Resident Evil: Infinite Darkness – recensione della serie TV Netflix

L’ormai celebre serie videoludica Capcom sbarca sul piccolo schermo con la prima serie TV in CGI.

Una nuova minaccia batteriologica sembra aggirarsi tra le stanze della Casa Bianca: strani casi di spionaggio e hackeraggio si mescolano alla comparsa di zombie che minacciano l’ordine nazionale. In Resident Evil: Infinite Darkness Leon S. Kennedy viene assoldato per indagare sui misteriosi casi, addentrandosi in una vicenda di complotti politici ed economici.

Resident Evil è la famosissima serie videoludica firmata Capcom che dal 1996, con l’uscita in Giappone del primo titolo (il cui nome originale è Biohazard), ha rivoluzionato e riportato in auge il genere survival horror grazie a videogiochi e opere crossmediali di grandissimo successo. Dopo una serie di film (che costituiscono l’esalogia non canonica della serie videoludica) e quattro lungometraggi d’animazione che ricalcano a grandi linee la trama dei videogiochi, esce su Netflix la prima serie tv spin-off, Resident Evil: Infinite Darkness. Si è parlato a lungo di voler realizzare un nuovo film tratto dalla celebre serie, per poi essere annunciata nel 2020 una serie animata in CG con protagonisti Leon e Claire, i personaggi principali di Resident Evil 2 del 1998.

La serie, formata da 4 episodi da 25 minuti circa ciascuno, si interpone cronologicamente tra gli eventi di Resident Evil 4 e Resident Evil 5, dopo che Leon salva la figlia del presidente degli Stati Uniti da Lord Osmund Saddler, sventando i piani della setta degli Illuminados.

Realizzata completamente in CGI, la serie co-prodotta da Capcom e Netflix è realizzata dagli studi giapponesi TMS Enterteinment e Quebico, e diretta da Eiichirō Hasumi, già regista degli adattamenti filmici di Assassination Classroom.

Resident Evil: Infinite Darkness – la storia di Leon e Claire continua nella serie TV Netflix

Resident Evil: Infinite Darkness Cinematographe.it

La storia, come accennato prima, si svolge tra il quarto e il quinto capitolo della saga, in particolare nel 2006, e vede il protagonista di Resident Evil 2 alle prese con un’indagine di hacking interno alla Casa Bianca insieme ad altri due agenti, Shen Mei e Jason, soprannominato l’eroe del Penamstan, essendo l’unico sopravvissuto di una guerra sanguinosa. Ben presto la vicenda assume una piega inaspettata quando alcuni zombie iniziano a brulicare tra i corridoi della residenza presidenziale: Leon dovrà indagare dunque l’origine dell’infezione batteriologica che sembra annidarsi dietro la comparsa degli zombie, proprio come anni prima era successo a Raccoon City. Parallelamente Claire Redfield, ora facente parte di un’organizzazione umanitaria che ha come obiettivo quello di portare aiuti nel devastato Penamstan, scopre degli indizi riguardanti un sospetto caso di zombie proprio nel Paese orientale, ed inizia un’indagine autonoma per scoprirne le cause.

Resident Evil: Infinite Darkness Cinematographe.it

La storia presenta degli elementi ricorrenti, che fanno capo alla serie videoludica e che fungono da corollario per comprendere alcuni dettagli delle vicende della serie tv, nonostante questa possa essere tranquillamente godibile anche da chi non ha mai giocato i videogiochi. Ciò comporta un leggere squilibrio spettatoriale, che però è compensato da una fluidità diegetica in grado di colmare qualche laguna strutturale.

L’impostazione della narrazione è semplice, sconfinando a volte nel cliché, ricca di flashback che talune volte possono confondere e frammentare la diegesi, fungendo da espediente narrativo in grado di mostrare in piccole dosi le motivazioni intrinseche ai comportamenti dei personaggi, ma fondamentalmente mescolando frettolosamente i piani temporali. La storia poi non ha una costruzione molto profonda, presentando la serie tv più come un film che un racconto seriale strutturato su più livelli metalinguistici, confezionando una storia veloce e senza troppi approfondimenti psicologici dei personaggi principali. Dopotutto c’è da dire che effettivamente tali contrasti strutturali sono probabilmente stati pensati fin dall’origine dello script, sia perché effettivamente la serie era stata concepita come un lungometraggio, sia perché molti dettagli possono essere individuati solo se nella convergenza tra le diverse opere crossmediali legate al franchise. Resident Evil: Infinite Darkness si configura così come uno spin off che può essere fruito anche da chi non è appassionato della serie videoludica, ma che sicuramente dà molto di più se associato alla fruizione dei giochi Capcom.

La componente grafica di Resident Evil: Infinite Darkness un passo in avanti verso l’estetica videoludica

Resident Evil: Infinite Darkness Cinematographe.it

Il comparto grafico si avvale di una fluida cgi, che caratterizza molto spesso la produzione seriale nipponica legata alle trasposizione anime di videogiochi, come ad esempio i film derivati dal franchise di Final Fantasy. La composizione visiva delle inquadrature e delle sequenze è stata studiata per essere fortemente aderente con i canoni del cinema dal vero: il modo di rappresentazione verte verso il fotorealismo, non solo grafico ma anche stilistico. La messa in scena è caratterizzata da inquadrature sghembe, che ricreano movimenti di macchina realistici e altamente aderente agli stilemi rappresentativi propri del cinema contemporaneo.

Se da una parte la fotografia, dunque, è altamente connotata ad una rappresentazione spettacolare improntata sul fotorealismo e sull’omogeneità visiva, dall’altro lato bisogna notare come i movimenti dei soggetti umani sia in taluni casi stranianti e alquanto rigidi, portando una notevole differenza visuale tra il background dell’immagine e il movimento dei personaggi, che sembrano quasi distaccarsi dall’omogeneità grafica dello sfondo.

L’illuminazione e il comparto cromatico rendono l’immagine visivamente accattivante, con precisi dettagli grafici che rendono le inquadrature caratterizzate da una perfezione quasi manichea della renderizzazione digitale. Ed è proprio questo uno dei punti di forza della serie, che in qualche modo vuole ricreare l’estetica videoludica di ultima generazione, sfruttando le potenzialità della cgi cinematografica per ricreare uno stile ed un’estetica formale che ricordino la tecnologia Unreal Engine 5 propria del medium videoludico. Ma l’elemento straniante rappresentato dal gap stilistico tra background e movimento non permette una completa immersione spettatoriale nella composizione formale dell’immagine.

Resident Evil: Infinite Darkness Cinematographe.it

Resident Evil: Infinite Darkness è, dunque, una serie godibile dal punto di vista grafico, che non presenta però particolari eccitamenti emotivi dal punto di vista narrativo, presentandosi più come un film prevedibile che come una serie avvincente. Un prodotto crossmediale che può essere fruito in modo molto blando da chi non ha mai giocato la serie originale, oppure apprezzato dai cultori del famosissimo franchiste videoludico Capcom.

Leggi anche Quali sono le migliori serie TV da vedere su Netflix?

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.5

Tags: Netflix