Loki: recensione finale della serie Marvel con Tom Hiddleston

Nell'ultimo episodio di Loki Il dio dell'inganno smonta il castello di carte su cui è stata costruita la TVA, regalandoci uno dei finali più importanti dell'MCU.

È giunta a conclusione Loki, la terza serie del Marvel Cinematic Universe targata Disney+. Il dio dell’inganno impersonato da Tom Hiddleston porta a compimento questo primo ciclo di storie, conducendoci al finale più importante dopo Avengers: Infinity War ed Endgame. Il cliffhanger riscatta una stagione non proprio perfetta, una serie di episodi centrali fuori baricentro e un episodio finale ricco di spiegoni e poco climax. Il gioco è valso la candela, ma tornando indietro ed analizzando Loki in toto, la storia non ha mai toccato le vette desiderate. Detto ciò, Michael Waldron è riuscito comunque a regalarci momenti davvero importanti per la mitologia del suo protagonista, per quanto molto lontano dalle sfumature della sua controparte cartacea.

Infatti, nei film quanto nella serie, non abbiamo mai assistito alla trasformazione di Loki nel vero e proprio dio dell’inganno, maestro di loschi piani apocalittici. Il Loki dell’MCU ha sempre percorso una sola strada, quella della redenzione. Dal primo Avengers fino al suo stand-alone. Il volto di Hiddleston ci mostra un villain derelitto, sconfitto e amareggiato; “un ragazzino solo e impaurito” come direbbe il Mobius di Owen Wilson. Ed è solo l’incontro con Sylvie (Sophia Di Martino), la sua variante femminile, a portare il nostro verso nuove strade. Lei è l’unica che possa capirlo davvero, accettare quei lati d’ombra che altri trovano ripugnanti. Ma per Loki il finale sarà amarissimo, e conoscerà sulla sua pelle il dolore del tradimento. Ma andiamo per gradi.

Identità e libero arbitrio, gli assi su cui si muove lo stand-alone su Loki

Loki - Cinematographe.it

I primi due episodi ci hanno portato dentro le mura claustrofobiche e alienanti della TVA (Time Variance Authority), un’organizzazione addetta al controllo del tempo, o meglio della sacra linea temporale creata dai Time Keepers per impedire la creazione del multiverso e quindi del caos. Insomma, giudici, giuria e boia del libero arbitrio. Non per l’altro le basi su cui poggia Loki sono identità e volontà. Loki ha da sempre impersonato il mostro, il cattivo, indossando la maschera con tanto di corna. Ha portato avanti l’immagine che gli altri avevano di lui. Mobius svela il suo più grande inganno, rimuove il velo e scopre un uomo sotto le vesti di un dio. L’altra faccia della medaglia è la libertà, incarnata da Sylvie. La donna è in fuga fin da bambina, in quanto la TVA l’ha privata di una vera vita. Assi che si intersecano, si lasciano e si rincontrano: come, appunto, Loki e Sylvie.

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I due, nella loro fuga dalla TVA, trovano un piccolo spiraglio di libertà e giustizia. Insieme complottano per rovesciare un sistema losco e corrotto. Perché il bureau del tempo non è quello che tutti credevano; un po’ come lo SHIELD sotto la segreta direzione dell’HYDRA. I sistemi autoritari del Marvel Cinematic Universe nascondono sempre un lato oscuro. Lamentis-1 si fa così metafora di un sistema al collasso e della serie stessa. Un mondo sull’orlo dell’apocalisse, e due persone che corrono senza sosta per fuggire e cambiare la storia. Salvati e poi incarcerati dalla TVA, Loki e Sylvie scoprono in Mobius e B-15 due preziosi alleati. Il personaggio impersonato da Wunmi Mosaku era stato infatti incantato dalla dea, scoprendo così l’inganno dell’organizzazione per cui ha dato la vita: tutti gli agenti non sono altro che varianti sottratte alla loro linea temporale. Il primo tassello dell’inganno è caduto. Ma le scoperte non si fermano qui, i nostri anti-eroi arriveranno difronte ai celestiali giudici del tempo, creature dall’infinito potere cosmico per poi scoprire la loro vera natura: sono solo dei robot, burattini i cui fili vengono mossi da qualcuno che fin ad allora si è nascosto nell’ombra. Il quinto episodio non ci dà modo di scoprirlo e Loki viene ucciso da Ravonna Renslayer (Gugu Mbatha-Raw) prima che possa dichiarare i suoi sentimenti a Sylvie.

Journey Into Mistery, un episodio ricco di succulenti easter egg

Loki - Cinematographe.it

Il quinto e penultimo episodio (Journey Into Mystery) diventa la cornice dell’assurdo. Loki si risveglia davanti a ben quattro sue varianti: Classic Loki, Kid Loki, Boastful Loki e Alligator Loki. I primi due incarnano il passato e il futuro del personaggio, ma dobbiamo dirla tutta Richard E. Grant con il costume classico ruberà la scena a tutti quanti; è lui la vera icona della serie. Torniamo all’episodio, tutte le varianti di Loki convivono in uno spazio fuori dal tempo, dove tutte le realtà rimosse dalla TVA convivono in un unico spazio; una sottospecie di cestino dell’immondizia senza differenziata. La puntata è un susseguirsi di easter eggs, ripercorriamoli insieme.

