The Mandalorian: recensione dei primi due episodi della serie TV Disney+

Un guerriero silenzioso e solitario, una missione importante e una galassia potenzialmente infinita da esplorare: ecco The Mandalorian, la prima serie tv live action tratta dalla saga di Star Wars.

I fan duri e puri di Star Wars, quelli legati alla prima originale e iconica trilogia degli anni ’70/’80, hanno capito fin da subito che l’acquisto del franchise da parte della famelica Disney avrebbe permesso da un lato la prosecuzione della tanto amata saga e dall’altro un inevitabile stravolgimento del canone ideato da George Lucas. Delle due, l’una: meglio lasciare che tutto finisca, col rimpianto di non poter vedere la conclusione della storia, o meglio scendere a compromessi sperando che i danni siano ridotti al minimo e che lo spirito primigenio venga il più possibile conservato?
La risposta sono gli Episodi VII, VIII e IX – problematici e controversi (e mai del tutto soddisfacenti – e i sempre cinematografici spin-off (Rogue One e Solo), che per quanto interessanti riempiono dei buchi narrativi che avrebbero potuto pacificamente restare tali. In questo articolato multiverso, formato in verità anche da fumetti e da svariati videogame, The Mandalorian calca un terreno finora inesplorato: siamo infatti di fronte alla prima serie tv live action tratta dall’epopea stellare, una Star Wars Story antologica e parallela sviluppata non a partire da personaggi conosciuti ma da nuovi caratteri, new entry che svincolano lo spettatore da una dettagliata conoscenza pregressa.

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Proprio in virtù della sua pressoché totale assenza di legami, The Mandalorian appare fin dai primi minuti un oggetto libero, scevro da costrizioni narrative, creativo e fantasioso. La serie si innesta dopo la caduta dell’Impero e prima del regno di terrore del Primo Ordine. Una sorta di Episodio VI ½, quindi, in cui seguiamo le avventure di un pistolero solitario nei meandri più reconditi della Galassia, lontano dall’autorità della Nuova Repubblica ma anche – volendo trovare dei precedenti – dal paragone con altri due amatissimi cacciatori di taglie, Jango e Boba Fett. La prima mezz’ora della serie (Capitolo 1: il Mandaloriano) serve proprio a questo, a presentare il protagonista e a calarci nel suo mondo fatto di taglie da raccogliere, leader della Gilda a cui rivolgersi per i pagamenti e Clienti che assoldano per nuove missioni.

Il nostro eroe è un duro, non si toglie mai la maschera (atto di fede che si presta nel momento del giuramento), possiede abilità di combattimento avanzate e sembra provenga da un film con Clint Eastwood. Al posto della pistola c’è il blaster, ma il messaggio è chiaro: The Mandalorian è un western aggiornato ai tempi della fantascienza, popolato da guerrieri laconici che portano a termine i propri compiti senza farsi troppe domande. Ma c’è un ma, e rappresenta il plot twist / turning point destinato ad animare tutta la stagione: al termine – ATTENZIONE! SPOILER! – dell’incarico, Mando scoprirà che che la taglia è una creatura verde infante dalle grandi orecchie, apparentemente della stessa specie di Yoda. E capirà di non poterla consegnare nelle mani del suo acquirente ma di doverla proteggere.

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Tra aiutanti vecchi (i mitici Jawa, i piccoli commercianti conosciuti su Tatooine) e nuovi (Kuill, il tecnico coltivatore di umidità di stirpe Ugnaught), The Mandalorian procede a passo svelto, permettendosi però momenti di riflessione e introspezione perlopiù sconosciuti alle trame classiche di Star Wars. È qui che la serie ideata da Jon Favreau gioca e vince la sua partita: si può narrare l’epopea di Guerre stellari anche da un diverso e anomalo punto di vista, tenendo in considerazione che l’universo di appartenenza è talmente esteso da essere potenzialmente infinito. Gli 8 capitoli di The Mandalorian avanzano dunque mostrandoci e spiegandoci di volta in volta qualcosa di nuovo a cui abituarci in fretta, come viene esplicitato anche dai titoli dei singoli episodi.

Completata l’introduzione del soldato protagonista, tocca quindi al Capitolo 2: il bambino, in cui scopriamo perché Baby Yoda – nomignolo approssimativo, ma diventato subito di tendenza dopo la première Usa – è così importante e perché ha a che fare con l’Impero. Il piccolo (che ha 50 anni ed è un bebé, considerando che il “vero” Yoda è morto a 900 anni) conosce e usa la Forza, e Mando inizierà a capirlo quando si ritroverà di fronte ad un mostruoso Mudhorn e verrà salvato ad un passo da morte certa proprio dalle abilità del bimbo. Innegabilmente, la ricetta di The Mandalorian funziona e affascina, complice una sorta di “anarchia produttiva” che sembra evitare brillantemente i vicoli ciechi in cui il nuovo corso disneyano di Star Wars si era finora cronicamente infilato. Due episodi sono pochi per cantare vittoria, ma l’orizzonte è sereno e per ora l’epica nostalgica della space opera appare – nuovamente e finalmente – salva.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3