Fubar: recensione della serie Netflix con Arnold Schwarzenegger 

Schwarzy torna a vestire i panni di un agente della CIA prossimo alla pensione nella prima serie della sua carriera. Divertimento a buon mercato per uno show spy-action che non entusiasma. Dal 25 maggio 2023 su Netflix.

Dopo centinaia di film per il grande schermo, alla veneranda età di 75 anni, Arnold Schwarzenegger ha deciso di misurarsi finalmente con il piccolo schermo. L’opportunità è arrivata con Fubar, la serie in otto episodi (da 50 minuti circa cadauno) creata da Nick Santora, disponibile dal 25 maggio 2023 su Netflix, con la grande N che nel frattempo lo ha pure nominato Chief Action Officer per promuovere lo show e tutti i progetti action messi in cantiere dalla piattaforma statunitense. La stessa che nelle prossime settimane accoglierà in catalogo anche una docu-serie incentrata sulla sua vita dal titolo Arnold.

C’è sempre una prima volta per tutto e Fubar è la prima volta di Arnold Schwarzenegger in una serie

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Del resto c’è sempre una prima volta per tutti e per tutto. Nel caso di Schwarzy, il percorso professionale è costellato da tante prime volte. Ci sono quelle come bodybuilder tra gli anni Settanta e Ottanta che lo hanno portato a conquistare i titoli di Mister Olympia, Universo e Mondo. C’è quella nell’ormai lontano 1970, quando con lo pseudonimo di Arnold Strong nel film Ercole a New York prese ufficialmente il via la carriera cinematografica che lo ha reso famoso a livello planetario e una figura di riferimento dello star system hollywoodiano. E poi c’è quella nella politica che lo porterà sino all’elezione come 38° Governatore della California, carica che rivestirà per due mandati. Nel mezzo ovviamente la vita privata e tantissimi altri impegni su più fronti, a cominciare dalle innumerevoli iniziative a favore dei disabili e dell’ambiente. Eppure, anche se pare non si sia fatto mancare davvero nulla, qualcosa all’appello mancava e quel qualcosa riguarda il mestiere della recitazione, che come è risaputo può avere diverse espressioni a seconda della sua destinazione e fruizione. Quel qualcosa è la serialità televisiva.

Schwarzy torna a vestire i panni di un agente segreto dalla doppia vita come in True Lies

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Con questo ennesimo debutto si apre dunque un nuovo capitolo del suo romanzo professionale ed esistenziale. Lo ha fatto accettando il ruolo da protagonista in una serie action con venature comedy e familiari che ricorda tantissimo le pellicole da lui interpretate negli anni Novanta, su tutte True Lies, dove sotto le mentite spoglie di venditore di computer nascondeva alla consorte e alla figlia la sua vera identità di agente segreto a caccia di terroristi nucleari. Fubar, in tal senso, al di là delle evidenti analogie con il film del 1994 di James Cameron, sembra anche esserne in termini narrativi e drammaturgici una sorta di ideale sequel seriale, nella quale i ruoli e le posizioni dominanti si vanno ribaltando. Stavolta è il personaggio interpretato da Schwarzenegger, tale Luke, un padre da poco in pensione, a scoprire che è la sua primogenita a lavorare segretamente come agente della CIA da anni, esattamente come ha fatto lui sino a poco tempo prima. Ciò lo costringe suo malgrado a tornare in azione e unire le forze con lei in una pericolosa missione sotto copertura destinata a trasformarsi in una scomoda questione di famiglia. Tra i due, infatti, non scorreva buon sangue e questa convivenza e collaborazione sotto le armi potrebbe essere un’opportunità per appianare vecchi rancori.

Una visione tutto sommato divertente per una serie che non punta ad altro se non all’intrattenimento a buon mercato

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Se la pericolosa missione andrà a buon fine e la coppia riuscirà a gettarsi alle spalle gli attriti ce lo potrà dire solo la visione della serie diretta dal variegato quartetto formato da Phil Abraham, Holly Dale, Steven A. Adelson e Stephen Surjik, che si sono equamente spartiti gli otto episodi che la compongono. Due ottimi motivi questi, oltre alla curiosità nell’assistere alla prima volta dell’attore austriaco naturalizzato americano in un prodotto audiovisivo concepito per la tv e sviluppato sulla lunga distanza, per abbandonarsi alla visione. Una visione tutto sommato divertente per una serie che non punta ad altro se non all’intrattenimento a buon mercato. Pertanto non bisogna chiedergli di più e non bisogna aspettarsi nulla di diverso, poiché le regole d’ingaggio utili a un corretto approccio vengono chiarite sin dai primissimi minuti dell’episodio pilota. Gli autori non tergiversano, ma scoprono immediatamente tutte le carte in gioco, comprese le vere identità di Luke e di sua figlia Emma (interpretata da una convincente Monica Barbaro, vista di recente di Top Gun: Maverick), la natura dei passati attriti che li hanno portati a mentirsi reciprocamente e il duro compito che li attenderà nel momento in cui decideranno di sventare insieme una minaccia nucleare. Il tutto calato in un contesto dichiaratamente spy, in cui i conflitti domestici e quelli lavorativi, in questo specifico caso militari, entrano in rotta di collisione.

L’operazione nostalgia non basta a ottenere i risultati desiderati

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Al netto di un intrattenimento che soddisfa i palati non particolarmente esigenti, ossia disposti ad accontentarsi di quello che passa il convento e che atleticamente Schwarzenegger è in grado ancora di garantire sul piano action, Fubar si trascina tra alti e bassi come il suo protagonista, un agente segreto sul viale del tramonto interpretato da un settantenne che anche se arrugginito e invecchiato non ha nessuna intenzione di abbandonare le scene. Lo fa con il suo inseparabile sigaro chilometrico e con tutto il campionario di spari, inseguimenti, detonazioni e scazzottate che il buon Schwarzy ha deciso per l’occasione di rispolverare. Viene da ripensare nostalgicamente a un altro suo film degli anni Novanta, ossia a Last Action Hero. Ma quelli erano altri tempi e l’operazione nostalgia non sempre ottiene i risultati desiderati.   

Fubar: conclusione e valutazione

La prima volta di Schwarzy in una serie purtroppo non passerà alla storia. Allo show spy-action creato da Nick Santora non basta la sua presenza e quella della collega di set Monica Barbaro. Una furbetta operazione in chiave nostalgica che punta a rievocare le pellicole anni Novanta interpretate dall’attore austro-americano come True Lies e Last Action Hero. Azione e spettacolo a buon mercato all’insegna dell’intrattenimento per palati poco esigenti, anche da un punto di vista registico, fotografico e sonoro. Emozioni con il contagocce.   

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2

2.3