Limetown: recensione completa della serie thriller di Facebook Watch

Il nostro parere complessivo su Limetown, serie tv thriller tratta da un podcast e interpretata da Jessica Biel

I primi episodi di Limetown, la cupa serie trasmessa da Facebook Watch, hanno dimostrato la capacità dello show di coinvolgerci con un’atmosfera tesa e di donarci una sensazione di costante angoscia.

Limetown: recensione dei primi episodi della nuova serie thriller di Facebook Watch

Assieme alla protagonista, la reporter Lia Haddock (Jessica Biel), abbiamo tentato di penetrare il fitto mistero della cittadina di Limetown, creata per accogliere un centro di ricerca neuroscientifica. Le indagini di Lia sono proseguite per dieci episodi di breve durata, ognuno capace di avvicinarci sempre di più alla verità su Limetown e di immergere Lia in un’ossessione sempre più pericolosa.

Limetown: angoscia e tensione in una stagione dal ritmo lento

Non è facile replicare il successo di un programma radio con una trasposizione seriale. Il fascino di un podcast (quello da cui Limetown è tratto è stato creato dalla Two-Up Productions) risiede nella sua capacità di intrattenere l’ascoltatore con pochissimi elementi a disposizione: una buona storia, una voce magnetica, il giusto ritmo e un alternarsi bilanciato di frasi e silenzi. Praticamente cieco, l’utente deve stabilire un’empatia con la vicenda solo ascoltando ciò che gli viene detto e il modo in cui gli viene detto.

Sembra paradossale pensare che una serie tv, con molti più elementi a disposizione, possa togliere qualcosa al prodotto, snaturandolo o anche solo privandolo dell’efficacia originaria. Limetown ha corso questo rischio e in alcuni tratti della stagione ci è andato pericolosamente vicino, ma ha saputo sfruttare con cura l’elemento di tensione che la trama le ha fornito, nonostante questa non sia frutto di una vicenda realmente avvenuta.

Limetown Cinematographe.it

La reporter dell’American Public Radio, Lia Haddock, indaga su fatti oscuri avvenuti a Limetown, una città fittizia creata per accogliere un centro di ricerca neuroscientifica e i soggetti che avrebbero preso parte agli esperimenti.

Nel 2004 una chiamata misteriosa proveniente proprio dal centro mette in allerta le autorità, che al loro arrivo trovano tuttavia una città completamente vuota, se non per il corpo senza vita del suo fondatore. Lia, in parte mossa da una sete di verità, in parte desiderosa di scoprire qualcosa di più sulla spedizione dello zio Emile (Stanley Tucci), coinvolto nel progetto di Limetown, fa di tutto per portare a galla la verità, nonostante sia minacciata da chi quella verità la vuole tenere nascosta.

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Le buone premesse (la sparizione di 326 persone non può che dare vita a una serie tv curiosa) hanno posto le basi per un inizio molto interessante.
La prima stagione prosegue con intensità crescente, sfruttando il clima cupo di un’indagine molto pericolosa. Sebbene il suo personaggio non venga esplorato in modo molto approfondito, Lia riesce a mostrarsi com’è necessario: una donna dalla vita relazionale scarsa, impegnata in un rapporto affettivo, ma fin troppo legata al proprio lavoro. L’ossessione per Limetown non le impedisce di affezionarsi alle persone – tra cui la compagna e il collega -, ma sembra sempre mantenere le distanze dagli altri, come se la sua fosse una crociata solitaria. Questo crea una protagonista quasi isolata, molto determinata, ma la cui stabilità è anche messa a repentaglio dai risvolti delle indagini, risvolti che porteranno a un drastico punto di rottura.

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I ritmi narrativi di Limetown, agevolati dalla gradevole brevità degli episodi, hanno permesso alla tensione di crescere sempre di più, stabilendo fin da subito il tono minaccioso del prodotto e la fragilità della missione di Lia.

Le tempistiche non sono tuttavia state sempre clementi con le potenzialità della vicenda, rallentando i ritmi in alcuni episodi e rendendo la ricerca della protagonista non sempre avvincente. Un maggiore coinvolgimento per il pubblico si sarebbe potuto raggiungere grazie a un’esplorazione più attenta dell’interiorità di Lia e del suo passato, donando per esempio maggiore spazio al personaggio di Emile Haddock. Una presenza più costante di Stanley Tucci, capace di riempire la scena con un solo sguardo, avrebbe permesso allo spettatore di percepire a pelle il peso dell’indagine su Lia e tutto ciò che c’è in gioco. Al contrario egli rimane un po’ sullo sfondo, relegato quasi totalmente a brevi flashback.
Nonostante questo, Limetown porta avanti degnamente una storia che in America ha spopolato e risulta una buona serie per gli amanti del thriller e dei misteri.

Limetown: il sottile confine tra giusto e sbagliato

Sullo sfondo di Limetown, della creazione della città e degli esperimenti portati avanti dal centro di ricerca, c’è una questione scientifica ed etica dal forte impatto, capace da sola di dare alla serie un tono controverso. Presso il centro si cerca infatti di trovare un metodo per la comunicazione mentale tra individui, prima utilizzando cavie animali, poi eseguendo esperimenti direttamente sugli ospiti di Limetown.

La scoperta eccezionale di questo metodo potrebbe proiettare gli esseri umani nel futuro, aiutandoli in molti campi, ma ha anche una natura molto ambigua e non è chiaro quali siano i limiti da superare per padroneggiare completamente questo tipo di capacità psichica.
La lettura del pensiero e la comunicazione tra menti è il fulcro di Limetown, la ricerca che non solo ha determinato la nascita della città, ma che in qualche modo ne ha anche causato la disastrosa caduta. Lia si trova dunque a interagire con i pochissimi sopravvissuti che trovano il coraggio di esporsi, facendo però i conti con il pericolo di una simile verità.

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La natura controversa riguarda la stessa protagonista e la sua missione di ricerca della verità. Limetown non è solo un lavoro per lei, né un progetto per ritrovare lo zio perduto: il programma radiofonico diventa un’ossessione e la serie tv ci mette di fronte a una domanda fondamentale: dove finisce il limite tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Cosa si è disposti a fare pur di trovare la risposta alle proprie domande? È lecito rischiare vite umane in nome della giustizia e della verità?

Limetown ci conduce così attraverso un gioco pericoloso, durante il quale si guadagna qualcosa e si perde qualcos’altro, e lo fa con una discreta dose di tensione, qualche difetto che si nota nei ritmi e nello spazio che viene concesso alla personalità dei personaggi, buone interpretazioni e una certa curiosità.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.5