L’impero degli scimpanzé: recensione della docu-serie Netflix

La docu-serie prodotta da Netflix e disponibile in piattaforma vede la partecipazione di Mahershala Ali come narratore

Il reale che appare nella sua naturale surrealtà, l’animale che si accosta all’umano, in un intimo racconto che ravvicinatamente ne studia il comportamento e ne indaga le abitudini; con la docu-serie L’impero degli scimpanzé, Netflix ci porta all’interno della foresta di Ngogo, in Uganda, regno di un’intera colonia di primati che dagli anni 90′ affascina studiosi e scienziati. James Reed (Il mio amico in fondo al mare) dirige 4 episodi, scritti a in collaborazione con il collega Matt Houghton (Landline) e narrati dalla voce sicura di Mahershala Ali (Green Book, Moonlight), che mostrano le dinamiche di una società animale stratificata, organizzata secondo rapporti gerarchici ben definiti e secondo una netta, quanto fragile, spartizione territoriale. La serie, prodotta per Netflix da John Capener (Round Planet), è disponibile in piattaforma.

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L’impero degli scimpanzé: dal paradiso alla resa dei conti

L'impero degli scimpanzé recensione cinematographe.it

“Chi siamo? Come siamo diventati ciò che siamo?” Le parole di Marashala Ali accompagnano il curioso ed amorevole sguardo di un esemplare di femmina adulta con il suo cucciolo e, assieme ad essi, ci addentriamo nel cuore della foresta di Ngogo, in Uganda, una delle zone più selvagge al mondo ove, anni fa, alcuni scienziati hanno scoperto un gruppo di scimpanzé perfettamente organizzato, un’intricata rete sociale gerarchizzata e regolata da una sviluppata dinamica rapportuale. In 4 episodi la serie si preoccupa di darci un quadro generale sulle abitudini e sull’organizzazione interna di un angolo di mondo geograficamente lontano dall’uomo ma che vive una realtà molto vicina a quella umana.

Si parte del centro, dal più grande gruppo della colonia di Ngogo, che conta oltre 120 esemplari e segue le mosse del maschio alpha, Jackson. Oltre i loro confini vivono però gli altri gruppi, con i quali i rapporti sono retti da un sottilissimo equilibrio, mantenuto stabile unicamente dalla spartizione territoriale e dalla suddivisione delle risorse. Dopo aver respinto il gruppo settentrionale e in seguito all’uccisione di uno dei membri della propria comunità, Jackson e i suoi entrano in conflitto con i primati della parte occidentale della foresta ed il 3° e il 4° episodio, tra dinamiche di potere, offensive e contrattacchi, si soffermano lungamente sul conflitto tra le due fazioni rivali (un tempo appartenenti ad un unico grande complesso).

Umanità animale

Docu-serie Netflix impero degli scimpanzé cinematographe.it

Il mondo degli scimpanzé ci racconta storie che rivelano più di quanto si immagini, storie ancora più potenti perché reali”, storie di esemplari con cui condividiamo il 98% del nostro DNA, intelligenti, sensibili, membri di una società sofisticata che parte e si sviluppa, delineata da legami familiari e sociali, da abitudini comportamentali che fanno sì che si creino amicizie, rapporti di fiducia e d’intimità. Il momento del grooming, meglio noto come tolettatura, ha quasi una valenza politica, è la più semplice forma di comunicazione per le scimmie che, così, hanno modo di creare legami duraturi e, al contempo, logiche di potere insindacabili. Ogni membro della comunità ha un suo ruolo, una sua identità una sua introspezione e, pertanto, un nome scelto per lui dagli scienziati che ne hanno scoperto la sorprendente vicinanza con l’uomo.

L’impero degli scimpanzé: valutazione e conclusione

Uno dei più grandi meriti di James Reed è proprio quello di aver voluto indagare questa sembiante umanità, facendo sì che lo spettatore potesse empatizzare con l’animale, che potesse vivere la sua realtà per circa 4 ore, legandosi ai singoli esemplari come a singoli individui, singoli personaggi con la propria storia, il proprio nome, il proprio carattere. L’utilizzo di una quantità indefinitamente grande di telecamere permette di scoprire la foresta nel dettaglio, di partecipare da vicino ai momenti fondamentali per l’intera colonia, soffermandosi sulle gestualità, sugli sguardi. Regia e fotografia quasi impeccabili si muovono su una sceneggiatura fresca, ben realizzata, discostatasi parecchio da ciò a cui siamo abituati, in termini di documentarismo animale, poiché decide di raccontare una specifica storia con, appunto, specifici personaggi. Il tutto, inoltre, viene raccontato da una voce calibrata, che dà ancor più forza alla serie e che, tornando all’incipit, chiude così: “Chi siamo? Come siamo diventati ciò che siamo? Gli scimpanzé possono darci degli indizi; spesso riconosciamo in loro il meglio e il peggio di noi stessi. Se potessimo comprendere a pieno il loro mondo forse potremmo capire meglio il nostro. Sembrano avere sempre cose nuove e incredibili da mostrarci… Che possano continuare a lungo.”

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4

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