Marcella – Stagione 3: recensione della serie TV Netflix

La recensione della terza stagione del crime-poliziesco britannico dal retrogusto scandinavo, con una Anna Friel in stato di grazia alle prese con una pericolosa missione sotto copertura e i fantasmi del passato che tornano a bussare alla porta. Dal 14 giugno su Netflix. 

Dopo il discreto successo delle prime due stagioni, vincitrici di un Emmy e di un British Screenwriters’ Awards nel biennio 2016-2017, Marcella ha attirato su di sé l’attenzione di Netflix che ne ha ordinato una terza, rilasciata sulla piattaforma lo scorso 14 giugno. La serie britannica scritta, diretta e prodotta dallo svedese Hans Rosenfeldt, già creatore della The Bridge, con Nicola Larder, continua ad avere nel buon mix di crime e poliziesco dal forte retrogusto scandinavo l’ingrediente principale della ricetta. Ricetta che vede nuovamente al centro del plot le disavventure dell’ex detective londinese Marcella Backland che, dopo avere indagato su tre omicidi irrisolti in quel di Grove Park e dato la caccia a un serial killer di bambini tornato in azione, torna a a lavorare per le autorità, accettando una missione sotto copertura a Belfast dove si è infiltrata tra le fila della potente famiglia del crimine organizzato MacGuire, con lo scopo di smascherarla e bloccarne gli illeciti (sfruttamento della prostituzione, spaccio e trasporto illegale di clandestini).

Marcella – Stagione 3: cambio d’identità ma stessi problemi psicologici

Cronologicamente la nuova season si colloca a diciotto mesi di distanza dalla chiusura della precedente, il che significa che il pubblico ritroverà una protagonista completamente devastata nel corpo e soprattutto nella psiche a causa delle complicate inchieste alle quali ha preso parte e delle tragiche vicissitudini private che l’hanno travolta: dalla separazione con il marito alla morte della figlia neonata, sino all’allontanamento della restante prole rimasta in vita. Creduta morta, come da tradizione per il genere viene nuovamente assoldata, ma stavolta con una nuova identità, la bionda platino Keira, un incrocio letale tra una vedova nera e Mata Hari. E infatti userà l’arte della seduzione e della manipolazione per infilarsi tra le lenzuola e negli affari loschi dei MacGuire.  Per farlo dovrà per forza di cose agire come loro e con loro, perché per combattere il male devi a tua volta diventare il male. Ciò la porterà a muoversi il più delle volte oltre la soglia della legalità, sporcandosi le mani senza esitazione quando la situazione lo richiederà. A complicare le cose i fantasmi dal passato, vecchie conoscenze giunte in città (il detective Rav Sangha) e un nemico tentacolare guidato da una spietata matriarca con giudici, politici e poliziotti sul proprio libro paga.    

Marcella - Stagione 3 cinematographe.it

L’elemento caratteristico del personaggio, ossia la fuga dissociativa (disturbo che consiste in un’improvvisa e temporanea amnesia e confusione sulla propria identità) della quale è affetta, ha qui raggiunto i livelli massimi in termini patologici, tanto da consegnarci una versione totalmente diversa di lei. Quella con la quale ci troviamo a fare i conti è una donna psicologicamente instabile e fuori controllo, costretta a fare ricorso a psicofarmaci e droghe per provare a contenere  i traumi, le fobie, gli incubi ricorrenti, le allucinazioni, le cicatrici visibili e invisibili, ma sopratutto i ricordi di un passato che bussano puntualmente alla sua porta. In più deve vedersela con una missione molto intricata che la costringerà a fare i conti con il suo lato oscuro.

La performance attoriale di Anna Friel resta il valore aggiunto della serie

Marcella - Stagione 3 cinematographe.it

Gli autori ovviamente non potevano non premere su questo tasto e, infatti, la drammaturgia della serie e la one line di Marcella/Keira si appoggiano in maniera importante su di esso. Questo aumenta in maniera esponenziale il peso specifico e la centralità della protagonista, caricando sulle sue spalle una responsabilità che nelle precedenti stagioni era comunque cospicua, ma allo sesso tempo diluita e spalmata anche sulle figure di contorno. Ciò significa che anche colei che è stata chiamata a vestire i panni scomodi del suddetto personaggio ha visto l’asticella del coefficiente di difficoltà salire di un bel po’. Per fortuna Anna Friel sfodera un’altra potentissima ed efficace interpretazione sia sul piano fisico che emotivo, restituendo sullo schermo una performance di altissimo livello, in grado di consegnare allo spettatore di turno le frequenti scissioni mentali di una figura pericolosamente sospesa e complicata da gestire. L’attrice britannica riesce nel compito che le è stato affidato e non a caso a conti fatti rappresenta il valore aggiunto della stagione.   

Marcella - Stagione 3 cinematographe.it

Insomma tantissima carne al fuoco da gestire e portare alla giusta cottura, che si tramuta in una succulenta grigliata da consumare nell’arco di una linea narrativa orizzontale di otto episodi da una quarantina di minuti cadauno. La temperatura della suspence e della tensione non è costante, ma la il sali e scendi al quale si assiste regge comunque gli sbalzi nonostante qualche digressione di troppo e calo tra un episodio e l’altro. Il plot nel suo complesso non presenta elementi di originalità, al contrario ripropone modus operandi, disegno dei personaggi e dinamiche familiari al crime sin dalla notte dei tempi, al quale difficilmente, salvo un grandissimo sforzo che qui non c’è, si riesce ad aggiungere pennellate personali e inedite. 

L’alternanza tra incubo e realtà domina Marcella 3

Marcella - Stagione 3 cinematographe.it

Per il resto Marcella 3 ci catapulta in media res nella missione, con gli sceneggiatori che decidono di renderne note le coordinate solo all’inizio del sesto episodio. Le lancette dell’orologio ci riportano diritti al termine della seconda stagione, prima che la Backland si trasformi in Keira grazie all’addestramento e al recupero dell’incaricato Frank Young, figura anch’essa per niente trasparente. Il jump cut temporale spezza di fatto la linearità del racconto, di suo stressato e sollecitato costantemente dagli incubi e dalle visioni della protagonista con la quale si aprono i singoli capitoli.

L’alternanza tra incubo e realtà, lo sdoppiamento della personalità, una manciata di scene d’impatto (su tutte l’omicidio di Danny all’esterno del tribunale e l’arresto di Bobby Barrett che animano rispettivamente il 3° e 4° episodio), mescolate ai colpi di scena più o meno riusciti, accompagnano il percorso non sempre netto della stagione. Una stagione che ha nel passaggio di testimone dietro la macchina da presa da Gilles Bannier ad Ashley Pearce durante il giro di boa il proprio tocca sana. La Pearce, infatti, offre un campionario più vasto di soluzioni visive che tocca il suo apice nell’episodio sette, che rendono la fruizione decisamente più coinvolgente rispetto ai primi tre episodi, in cui il collega percorre binari accademici e classici per portare a termine il compito. In tal senso, si nota una certa disomogeneità e discontinuità stilistica nella resa finale. Ma ci pensa la Friel a distrarre lo spettatore con la sua interpretazione.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8

Tags: Netflix