Nel pianeta “spazzatura” vediamo l’elicottero giallo di Thanos (visto nei fumetti), l’elmo gigante di Yellowjacket (il primo nemico di Ant-Man), la statua del Tribunale Vivente (l’entità più potente dell’Universo Marvel), il martello di Thor e Throg (la versione rana di Thor) imprigionato in una bottiglia. Nell’episodio vediamo anche un Helicarrier dello SHIELD, la Stark Tower con la scritta Qeng, la Dark Ater di Ronan e l’elivolo del Teschio Rosso. Questi sono solo alcuni degli easter eggs più importanti che l’episodio ci regala. Ma, nuovamente, la vera sorpresa rimane il Classic Loki di Grant, che nel finale ci regala momenti altissimi. Il personaggio, infatti, grazie alla sua magia ricostruisce un’illusione completa di Asgard mentre affronta Alioth, il mostro a guardia del Vuoto. E sarà proprio quest’ultimo la chiave per scoprire chi si nasconde dietro la TVA. Incantato dal potere congiunto di Loki e Sylvie, la nube che compone la bestia di dirada, aprendo il passaggio verso il castello del villain della stagione.

Colui che rimane, il non-villain finale della stagione

Loki - Cinematographe.it

Il viaggio è quasi giunto alla sua conclusione o forse al suo inizio. Perché For All Time. Always si dimostra essere non solo la conclusione di una stagione, ma l’inizio vero e proprio della prossima fase Marvel. Qui, Loki e Sylvie, fanno la conoscenza di Colui che rimane, il burattinaio che controlla tutti i fili. Questi non è altri che un essere umano con grandi competenze scientifiche e tecnologiche. Scopriamo infatti che fu lui a scoprire i meandri del multiverso e a fare la conoscenza delle sue varianti. L’idillio finì presto, perché non tutti le varianti avevano la stessa visione di pace e scambio reciproco. Cominciò così una guerra per la supremazia, la sete di conquista prevalse sulla ragione. Per evitare la catastrofe Colui che rimane trovò un modo per porre fine al conflitto: annientare il multiverso e mantenere una sola e unica linea temporale. Stanco però del suo ruolo, propone ai due Loki di sostituirlo ed evitare che un’altra versione di sé porti di nuovo scompiglio. Il nostro Loki sembra quasi accettare il suo ruolo, ma Sylvie non demorde e uccide “il tiranno” che le ha portato via la libertà. Tradisce così Loki, spedendolo di nuovo alla TVA.

Ma chi è Colui che rimane? Non è altri che Kang il conquistare, o almeno una sua versione. Jonathan Majors è subito riconoscibile, in quanto già accreditato per il ruolo nel prossimo Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Kang è uno dei più grandi villain della Marvel, un viaggiatore del tempo che molto spesso ha dato filo da torcere agli Avengers e a tutti gli eroi della Casa delle idee. La sua morte comporta la creazione del multiverso, quel tanto citato e sperato multiverso che aprirà (pensiamo) le porte a nuovi personaggi. Ma non è tutto, infatti quando Loki parlerà di nuovo con Mobius scoprirà di essere in una realtà alternativa dove l’amico non lo riconosce. Una linea alternativa dove campeggia minacciosa la statua di Kang il conquistare; con un costume fedelissimo alla sua controparte cartacea.

Loki: il cliffhanger finale che riscatta una stagione di alti e bassi

Kang il conquistatore - Cinematographe.it

Come dicevamo, questa prima stagione di Loki (la serie è stata rinnovata per un secondo ciclo di episodi) ha vissuto di alti e bassi, trovando solo nel finale un certo riscatto. La recitazione di Tom Hiddleston è sempre stata impeccabile e la soundtrack di Natalie Holt è solo da standing ovation. Eppure sembra sempre mancare qualcosa, quel brio in più, quella marcia magica in grado di farci sussultare sul divano (o d’ovunque siamo). È come se i sei episodi non fossero altro che un contorno per il gran piatto, ossia il cliffhanger finale. Forse non è solo questo, ma per gran parte pensiamo di sì. In molti hanno definito l’avventura dell’MCU su Disney+ come una visita dall’analista. Da Wanda Maximoff a Sam Wilson, da Bucky Barnes fino a Loki, ogni personaggio è sceso a patti con il suo passato, I suoi lutti e soprattutto il confronto con la società. Abbiamo assistito ad una vera e propria terapia, tra commozioni e momenti catartici.

Ciò che invece ci aspettavamo era il mistero, inganni e tradimenti. Ci sono stati, certo, ma in una modalità da poliziesco seriale; un Seven con i superpoteri. A prescindere da questo, Loki è comunque una serie che si fa seguire con trasporto e curiosità. Altro tratto distintivo è la qualità visiva degli episodi, niente da invidiare ad un grosso film. I colori vivaci dello spazio introdotti da James Gunn con i primi Guardiani della Galassia trovano, ancora una volta, il modo di sorprenderci. A tal proposito l’inizio di For All time. Always. ci regala attimi suggestivi, e sulla stessa scia lo segue la creazione del multiverso. Il viola apocalittico di Lamentis-1 è davvero suggestivo, come il marasma temporale del Vuoto. Visivamente impeccabile e, soprattutto, ben recitato, Loki è riuscito a conquistare la fiducia dei fan. Ogni pezzo inizia a formare un puzzle più grande, perché, come sappiamo, la Marvel/Disney pensa in grande. Serie e film iniziano a mescolarsi, a gettare le fondamenta per il futuro.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 4

4.1