La linea verticale: recensione della fiction di Rai 3 di Mattia Torre

La linea verticale è la nuova serie tv in onda dal 13 gennaio su Rai 3 diretta da Mattia Torre che ha per protagonista Valerio Mastandrea.

Le esperienze che percorriamo nella vita ci formano in tante, differenti maniere. Ci sono situazioni che dimentichiamo velocemente, altre che rimangono saldamente addosso, ed altre ancora in cui veniamo talmente punti nel vivo da cercare il modo giusto per raccontarle. Mattia Torre si è affidato alla dimensione della serie televisiva per raccontare della sua passata malattia, del microcosmo dell’ospedale in cui si è ritrovato storditamente immerso. È così che da un fatto autobiografico nasce La linea verticale, fiction di otto puntate ideate per la piattaforma di Rai 3, ma che vedranno come canale di fruizione anche la realtà di Rai Play.

Luigi (Valerio Mastandrea) si sente bene, non ha dolori, eppure una massa ingente è cresciuta all’interno del suo rene, costituendo un tumore problematico, bisognoso di un pronto ricovero e di un’operazione impegnativa. Per l’uomo inizierà dunque un periodo di cure, di compagni di stanza, di medici insoddisfatti del proprio lavoro e di chirurghi esaltati a chimere mitologiche. Un universo che ruoterà attorno a Luigi, desideroso soltanto di superare il proprio male e di poter tornare ad una vita sana e felice assieme alla moglie Elena (Greta Scarano), donna incredibilmente forte e incinta di otto mesi, e alla sua famiglia.

La linea verticale – La salvezza che tutti ricercano

la linea verticale cinematographeL’ospedale è ciò che anticipa la decantata livella di Totò e ne delinea, sebbene non con la sua stessa determinatezza, lo spirito. Tutti noi, ricchi o poveri, giovani o vecchi, siamo uguali di fronte alla morte. Una somiglianza che i corridoi delle strutture ospedaliere sanno ben rappresentare, una schiera di persone deboli, malate o infette che ricercano con più o meno speranza la medesima, agognata meta: la salvezza. Ciò che rincorre anche Luigi e ciò che ha perseguito prima di lui Mattia Torre, realizzatore del soggetto, della sceneggiatura e della regia de La linea verticale.

Fiction da venticinque minuti esaltata a novità della serialità italiana, il lavoro di Torre è certamente una simpatica e insieme sentita produzione che cerca nella compresenza di commedia e dramma una via per raggiungere la curiosità e l’emotività del pubblico, procedendo con l’innocenza di chi purtroppo ancora nel nostro Belpaese non sembra in grado di stare al passo con la grandiosità – artistica e industriale – della concorrenza estera. Ad esclusione certo del fenomeno Gomorra o di quelle altre singole eccezioni che hanno mostrato le potenzialità che si celano dietro il talento italiano. La linea verticale non riesce però ad entrare in quello spiraglio di originalità che continuamente travolge il pubblico, essendo nonostante tutto una serie di discreta fattura, pur non mancante di grossi difetti.

Protagonista della storia, Valerio Mastandrea è assieme personaggio e narratore che introduce lo spettatore nella quotidianità ospedaliera. Monologhi più o meno interessanti e ogni volta semplici, forse troppo presenti in una durata come quella dei soli venticinque minuti che va dunque a saturare di parole le puntate del prodotto. Seppur dalla sceneggiatura dominante, Mattia Torre non ha mancato di curare una regia che, pur con qualche sbaffo, è ammirevole vista la destinazione televisiva a cui è diretta, la quale si avvale di idee visive superiori al resto delle altre fiction Rai, ma non si mostra ancora così impeccabile da poterne stilare ulteriori lodi.

La linea verticale – Tanto cuore, poca innovazionela linea verticale cinematographe

Con un cast corposo che, oltre al già citato Mastandrea, vede spostarsi per le corsie dell’ospedale nomi noti dello spettacolo italiano, la recitazione de La linea verticale segue la natura della serie eccedendo sporadicamente in interpretazioni volutamente sopra le righe, ma non per questo portate ad apprezzamenti o a fini funzionali. Come in fondo accade un po’ attorno a tutta la fiction: una sorta di cerchia chiusa dove eventi possibili e nota surreale si uniscono insieme e in cui perdono di valore quando vengono condotti all’eccesso.

La linea verticale ha cuore, ma non abbastanza sangue da pulsare vivo energia tra le diverse puntate. È certamente una serie tv stimolante per il palinsesto di Rai 3 eppure ancora lontana dalla sua voglia di elevarsi ad innovazione. Un invito ad usare la mente come mezzo positivo per uscire dai momenti di difficoltà e per spingersi ancora oltre con la serialità italiana.

 

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.5