanismi rischiosi, per certi versi sperimentali, soprattutto nell’uso e nella cadenza con cui si decide di adottarli, ma che vincono la sfida di mantenere salde e ben legate tra loro tre diverse storyline inserite in altrettante, diverse, linee temporali, sebbene pagando qualche scotto. Gli episodi vengono raccontati rispettando un escamotage narrativo che prevede la ripartizione (in due o tre) dei tempi della storia, giocando sul racconto di un punto di vista che, arrivato ad una svolta, si ferma e passa la palla ad un altro, il quale riavvolge il nastro e poi lo raggiunge. Nonostante alcune trovate in questo senso siano affascinanti e accattivanti, a lungo andare questo meccanismo pretende delle forzature narrative e pecca di schematicità e ripetitività, le quali, associate alla scelta di mostrare tutto allo spettatore, sfociano nel ridondante, finendo con il diventare a volte controproducenti per il climax della storia.

Di contro ne viene beneficiata un’introspezione dei personaggi fondamentale per le vibrazioni di cui la serie vive, culminanti in ogni momento in cui le varie vicende personali si toccano, sovrapponendosi o scontrandosi. Da questo probabilmente nasce il coinvolgimento di un gran finale, costruito secondo una tensione narrativa magistralmente portata a detonazione.

ZeroZeroZero: la via del male

ZeroZeroZero, cinematographe.it

Sai perché non perderemo soldi in questo? Perché quello che facciamo è ciò che fa girare l’economia mondiale.

Nella gigantesca e variegata costellazione che ci porta dalle casupole diroccate della Calabria fino alle strade delle periferie messicane, passando per i campi jihadisti e gli hotel di Casablanca e che coinvolge morti, nascite, vendette, esecuzioni, tradimenti, reclutamenti e guerre, l’unico polo di orientamento, l’unico punto fermo, di ZeroZeroZero è il male.

Il male che contagia tutto e che tutto distorce, il male che ti condanna e non ti lascia andare, il male che tutti cercano e che tutti voglio perché tutto ti può dare, ma tutto quanto esige. Il personaggio di Chris (DeHaan) in questo senso è straordinariamente pensato perché è l’unico che un male ce lo ha già dentro e che per fuggire da questo vede in un altro la sua possibilità di riscatto, di avere una vita migliore oppure, semplicemente, di averla, scordandosi, come Contreras, che esso non prevede una redenzione né un elevazione morale. Egli è quello che è, un sentimento infettante, la cui forza inquinante passa dalle azioni fatte in suo nome ancora di più che da quelle da lui stesso compiute. Se ci pensate, questo concetto associato all’idea della droga, considerata nociva principalmente per chi ne fa uso, acquista una valenza concettuale raddoppiata in una storia sulla cocaina in cui nessuno si fa una tirata e in cui non si vede quasi mai, ma da cui tutti sono infettati solo per essere implicati nel suo trasporto.

È il male il filo conduttore che lega questi universi per natura così distanti tra loro e il finale tutto ciò che fa è svelarlo: prima camuffato da seconda opportunità, eredità familiare o, finanche, la Parola di Dio, egli è ora semplicemente quello è. E tutti ne vogliono ancora.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.8