Rick and Morty – Stagione 4: recensione della serie animata Netflix

A più di 7 mesi di distanza dalla pubblicazione della prima parte, su Netflix sono arrivati gli ultimi episodi della stagione 4 di Rick and Morty firmati Harmon e Roiland.

Come annunciato da mr. Poopy Butt Hole nel finale della terza stagione, il ritorno delle avventure di Rick and Morty si è fatto attendere, in linea con il pensiero di Dan Harmon e Justin Roiland, secondo i quali il mantenimento degli standard qualitativi avrebbero avuto la assoluta precedenza rispetto al resto. Specialmente ora che le aspettative sono sempre più elevate per un prodotto diventato uno dei fenomeni di massa più importanti e riconosciuti di questi ultimi anni (chiedere al McDonald’s per ulteriori informazioni). Indi per cui meglio prendersi del tempo in più.

Alla fine questo tempo in più ha prodotto un’attesa di due anni e spicci, da novembre 2017 a dicembre 2019 per la precisione, quando su Netflix sono arrivati i primi 5 episodi della quarta stagione. Qualche giorno fa, in piena estate 2020, è arrivato improvvisamente l’annuncio dell’imminente uscita degli episodi finali, la cui uscita porta data 24 luglio.

La quarta sinfonia di Rick and Morty

Rick and Morty, cinematographe.it

Recap (ormai forse inutile, ma sempre doveroso): Rick and Morty racconta le folli avventure di Rick Sanchez, misogino e geniale scienziato nonché noto terrorista spaziale, e di suo nipote Morty Smith, adolescente goffo e sessualmente represso, ai confini dello spazio e del tempo, luoghi di mezzo dove si intersecano dimensioni alternative ed universi paralleli e teatro incurante delle vicende esistenziali dei protagonisti e della loro famiglia.

Lasciatici alla fine della stagione scorsa con la riaccoglienza di Jerry all’interno del nucleo familiare degli Smith ad opera del (forse) clone di Beth e con ancora negli occhi lo straordinario The Ricklantis Mixup, Rick and Morty torna con una stagione atipica rispetto alle precedenti, non per tematiche o linguaggi, ma per una più debole organicità generale della stagione, conseguenza della divisione in due parti.

Perché se per tutti e 10 gli episodi è presente il rodatissimo idillio tra il solito universo nichilista e allucinogeno e il serialmente perfetto linguaggio irriverente, è anche ben percepibile un deciso cambio di indirizzo dopo il quinto episodio. Cesura tra una prima parte improntata quasi totalmente sul citazionismo pop e nerd più sfrenato, al punto di oscurare anche il materiale originale, e una seconda parte all’insegna della manipolazione più cervellotica delle logiche narrative, ma improntata su un recupero sostanziale della trama principale e di quelle tematiche filosofiche che costituiscono il cuore pulsante della serie.

Rick and Morty and Dan

Rick and Morty stagione 4, cinematographe.it

In una stagione che arriva probabilmente nel momento di migliore successo commerciale e di pubblico, testimoniata anche dai rinnovi per una quinta (qui la clip) e una sesta, Rick and Morty sembra trovarsi a dover fare i conti, come mai prima d’ora, con alcuni vizi della penna di David Harmon.

Come già ci aveva abituati nei lavori precedenti, lo sceneggiatore di Milwaukee si lascia facilmente andare ad una certa forma di bulimia parodistica, conseguenza di una dote immaginativa molto importante, che in questa caleidoscopica quarta parte della serie fa trasparire una generale dispersione e a volte una carenza di mordente. Riscontrabile, per esempio, nell’ingenerosità di un paragone con Pickle Rick della stagione scorsa, superiore per ricercatezza a quasi tutte le trovate di queste nuove puntate nonché assolutamente meglio integrata con la logica del resto del corpus narrativo.

Rick and Morty, cinematographe.it

A ciò si affianca un completo e cieco rifiuto di prendere in considerazione una struttura razionale, anche ricorrendo a dei virtuosismi fini a se stessi e a delle complicazioni attraenti, ma fuori giri, camminando costantemente sul filo sottile dello “stupire ad ogni costo”. Una tendenza nociva, anche questa tipica di Harmon, il quale continua a dare comunque prova della sua maestria incontestabile nell’uso della scrittura e dei suoi strumenti, come prova il sapiente impiego dell’incipit in medias res, dei plot twist, dell’anticlimax o, ancora, del linguaggio metatestuale.

Quello che non viene mai meno invece è la straordinaria capacità di destrutturazione e ricreazione dei vari topos provenienti dall’immaginario sci-fi, piegati egregiamente alla volontà degli autori della serie e reinseriti alla perfezione nel nuovo contesto. Un modo straordinario di riconiugare ogni volta degli elementi classici, trattati con la chiara consapevolezza di essere davanti ad un pubblico prima appassionato e poi informato e arricchiti nelle loro migliori espressioni da un background sociale ed esistenziale attuale, dissacrante e solitamente spunto di riflessione. Accanto a questo felice passaggio c’è il rinnovato interesse verso le piccole storie che animano la cosmologia di Rick and Morty, tornando a regalare dei momenti di pathos e coinvolgimento degni di alcuni dei momenti emotivamente più alti toccati dalla serie.

A coronare questo che, nonostante ciò che si è detto, è un altro successo, c’è la parte riguardante la sfera dell’intrattenimento, che conferma la creatura di Harmon e Roiland nel gota dei prodotti attualmente sul mercato.

Terapia familiare

Rick Sanchez cinematographe.it

La migliore espressione di questa quarta parte di Rick and Morty pesca a piene mani da ciò che di meglio si è seminato nel corso delle stagioni precedenti, sia in senso di stile che di poetica. All’eccellenza di The Vat of Acid Episode, segue un finale di stagione composto da due episodi che rievocano il nucleo fondamentale della serie: il racconto di un Dio-uomo, in grado di plasmare l’universo secondo la sua volta e i suoi capricci, ma comunque invischiato negli affetti familiari e costantemente vittima delle sue insicurezze e dei suoi limiti.

Nel momento del recupero del filone narrativo principale la scacchiera di Rick and Morty si ricompone in tutto il suo splendore, tornando ad esprimere l’enorme potenziale dei personaggi, straordinari nei singoli approfondimenti psicologici e ancora di più quando sono inquadrati nelle relazioni che li legano. Espressioni del letimotiv esistenzialista di fondo che muove tutta la narrazione. Il pezzo mancante di un puzzle straordinario che però riesce a calibrare alla perfezione i suoi strumenti solamente quando è completo, dando così vita a quel format immaginifico e irresistibile che ha fatto le fortune dei due autori.

Una parola sulla natura ambivalente del finale. Completando metaforicamente il tragitto del cerchio introdotto in Never Ricking Morty, esso apre ad un nuovo arco narrativo in modo elegante e in linea con la serie, ma nell’introdurlo di fatto utilizza un’espediente che abbiamo già visto, seppur piegato alle nuove contingenze. Che sia una speranza per una narrazione più coerente o che sia il peggiore dei moniti dipende dai punti di vista. In attesa delle nuove avventure.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3

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