Il caso Alex Schwazer: recensione della docu-serie Netflix

Il caso Alex Schwazer ricostruisce in 4 episodi il processo al maratoneta altoatesino. Un caso di giustizia sportiva che sa di complotto.

È solo un modo di dire, ma a volte è proprio vero che la realtà supera di gran lunga la finzione. Con probabilità, questo modo di dire sarà la prima frase pronunciata o pensata dagli spettatori alla fine della visione de Il caso Alex Schwazer. La docu-serie in quattro episodi di Netflix, ripercorre cronologicamente l’ascesa, la caduta e la rinascita di un eccellente maratoneta, promessa dello sport italiano, finito nella spirale del doping e in una rete di potere che ha tentato in tutti i modi di schiacciarlo. Come nei migliori thriller, la storia dell’atleta altoatesino si trasforma in quella di un complotto che mira a stroncare non solo la sua carriera di atleta ma la dignità della persona. Il contenuto è disponibile in streaming a partire dal 13 aprile.

Il caso Alex Schwazer: ascesa, caduta e riscatto di un fenomeno

Il Caso Schwazer Cinematographe.it

Alex Schwazer è un marciatore italiano che nel 2008, ai Giochi olimpici di Pechino, fece sognare tutti gli appassionati di sport con la medaglia d’oro vinta nella marcia 50 km, gara in cui staccò di gran lunga gli avversari e in cui stabilì il record mondiale. Volto pulito, originario di una delle regioni italiane associate maggiormente alla genuinità e alla salute, dal futuro atletico promettente, con una storia d’amore da fiaba in corso con Carolina Kostner – la campionessa di pattinaggio artistico sul ghiaccio -, Alex Schwazer non avrebbe potuto immaginare di più. Dopo la medaglia olimpica avrebbe voluto fermare il tempo, quello in cui lo si vedeva in tv, testimonial di grandi brand e ospite in programmi tv di punta, quello in cui l’orgoglio nazionale portava il suo. Invece la pressione di un mondo estremamente competitivo, estremamente scorretto, l’assenza di un mentore che si prendesse cura non solo della sua forma fisica ma anche della sua salute psicologica, aggiungendo la fragilità di un giovane fenomeno che non sa come gestire il massimo livello di competizione, hanno fatto cadere un castello costruito a ritmo di marcia.

Il caso Alex Schwazer: la positività al doping e la depressione di

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Era il 2014, quando Alex Schwazer fu trovato positivo al doping e ammise la sua colpevolezza in una conferenza storica. Ma questo è solo l’inizio de Il caso Schwazer. La docu-serie Netflix, pezzo dopo pezzo, come un puzzle dai tasselli minuscoli, ripercorre le tappe della caduta e della rinascita di questo atleta che si è ritrovato invischiato in una rete di potere che gli ha impedito di ritornare sulla pista di atletica. Massimo Cappello – autore che ha ideato e diretto la serie – ha messo in fila i fatti, interpellato gli attori di questo giallo, mettendo al centro l’atleta e l’uomo. C’è però un co-protagonista in questa storia, Sandro Donati, iconica figura sportiva che sostiene a gran voce lo sport pulito, un professionista scomodo che ha dedicato la vita all’antidoping e che ha solo un credo: il rispetto per le regole.

L’ingresso in campo di Sandro Donati, l’icona della lotta alle sostanze proibite nello sport

Sandro Donati

Convinto dalla buona intenzione dell’atleta, di dimostrare che anche chi cade nel doping può tornare ad essere competitivo in modo pulito, ha accettato di allenarlo pro bono. Ma è proprio in questo stravagante legame che il mistero si infittisce e lascia spazio a un complotto internazionale ben raccontato da Il caso Schwazer, un intrigo che vede implicati la WADA (Agenzia mondiale antidoping), laboratori di analisi e medici sportivi che in preda a deliri di onnipotenza hanno cercato di spingere al massimo le performance dei propri atleti minando alla loro salute. Alla fine ad essere messo sotto processo è proprio il sistema sportivo a livello internazionale, impregnato di omertà e regole ostraciste che proteggono i vertici e non i veri gioielli di questo sistema, gli atleti onesti e coraggiosi come Schwazer.

Avvincente e appassionante, con un finale che spiazza

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I quattro episodi de Il caso Schwazer sono scritti e girati come un tv show crime con ricostruzioni, ma anche filmati d’archivio, dai servizi dei tg agli allenamenti di Schwazer in giro per le strade di Roma o su “piste sconsacrate” abruzzesi. Arrivando fino al processo per la seconda positività al doping, si cerca di svelare i retroscena di uno dei casi sportivi più appassionanti e sconvolgenti degli ultimi anni. Anche per chi conosce il caso, la ricostruzione di quello che sembra a tutti gli effetti un intrigo internazionale sarà in grado appassionare.

Il Caso Schwazer: conclusione e valutazione

La docu-serie di Massimo Cappello è un ottimo prodotto di intrattenimento e di informazione. Non solo ricostruisce i fatti in modo chiaro mantenendo un punto di vista il più oggettivo possibile, ma lo sceneggiatore e regista, considerando chi ha deciso di farsi intervistare e chi no, riesce anche a riabilitare la credibilità di Schwazer allontanando dalla memoria di tanti quel ricordo che lo ritraeva solo come il maratoneta dopato, quello che ha rubato una medaglia olimpica e mostrando il lato torbido di questa vicenda. In modo equilibrato Il Caso Schwazer riesce ad assecondare lo stile del prodotto seriale e televisivo di genere crime, con momenti di suspense e cliffhanger, senza snaturare la vicenda di cronaca. Da non perdere!

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Sonoro - 4
Emozione - 5

4

Tags: Netflix